Avvenire di Calabria

L'analisi di Beniamino Scarfone, già capogruppo Pdl al Consiglio regionale, dopo il risultato delle amministrative a Reggio Calabria

Minicuci-Falcomatà. Scarfone: «Ballottaggio tra sconfitti»

Beniamino Scarfone

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Lo scorso 5 ottobre si è chiusa definitivamente la più lunga e travagliata campagna elettorale degli ultimi venti anni. In un clima surreale si sono contesi lo scanno più alto di palazzo San Giorgio ben 9 candidati a Sindaco con oltre 900 candidati nelle liste collegate per il consiglio comunale.
Per come è concepito il sistema elettorale, per il rinnovo dei comuni, i Sindaci uscenti ricandidati, o le proposte politiche che si propongono in alternativa, hanno una grande possibilità di veicolare il loro messaggio cercando un consenso diretto, sulla propria persona, o indiretto per il tramite dei candidati a consigliere nelle liste a loro collegati. In ogni caso i cittadini, con il loro voto, fanno una scelta chiara e precisa.
Da un’analisi attenta del voto a Reggio, nell’ultima tornata elettorale, si è assistito ad una sconfitta della politica “tradizionale” con un grande sussulto di movimenti civici che hanno creato una suspense, sconosciuta fino ad oggi in città, tanto da arrivare per la prima volta al ballottaggio.
Un ballottaggio tra due sconfitti: Falcomatà che non è stato votato da quasi 7 reggini su 10 e Minicuci che non è riuscito a convincere i reggini di essere un’alternativa credibile. Oltre i meriti ed i demeriti di ognuno un dato è certo: nessun bookmaker avrebbe quotato, fino a qualche mese fa, la riconferma di Falcomatà (junior) e della sua squadra. Tutto andava nella direzione della sconfitta nel centrosinistra. Dagli atavici problemi irrisolti della città, al fuoco amico arrivato addirittura dagli amici di calcetto; dalle inchieste e i processi pendenti, ai distinguo e le fuoriuscite dalla maggioranza. Eppure, nonostante il clima sfavorevole, il centrosinistra è riuscito a prevalere. Sarà forse perché queste elezioni non le ha vinte Falcomatà, ma (bensì) le ha perse il centrodestra (volutamente non parlo di Minucuci in quanto non le maggiori responsabilità sono ascrivibili alla sua persona)? Nello sport è nota la massima “chi vince festeggia, chi perde spiega”. In riva allo stretto questa massima è stata distorta e questo non fa ben sperare.
Da una parte Falcomatà & company festeggiano al canto di “bella ciao”; dall’altra parte, nel centrodestra, invece di ritrovarsi per spiegare ed analizzare del perché di una sconfitta a “porta vuota” si registrano posizioni più o meno ufficiali, che non affrontano il problema, e sfoghi personali che più di politico sanno di resa dei conti.
Ma sul futuro della città, e del contributo che il centrodestra le può dare, qualcuno si interroga? Il grande assente nel dibattito cittadino rimane sempre e comunque la politica che troppo spesso viene confusa con le carriere personali dei singoli piuttosto che di progetti complessivi che guardano alla Reggio del domani. Ma le fortune o le sfortune di qualcuno devono coincidere con la fortuna o la sfortuna di un territorio? La buona politica deve essere la risposta. Non dimentichiamo che se si mettono in campo soggetti credibili, unitamente a progetti che abbiano una visione complessiva nel territorio, si possono raggiungere risultati straordinari: vedi ad esempio la città metropolitana, potenziale fino ad oggi inespresso.
Non si può certamente fare di tutta l’erba un fascio. Sarebbe l’errore più grande che si possa compiere. È il momento che a destra, e nel centrodestra in generale, si apra un dibattito serrato tra le grandi intelligenze che ci sono dentro e fuori le istituzioni. Nelle liste tra i tanti candidati, eletti e non, ci sono volti nuovi che fanno ben sperare in un mix di esperienza e novità.
Solo se si lavorerà nei prossimi anni, partendo dal basso, si potrà pensare di mettere insieme una proposta alternativa alle sinistre che possa risultare gradita e credibile ai reggini. Si riparta quindi dalle circoscrizioni, dai circoli, dai territori; più che lamentarsi delle imposizioni romane che arrivano là dove la proposta politica è debole o non credibile.
Al centrodestra reggino un augurio: «Quando perdi, non perdere la lezione» (Dalai Lama).

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