A febbraio del 2018 è stato condannato per diffamazione e danno d'immagine, aggravato dalla pubblicità dei mezzi di diffusione: si tratta di Massimo Ripepi, consigliere comunale di Reggio Calabria e candidato al Senato con Fratelli d'Italia. A riverlarlo al tempo dei fatti è La Repubblica, attraverso un articolo a firma della giornalista Alessia Candito.
"Satana", "figlia di Satana", "Jezabel", "Killer di anime". Queste non sono che alcune delle definizioni con cui Ripepi, che è anche pastore di un movimento cristiano fondato da un altro reggino, Gilberto Perri (autoproclamatosi “apostolo”) e da lui ereditato, ha apostrofato una donna che ha provato ad allontarsi da questa comunità
Per mesi è stata bersagliata di insulti via mail, lettera e facebook e oggetto di mirate "omelie" durante le quali veniva paragonata al diavolo tentatore. Una vera e propria persecuzione che le avrebbe «cagionato un disagio psico-fisico, ed un forte timore per la sua incolumità», a detta della professionista. Ma così sembrano pensarla anche le istituzioni cui la donna si è rivolta. La crociata contro di lei è infatti costata a Ripepi prima un ammonimento per stalking, emesso dal Questore Raffaele Grassi che in calce al provvedimento ricordava al politico-pastore «che a Reggio è disponibile il dipartimento di Salute mentale a cui potrà rivolgersi». Nel 2018, un decreto penale di condanna. Per il gip Davide Lauro, le feroci omelie di Ripepi «esorbitano del tutto ogni possibile riferimento alla libera espressione del pensiero e al libero esercizio del culto», per questo per lui ha stabilito una pena pecuniaria di 500 euro (ma con pena sospesa). Ripepi, come riferisce La Repubblica, sarebbe intenzionato però ad opporsi al provvedimento del Giudice.