Avvenire di Calabria

Il presidente della Conferenza dei vescovi calabresi è intevenuto sul tema

Monsignor Bertolone: «Cattolici e politica, scelta necessaria»

Redazione Web

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«Prendersi cura della casa comune e dei suoi abitanti più vulnerabili vuol dire incamminarsi verso democrazie mature, partecipative, senza le piaghe della corruzione e le demagogie a buon mercato». Diceva così, Papa Francesco, agli inizi di dicembre scorso. Parole per una riflessione di carattere generale che torna attuale ed utile anche oggi che il nostro Paese si appresta a recarsi alle urne. E come sempre torna al centro del dibattito anche il ruolo dei cattolici. Chiesa e politica, cristiani e impegno politico: in Italia è una questione da sempre cruciale per evidenti ragioni storiche che per decenni hanno reso facile, quasi naturale, una lettura del rapporto tra fede e politica, legata ad un’unità accettata, difesa e anche imposta per decenni anche all’interno della comunità ecclesiale, con contorni oscillanti tra necessità reale e scelte di potere e di dominio interessato. Ma la storia cammina, e le cose cambiano. Resta, tuttavia, il bisogno di trovare una risposta al quesito che i cambiamenti richiedono: in che modo, e con quali forme, l’apporto dei cattolici potrebbe rivelarsi non solo democraticamente utile, ma anche civilmente e politicamente determinante? Un dato di fatto pare potersi considerare acquisito: il vero obiettivo da perseguire non risiede più nell’indicare all’elettorato un movimento o un partito. È invece essenziale spingersi verso l’orizzonte tratteggiato dal Santo Padre: creare le condizioni per un serio rinnovamento che renda efficace l’azione pubblica attraverso il contrasto alla corruzione ed alle organizzazioni criminali. Un obiettivo che al Sud, poi, diventa necessità vitale. Il cristianesimo, insomma, deve assumere su di sé l’onere di contribuire incisivamente ad alimentare il senso sociale e politico della legalità, facendone riscoprire criticamente le fonti morali e l’intrinseca esigenza di rispetto che essa domanda ai cittadini in modo motivato e responsabile. I cattolici, dunque, sono oggi chiamati a inserirsi in piena responsabilità nel difficile compito di ricostituire una cultura della legalità, lungo tre direttrici fondamentali. Anzitutto, recuperare il rapporto vitale tra legge e bene comune, perché l’esigenza della legge non sia messa in connessione soltanto con la tutela degli interessi privati, anche se legittimi. Poi, ricercare il senso dell’interdipendenza tra diritti e doveri, perché il vivere civile non sia interpretato a servizio e prono soltanto ai diritti del soggetto, ma come spazio in cui la persona è chiamata a un’insostituibile opera di coedificazione sociale. Terzo: promuovere una cultura della partecipazione attiva e responsabile alla vita pubblica, culturale, sociale, perché la crisi della legalità è direttamente proporzionale al ripiego nella sfera del privato e dei particolarismi identitari, fino al disamore per la partecipazione e per il voto democratico. Traguardi difficili, ma ai quali un cristiano è tenuto a non rinunciare, a meno di non voler arrendersi di fronte alla triste evidenza ben descritta, già a suo tempo, da Pier Paolo Pasolini: «In Italia il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili».

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