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La contemplazione e la celebrazione del Mistero Pasquale ci permette di riscoprire ogni anno l’immenso amore di Dio per gli uomini. La Chiesa rivive nella Pasqua la passione, morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.
Tra le tante novità apportate dal Concilio Vaticano II sotto l’aspetto teologico e di conseguenza sotto quello liturgico, c’è stata quella di averci insegnato a leggere in modo unitario l’intera Pasqua, legando in modo indissolubile i misteri principali della nostra salvezza.
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Non possiamo negare che precedentemente la spiritualità pasquale si soffermava soprattutto sulla sofferenza e morte di Cristo, tralasciando quasi del tutto la verità della sua risurrezione. L’ecclesiologia si è giovata di questa luminosa riscoperta per definire meglio il mistero della Chiesa. Da quel momento Mistero Pasquale e Mistero della Chiesa si trovarono ancor più strettamente legati.
Da sempre sappiamo che Gesù ha istituito la Chiesa per essere il prolungamento della sua salvezza. Crediamo infatti che Gesù Cristo è nato, è morto ed è risorto per la redenzione del genere umano, così come dice il vangelo di Giovanni: «Dio ha mandato suo Figlio nel mondo, non per condannare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui» (Gv 3,16-18). La Chiesa è stata voluta e istituita da Cristo affinché venisse perpetuato nei secoli il mistero salvifico. Ma dove questo si realizza? Nell’Eucaristia, definita « memoriale della morte e risurrezione del Signore». Intesa così « l’Eucaristia» - secondo una nota espressione del noto teologo De Lubac – « fa la Chiesa, e la Chiesa fa l’Eucaristia» , nel senso che non ci sarebbe la Chiesa senza la centralità dell’Eucaristia, ma nello stesso tempo non ci potrebbe essere l’Eucaristia senza la comunità che la celebra.
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Tornando al Vangelo, c’è un versetto da sempre considerato quasi un’icona di questa fondata convinzione che dalla Pasqua ha origine la Chiesa. Esso si trova nel racconto che Giovanni fa della passione di Gesù, precisamente quando dice che « uno dei soldati gli forò il costato con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19,33-34). Per questo Paolo, parlando del primo uomo, usa l’espressione: «Osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne» (Gen 2,23; cfr. Ef 5,30), per indicarci il costato del Signore. Similmente, come Dio formò la donna dal fianco di Adamo, così Cristo ci ha donato l’acqua e il sangue dal suo costato per formare la Chiesa. San Tommaso affermerà che «i sacramenti della Chiesa sgorgarono dal costato di Cristo pendente dalla croce» , e aggiunge che «dal costato di Cristo uscì l’acqua per lavare, e il sangue per redimere. Perciò il sangue stava a indicare il sacramento dell’Eucarestia e l’acqua quello del battesimo».
San Giovanni Crisostomo osserva: «Quindi è dal suo costato che Cristo ha formato la Chiesa, come dal costato di Adamo fu formata Eva». Il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 766 afferma: « L’inizio e la crescita della Chiesa sono simboleggiati dal sangue e dall’acqua che uscirono dal costato aperto di Gesù crocifisso».
Esiste un’altra tradizione teologica non meno significativa che ci ricorda che la Chiesa nasce dalla Pasqua del Signore, anche questa corredata da un’abbondante bibliografia che si basa su un altro noto versetto di Giovanni, che scrive: « Emisit spiritum» (19,29-30), espressione latina infelicemente tradotta con un deciso «spirò», utilissimo per indicare la fine della straziante passione del Signore, ma non certo a richiamare il ricordo di quel primo ruah, di quel primo spirito creatore di Genesi, che letteralmente richiama proprio il respiro di Dio, lo stesso ultimo respiro che Gesù emise dall’alto della croce, istituendo così la Chiesa come una nuova splendida creazione divina.
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