
La ‘ndrangheta del Terzo millennio? Tra globalizzazione e ancestrali comportamenti. Sono queste le direttrici sulle quali le varie consorterie mafiose “galleggiano”. La Dia, Direzione investigativa antimafia, con la sua puntuale e per tanti versi esaustiva relazione semestrale illumina tanti coni d’ombra. Il danaro è sempre la stella cometa delle varie ‘ndrine. I canali di approvvigionamento sono i soliti, tuttavia, emerge qualcosa di nuovo. «Se la ‘ndrangheta dovesse depositare un bilancio consolidato, è praticamente certo che i risultati economici del gruppo dipenderebbero in larga parte dai proventi derivanti dalle attività fuori regione d’elezione e dalla voce estero».
«Paesi come la Germania, il Canada e gli Stati Uniti d’America, per citarne alcuni, e più vicino a noi, regioni come il Piemonte, la Lombardia, la Liguria, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Lazio, diventano non solo aree di destinazione degli stupefacenti, ma veri e propri spazi di radicamento in cui gli interessi delle diverse cosche si consolidano».
Come è possibile? Grazie ad una «rete relazionale che le cosche sono riuscite ad intessere con professionisti, operatori economici ed esponenti del mondo della finanza, disponibili a prestare la propria opera per agevolarne gli interessi, sostanzialmente riconducibili a due macro aree: l’accumulazione dei capitali, il riciclaggio e il reimpiego dei proventi illeciti». La mentalità imprenditoriale non scaccia però «pratiche medioevali».
La vera forza dell’organizzazione si può cogliere, quindi, non tanto sull’unitarietà, che pure esiste, e che sembra coniugarsi ad una spiccata autonomia dei gruppi di ‘ndrangheta disseminati su tutto il territorio nazionale e all’estero rispetto alla casa madre, quanto sul patrimonio identitario, ovvero su quella che in altri termini può essere definita una grammatica ‘ndranghetista che appartiene a tutti gli affiliati.
Ci si trova, così, di fronte ad un’organizzazione criminale che se da un lato opera alla stregua di una holding, indiscutibilmente riconosciuta tra i principali player internazionali del narcotraffico, dall’altro cementa ancora i patti di ‘ndrangheta attraverso pratiche medioevali, come i matrimoni forzati delle spose-bambine.