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C'è anche il nome di Carmen Barbalace, attuale assessore alle Attività Produttive della Regione Calabria, nell'elenco dei 291 indagati della maxi-inchiesta “Mandamento” che ha decapitato i vertici delle 'ndrine della Locride. La Barbalace è stata nominata come assessore esterno dal Governatore Mario Oliverio nell'estate del 2015: un ruolo tecnico, il suo, portato avanti tra gli uffici del Dipartimento regionale "Agricoltura e risorse agroalimentari" di cui era la dirigente. Oggi è accusata di abuso di ufficio in concorso con altri e truffa aggravata per il conseguimento delle erogazioni pubbliche riferibili al Fondo Europeo Agricolo di Garanzia e al Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale. In sintesi finanziamenti provenienti dalla Comunità Europea e che sarebbero finiti nelle tasche di aziende legate con i clan.
Un'attività illecita che – secondo gli inquirenti della Dda che hanno firmato il decreto di fermo indirizzato a 116 soggetti – sarebbe stata fatta coscientemente, ossia sapendo di favorire le 'ndrine.
I fatti contestati risalgono al 2010 e sono da inquadrare nel ricorso presentato dalla azienda agricola di Rosanna Romano. Fu la Barbalace assieme ad altri due funzionari pubblici ad esaminare l'istanza ed a convalidarla nonostante la Romano non avesse i requisiti richiesti. Un contributo di cento ottantamila euro indebitamente percepito.
Secondo gli inquirenti, però, Rosanna Romano era la propaggine “pulita” di Michele Varacalli considerato dal pool antimafia di Reggio Calabria come uno dei capi della Corona, organismo di vertice della 'ndrangheta della Locride.
Un sistema corroborato che, secondo le carte dell'inchiesta, faceva ottenere vantaggi consistenti con laute “mazzette” distribuite dai clan ai consulenti della Regione Calabria, come nella fattispecie si evince dal ruolo dell'agronomo Pasquale Perri, considerato uomo dei Barbaro di Platì.

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