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Oltre 700 partecipanti riuniti ieri a Terralba (Oristano) per la Marcia della pace, promossa dalla Caritas Sardegna, dalla Caritas diocesana di Ales-Terralba, insieme al CSV Sardegna Solidale, all’Unità Pastorale di Terralba e al Comune di Terralba. Sindaci del territorio, consiglieri regionali, Caritas diocesane, mondo del volontariato, realtà ecclesiali e non, tra cui Azione cattolica, diversi gruppi parrocchiali e giovani degli oratori, tutti insieme durante la fiaccolata silenziosa partita da piazza San Ciriaco per arrivare alla Chiesa di San Pietro, dove si è svolta la Veglia di preghiera presieduta dal vescovo mons. Roberto Carboni. “Una voce – ha detto – che vuole innalzarsi in questo periodo di difficoltà, guerra, conflitto per chiedere soprattutto con la preghiera al Signore la pace, ma anche per far sentire che la gente desidera la pace, perché come dice il Papa con la pace tutto si può costruire, mentre la guerra produce solo macerie, dolore, ferite e morte. Tutti dobbiamo impegnarci, nessuno può dire: “non mi interessa, è qualcosa che riguarda gli altri o solo i potenti”. Facciamo parte di questo cammino della storia, di questa terra e dobbiamo dire anche noi che cosa desideriamo e noi vogliamo la pace”. “Ci sono nel mondo circa 60 conflitti: a tutti si rivolge l’attenzione della Chiesa ma in Terra Santa si sta vivendo una situazione davvero drammatica, e i nostri cuori sono lì”, ha detto il direttore della Caritas diocesana e delegato regionale Caritas don Marco Statzu. Dopo la fiaccolata, i saluti del sindaco Sandro Pili: “La Marcia di oggi – ha affermato – ci dà coraggio per il nostro impegno di amministratori nel praticare una buona politica, e per la difesa dei diritti, come quello alla sanità pubblica”. Tra le testimonianze anche quella di Samah Salaime, del Villaggio di Neve Shalom Wahat al Salam, realtà di convivenza pacifica tra ebrei e palestinesi in Israele. “Viviamo con ansia e paura – ha raccontato – questa guerra ha traumatizzato ognuno di noi. È stato difficile incontrarci e stare insieme. Abbiamo perso amici e parenti: nonostante ciò abbiamo continuato a cooperare. Abbiamo cercato di rafforzare il dialogo con tutti e di condividere e portare avanti i nostri ideali di pace e giustizia”. Infine, la voce di Giulia Ceccutti, dell’Associazione Italiana Amici di Neve Shalom Wahat al Salam. “Questo villaggio – ha detto – rappresenta un simbolo di speranza, una possibilità reale di coesistenza alla pari, e ci ricorda che educare alla pace è possibile e necessario, tanto più oggi. Si tratta di un lavoro lungo e fatico ma esso è l’unica garanzia di successo per arrivare a una pace vera e duratura”.