Avvenire di Calabria

Una riflessione sulla comunicazione a margine della giornata mondiale delle comunicazioni sociali

New media, la necessità di «buone notizie»

Etty Hillesum, esempio di speranza e fiducia per il nostro tempo

Redazione Web

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di Chiara Genisio* - «La vita dell’uomo non è solo cronaca asettica di avvenimenti, ma è storia, una storia che attende di essere raccontata attraverso la chiave interpretativa in grado di selezionare e raccogliere i dati più importanti», leggendo queste parole di papa Francesco scritte nel messaggio per la 51ma giornata mondiale delle comunicazioni sociali “Non temere, perché io sono con te (Is 43,5) Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo” ho subito pensato ad una donna straordinaria: Etty Hillesum. La stessa testimone dell’olocausto che è stata richiamata dalla biblista francese Anne–Marie Pelletier nelle sue meditazioni per la via crucis al Colosseo di quest’anno. Nella riflessione per la settima stazione, infatti, Pelletier ci ricorda, «Etty Hillesum, donna forte d’Israele rimasta in piedi nella tempesta della persecuzione nazista, che difese fino all’ultimo la bontà della vita, ci suggerisce all’orecchio questo segreto che lei intuisce alla fine della sua strada: ci sono lacrime da consolare sul volto di Dio, quando piange sulla miseria dei suoi figli. Nell’inferno che sommerge il mondo, lei osa pregare Dio: “Cercherò di aiutarti”, gli dice. Audacia così femminile e così divina».

Hillesum muore ad Auschwitz non ancora trentenne il 30 novembre 1943, avrebbe voluto raccontare tutta la tragedia dell’olocausto, nel suo diario, annotò: «Dovranno pure sopravvivere alcune persone per diventare più tardi i cronisti di questo tempo. Anch’io vorrei essere in futuro una piccola cronista».
Una piccola cronista come dovremmo essere in tanti per raccontare con «speranza e fiducia» il nostro tempo. Come è riuscita lei nel suo Diario narrando un’epoca violenta e sanguinaria cogliendo spiragli di fiducia, come quando scrive: «Una volta è un Hitler, un’altra è Ivan il Terribile, per quanto mi riguarda; in un caso è la rassegnazione, in un altro sono le guerre, o la peste e i terremoti e la carestia. Quel che conta in definitiva è come si porta, supporta e risolve il dolore, e se si riesce a mantenere intatto un pezzetto della propria anima». Un pezzetto della propria anima che ci aiuta a guardare e a raccontare la realtà con gli “occhiali” di cui ci parla ogni giorno Francesco. Il suo messaggio diretto in particolare a noi che per “mestiere” comunichiamo il mondo al mondo è uno sprone affettuoso ma forte a operare nel segno della “buona notizia”. Non è sempre facile, ma ogni giorno sperimentiamo che è possibile. E’ faticoso, ma bello e appagante. Viviamo in una società super connessa, che inonda ciascuno di noi con una valanga di notizie, spesso brutte e a volte anche false, spezzare questa catena come ci chiede ancora una volta il Papa, è un compito che come giornalisti cattolici sentiamo nostro, è il nostro pane quotidiano. A volte ci riesce bene, altre meno. Abbiamo la consapevolezza di non essere soli. E il desiderio di essere come Etty, “un balsamo per molte ferite”.

* vicepresidente vicario della Fisc

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