Avvenire di Calabria

Meeting di Rimini, la testimonianza dei partecipanti reggini

Wanda De Fontes

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“Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo” questo il tema della 38° edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli (svoltosi a Rimini dal 20 al 26 agosto), titolo tratto dal “Faust” di Goethe. Un tema quanto mai appropriato dato il cambiamento d’epoca che stiamo attraversando. Come ci ha ricordato Papa Francesco nel suo messaggio per l’apertura dell’evento: “Tutto sembra scivolarci addosso, presi come siamo dall’ansia di voltare pagina in fretta. La vita si frammenta e rischia di inaridirsi”. In questo contesto storico in cui tutto viaggia velocemente e sembra che più nulla sia oggettivo e verificabile, il Meeting pone l’accento sul bisogno di riappropriarsi di quello che ci è stato lasciato in eredità dai nostri padri.

Che cosa abbiamo ereditato? Una somma di valori? Una storia? Delle verità? Da sempre ricco di tantissime proposte non trascurando nessun aspetto della vita dell’uomo, anche quest’edizione riconferma la sua vocazione ad essere luogo di incontro tra persone di origini e culture diverse ma accomunate dal desiderio di dialogo e di amicizia.

Un’opportunità importante per conoscere il mondo e per risvegliare il desiderio del cuore dell’uomo. Dalle mostre agli incontri, dagli spettacoli alle testimonianze ogni proposta ha messo a tema la possibilità di riguadagnare l’eredità della storia, non cristallizzandola o liquidandola con facili formule ma dal di dentro di un’esperienza personale. La nostra. Con la possibilità di giudicare la tradizione che ci è stata trasmessa e riguadagnarla come bene per me, toccando i temi di attualità più struggenti: l’incontro con l’altro, l’attenzione alla diversità, il lavoro, l’accoglienza e il perdono.

Lo scenario dettato dalla storia recente, gli attentati, la debolezza delle democrazie, l’immigrazione e la sfida dell’integrazione ci interpellano quotidianamente: in questo contesto ha ancora senso parlare di tradizione, di cultura occidentale, di dialogo e di identità?
Il Meeting non offre soluzioni ai nostri interrogativi, e non vuole essere esaustivo nelle sue risposte ma si pone come uno spazio di dialogo e confronto dove le nostre domande possono essere messe a tema e affrontate senza trascurare o censurare alcun dettaglio.

Tutto questo è accaduto attraverso l’incontro con uomini che hanno raccontato le proprie storie, i propri percorsi umani, professionali, scientifici, artistici, imprenditoriali, con al centro il desiderio di costruire insieme e di affrontare con realismo e coraggio le sfide dell’oggi. Ad esempio nel nostro contesto sociale ciò che sentiamo particolarmente urgente è il tema del lavoro. Alcune tra le proposte più interessanti infatti sono state le esposizioni su questo tema: “Perché tutto possa esistere” e “Ognuno al suo lavoro”, quest’ultima ideata e realizzata da un gruppo di giovani appena entrati nel mondo del lavoro i quali sono partiti dalle stesse domande e preoccupazioni che hanno i giovani del nostro territorio. La mostra che ha come protagonisti persone comuni (dalla bidella, a giovani start upper, a grandi imprenditori) ha reso evidente il cambiamento del mondo del lavoro ma anche il fatto che è possibile, anche nel contesto odierno, essere protagonisti del proprio percorso, costruendo un bene per sé e per la società intera.

Non è mancato il tema della pace che ha caratterizzato le testimonianze da Israele, Egitto e Venezuela, Gerusalemme con la testimonianza del Custode di Terra Santa padre Francesco Patton ma anche con le preghiere che persone di diverse religioni, ognuno con le proprie forme, hanno elevato nello spazio dedicato all’amicizia tra don Luigi Giussani e il monaco buddista Shodo Habukawa.

Tantissimi, anche quest’anno, i volontari. Agosto, tempo di vacanze e di mare. Eppure 2.259 persone – tra studenti delle scuole superiori, universitari e adulti – hanno deciso di trascorrere una settimana del loro tempo libero per partecipare, come lavoratori volontari, al Meeting. Da Reggio Calabria sono partiti dieci volontari, tutti studenti dell’Università Mediterranea. È sempre una sfida alla libertà accettare di partecipare al Meeting prestando il proprio lavoro gratuitamente per la costruzione di quest’evento. Perché di un vero e proprio lavoro si tratta, quotidiano e faticoso.

Per alcuni di loro è stata una scelta ardua, presi anche dal timore di rientrare stanchi e affaticati proprio nel momento in cui è necessario riprendere lo studio e affrontare gli esami. Ma l’esperienza di chi vi ha partecipato gli anni precedenti, l’aver visto sui loro volti un insolito entusiasmo ha messo in cuore un’invidia positiva: desiderare per sé lo stesso bene e la stessa bellezza. Ne abbiamo incontrati molti stanchi, ma con il volto contento ed ancora entusiasti di vivere pienamente il tempo libero della giornata. 

Per molti di loro lo stesso lavoro, seppur faticoso si è rivelato opportunità di incontro e di crescita. Spesso la fatica, il sentimento di inadeguatezza che prevale quando ti confronti con qualcosa che non hai mai fatto prima e l’errore rischiano di determinarti a tal punto da giudicarti per il limite che sembra prevalere. Ma proprio in questo contesto, come ci hanno raccontato alcuni di loro, può accadere l’imprevisto: l’abbraccio di uno sconosciuto che ti ricorda che tu non sei l’errore commesso, ma che l’errore ti permette di guardare al di là del tuo pensiero, ti permette di accorgerti che il Mistero ti vuole bene così come sei.

Come si legge nel comunicato finale: “Il segreto del Meeting 2017? C’era già nelle parole che papa Francesco scriveva nel suo messaggio del 20 agosto: «Non abbiamo spazi da difendere perché l’amore di Cristo non conosce frontiere invalicabili». Non c’è nulla da difendere perché chi indica la strada sono i «testimoni affidabili»: non chi offre ricette precotte, ma quelli che aiutano ad «aguzzare la vista per scorgere i tanti segni - più o meno espliciti - del bisogno di Dio come senso ultimo dell’esistenza, così da poter offrire alle persone una risposta viva»”.

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