Avvenire di Calabria

«Offrire più specificità e ricchezza attraverso una riorganizzazione che dia vera stabilità e futuro»

Musei ecclesiastici, dove si coltiva la cultura dell’incontro

Redazione Web

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

di Lucia Lojacono - Nell’ambito delle iniziative promosse per i venti anni di attività, Amei (Associazione musei ecclesiastici italiani) il 18 maggio scorso ha promosso a Roma, presso la Pontificia università gregoriana, una giornata di studi dedicata al tema “Musei ecclesiastici: quale identità?”. L’incontro, organizzato con il patrocinio dell’Ufficio nazionale per i beni culturali e l’edilizia di culto della Cei, partendo da tre punti di vista (istituzionale, operativo e teorico–critico) ha tentato di delineare un bilancio dell’attività dei musei ecclesiastici, evidenziandone potenzialità e criticità, punti di forza e di debolezza.
A sedici anni di distanza dall’emanazione della lettera circolare sulla funzione pastorale dei musei ecclesiastici, emanata dalla Pontificia commissione per i beni culturali della Chiesa, è sembrato necessario chiedersi in che misura questo documento abbia trovato reale attuazione e se la Lettera debba essere aggiornata e integrata alla luce del continuo evolvere della società e dello stesso comparto museale.
In apertura dei lavori Domenica Primerano (nella foto), presidente Amei, ha evidenziato come ai musei ecclesiastici, perché abbiano continuità e possano offrire la loro specificità e ricchezza, serva «una riorganizzazione che dia loro stabilità e futuro», sottolineando come tali istituti «con pochi dipendenti e molti volontari», debbano sempre più essere «luoghi di inclusione, ove si accoglie l’altro, comprese le persone svantaggiate, e luoghi di sperimentazione perché attenti alla cultura del proprio tempo».
Monsignor Galantino, intervenendo al mattino, ha definito i musei ecclesiastici «luoghi nei quali si coltiva e si sviluppa la ‘cultura dell’incontro’ che, come ricorda papa Francesco, è prima di tutto incontro tra persone e gruppi portatori di valori, tradizioni, lingue, visioni religiose e stili di vita plurali». Con la loro presenza, ha continuato il segretario generale della Cei, anche in «piccole comunità che non vogliono abbandonare le proprie radici”, i musei “contribuiscono ad arginare la frenesia dell’effimero che mortifica la memoria e costituiscono ‘presidi vivi’ attraverso i quali passa il volto della Chiesa».
E ancora, «una risorsa, un presidio culturale sul territorio, un istituto dinamico di valorizzazione, oltre che uno strumento di narrazione delle persone e delle comunità» ha definito i musei ecclesiastici don Valerio Pennasso, direttore dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto. Essi sono oltre 800, sparsi da Nord a Sud. Tra questi, il Museo diocesano di Reggio Calabria, del quale ha parlato la direttrice Lucia Lojacono, intervenendo al pomeriggio nella sessione dedicata al livello strettamente operativo: ha fatto cenno alla situazione museale ecclesiastica calabrese, giudicandola, tutto sommato, coesa, con una buona consuetudine a frequenti incontri e scambi reciproci, ciò anche per merito di una Consulta regionale per i beni culturali ecclesiastici fattivamente presente e attiva da oltre un decennio. Una vitalità preziosa quella espressa dai musei ecclesiastici calabresi, animata da passione autentica e tesa a realizzare un’idea di museo ecclesiastico che, attraverso la proposta dell’esperienza ecclesiale della Bellezza, si rivolga non solo all’intera comunità cristiana, ma anche nel quotidiano ai “pubblici altri”.

Articoli Correlati