
Papa Francesco: Michele (detenuto a Cagliari), “grazie da tutti noi ultimi per quello che hai fatto”
Papa Francesco: Michele (detenuto a Cagliari), “grazie da tutti noi ultimi per quello che hai fatto”
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“Probabilmente Francesco, fin da giovane prete, si sarà domandato come fare per far sentire la prossimità del risorto al popolo, come fare per aiutare a credere, a dire di sì a Cristo. E ha compreso quello che poi tanto spesso ricordava citando quanto San Francesco, da cui aveva preso il nome il 13 marzo 2013, diceva ai suoi frati: ‘Predicate con i fatti e poi se occorre con le parole’”. Lo ha detto stasera il vescovo di Tivoli e Palestrina, mons. Mauro Parmeggiani, nella messa in suffragio di Papa Francesco, celebrata nella cattedrale di San Lorenzo Martire a Tivoli.
“Il Magistero di Francesco è stato infatti un magistero fatto anche di parole ma soprattutto di fatti. Di vicinanza ai poveri, ai migranti, ai carcerati, ai malati, ai non nati che ha difeso ad oltranza, ai nuovi poveri: le famiglie in difficoltà, i giovani, gli anziani, coloro che difficilmente noi comunità cristiana sappiamo ascoltare… Un ministero fatto di una vicinanza concreta. Una vicinanza non di una Chiesa ricca che dà qualcosa ai poveri ma di una Chiesa povera per i poveri. Nella quale più che dare cose – anche se la carità di Papa Francesco è stata amplissima – il Papa ha saputo dare vicinanza, empatia, ascolto mettendosi sullo stesso piano del povero e del peccatore per scoprire insieme la potenza del Risorto, per incontrare tramite l’altro, in un cammino fatto insieme, il Risorto, il Signore della vita e della storia”, ha sottolineato il presule.
“Mi ha molto colpito – ha aggiunto il vescovo – come tante persone, le più diverse, in questi giorni mi hanno espresso i loro sentimenti di vicinanza e di cordoglio per la morte del Papa. E diversi di loro mi hanno raccontato come sono stati attratti alla fede e alla Chiesa, dalla quale si sentivano lontani, perché hanno visto un Papa che faceva la carità, che andava a lavare i piedi ai carcerati, che mangiava con i poveri, che viveva come una persona normale, umile, ‘uno di loro…’ che ha compiuto gesti semplici con i quali ha mostrato la sua cura per le anime ma anche per i corpi, ossia le due dimensioni dell’uomo. Quelle dimensioni che il Risorto è venuto a redimere e portare per sempre con sé destinandole all’eternità”.
Mons. Parmeggiani ha concluso: “Per questa testimonianza di prossimità all’uomo, di annuncio del Vangelo non dall’alto di un pulpito ma camminando sulla strada accanto all’altro e per le tante altre cose che ci lascia come eredità spirituale Papa Francesco, diciamo grazie a Dio per avercelo dato. E preghiamo perché i suoi insegnamenti, il suo stile buono e amico dell’uomo e della storia, la sua passione per la pace e per la testimonianza della gioia del Vangelo rimangano per noi una eredità preziosa da non seppellire ma da vivere e, ora che il suo cammino terreno si è fermato, scoprire attentamente facendo tesoro anche di tutte le sue esortazioni al rispetto per il creato, per i fratelli tutti, affinché dalla fede nel risorto nasca per ciascuno la speranza, quella speranza che è stata stella polare nel cammino di vita di Jorge Maria Bergoglio e della quale ora può godere per sempre”.
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