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Amnesty international ha lanciato oggi un appello urgente affinché le forze armate di Myanmar “cessino immediatamente gli attacchi aerei e ogni altra attività offensiva contro obiettivi civili nelle aree colpite dal terremoto” di magnitudo 7.7 della scorsa settimana e affinché “i soccorsi possano raggiungere più rapidamente possibile le persone nella zona dell’epicentro del disastro”. Le testimonianze raccolte da Amnesty nei giorni successivi al terremoto confermano che l’esercito ha continuato a condurre attacchi aerei letali, aggravando le difficoltà nei soccorsi e aumentando paura e angoscia tra le persone sopravvissute. “Le forze armate di Myanmar, così come tutti gli altri soggetti coinvolti nei soccorsi, devono garantire il pieno rispetto dei principi sui diritti umani e mettere al primo posto le necessità umanitarie delle persone colpite”, ha dichiarato Joe Freeman, ricercatore su Myanmar di Amnesty international. “Non si può chiedere aiuto con una mano e bombardare con l’altra. Lanciare attacchi aerei e colpire civili nella stessa regione devastata dal terremoto è un atto disumano e mostra un totale disprezzo per i diritti umani”, ha aggiunto Freeman.
Secondo i media controllati dai militari in Myanmar, il terremoto ha causato almeno 2065 morti e oltre 3900 feriti. Il repentino aumento delle cifre giorno dopo giorno, unito alle difficoltà nelle comunicazioni, fa temere che il bilancio reale possa essere molto più alto. Gli attacchi aerei, ormai parte della quotidianità in Myanmar dal colpo di stato del 2021, hanno colpito anche le zone vicine alle operazioni di soccorso post-terremoto e altre aree di conflitto, come gli stati di Karen e Karenni.
Il governo di unità nazionale, che coordina le Forze di difesa del popolo – gruppi armati creati per contrastare l’esercito dopo il colpo di stato del 2021 –, ha annunciato una sospensione delle ostilità di due settimane a partire dal 30 marzo. Il 1° aprile, un’altra fazione armata allineata, l’Alleanza dei Tre Fratelli, ha dichiarato una tregua umanitaria di un mese, fatta eccezione per azioni di autodifesa.
Diversamente da quanto accaduto in occasione di precedenti disastri naturali documentati da Amnesty, le forze armate di Myanmar hanno fatto un’insolita richiesta di aiuti internazionali. L’organizzazione per i diritti umani ha ricevuto informazioni secondo cui alcuni aiuti sarebbero effettivamente arrivati in determinate aree colpite, ma la situazione è incerta a causa di interruzioni dei collegamenti a Internet e segnalazioni di consegne bloccate o ritardate.
A Sagaing, capoluogo della regione omonima, Amnesty ha parlato con tre residenti e analizzato un rapporto redatto da organizzazioni della società civile birmana. Il documento segnala la crescente necessità di sacchi per cadaveri, calce viva, torce, forniture mediche e repellenti per insetti. Nel rapporto si denuncia inoltre la stretta sorveglianza imposta dai militari sui veicoli leggeri in transito da Mandalay verso Sagaing. I soldati ispezionano i carichi, effettuando controlli più lunghi sui convogli provenienti da aree con maggiori legami con i gruppi di resistenza.
I residenti di Sagaing hanno riferito che la maggior parte della città è danneggiata e che la popolazione non ha accesso regolare ad acqua potabile, cibo, rifugi, medicinali, cure adeguate ed elettricità e fa affidamento su piccoli pannelli solari. Molte persone dormono per strada, utilizzando stuoie, teli di plastica e zanzariere.
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