Avvenire di Calabria

La testimonianza della volontaria reggina: «Incontrare il Signore che si fa inerme negli occhi dei ragazzi più fragili e abbandonati»

Nella casa del Dio bambino per incontrare i più piccoli

Giovanni Panuccio

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

A Betlemme c’è ancora la Casa del Dio Bambino. Non solo perché attorno al luogo dove la tradizione vuole sia nato Gesù sorge un’antichissima Basilica della Natività, ma perché è così – Hogar Niño Dios – che si chiama un luogo, a pochi passi dalla Basilica, che accoglie bambini abbandonati o in grave necessità. A prendersi cura di loro – attualmente trentuno – appena quattro religiose. La presidenza nazionale di Azione cattolica italiana ha così ideato un’esperienza di pellegrinaggio e di servizio che coinvolge, per circa dieci giorni alla volta, non più di cinque persone di almeno diciotto anni che ne facciano richiesta. In questo primo «turno» del 2019, dall’8 al 18 gennaio, era presente anche la presidente parrocchiale di Scilla di Ac Caterina Bova. Al ritorno, Caterina ha portato in Parrocchia delle ostie preparate direttamente a Betlemme, assieme al racconto di questa esperienza. «La ricerca della Verità – dice Caterina – implica un cammino, finché non si trova una Stella, la più bella, la più luminosa». Un cammino nel quale «sondare i crepacci del cuore» non esclude, anzi richiede, che lo sguardo interiore sappia farsi anche sguardo verso l’alto, apertura a Dio. «Mi piace molto pensare allo stato fortemente contraddittorio in cui mi trovavo al momento della partenza: sentirsi completamente inadeguata al tipo di esperienza ma con una voglia irrefrenabile di provarci. Sicuramente non avevo con me oro, incenso o mirra. Ma pensavo comunque di poter dare qualcosa di mio, a cominciare dalla disponibilità a qualsiasi tipo di “servizio”». Caterina si è spiegata quel senso d’inadeguatezza iniziale: il meraviglioso sconcerto per un Dio che nasce come un bambino qualunque. Preferisce non far «pesare» la sua Gloria, ma avvicinarsi alla nostra condizione. «Dio nato bambino l’ho visto», racconta Caterina. «Negli occhioni grandi di Mora che ti fissavano così all’improvviso; nei gesti di Ramés carichi di significato e di voglia di farcela; nei sorrisi improvvisi di Heba, la ricciolona; nel prendersi cura dei più piccoli di Giulia e nelle mille caratteristiche di Arwa, Baha, Nacho e di tutti gli altri». Ma ciò che colpisce delle parole di Caterina è che non sembra il racconto di una fine, di una «parentesi» fra le mille vicende della vita. Sembra piuttosto la manifestazione di un «inizio», a cominciare dal desiderio irrefrenabile di condividere l’immensa gioia vissuta con la sensazione che possa farsi compagna di vita e non emozione passeggera. Come per i Re Magi, è una gioia che deriva dal manifestarsi epifanico di Dio e, facendo proprie le parole del Vangelo, Caterina conclude rivolgendosi direttamente al Signore: «Grazie perché mi permetti di rientrare a casa “per un’altra strada”... la Tua!».

Articoli Correlati