Avvenire di Calabria

Parla l’ingegnere calabrese che tratta le demenze impiegando l'Intelligenza artificiale come farmaco

Alzheimer, la cura è l’AI: parla l’ingegnere calabrese che ha sviluppato la “terapia”

Pasquale Fedele è originario del centro di Delianuova. Con un team di ricerca internazionale ha sviluppato un sistema rivoluzionario

di Francesco Chindemi

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“MindAhead” è la startup internazionale grazie alla quale è possibile diagnosticare varie tipologie di demenze. L’approccio digitale consente di utilizzare gli algoritmi come farmaci o di coadiuvarli in modo innovativo e originale. A svilupparla è un ingegnere e scienziato calabrese, originario della provincia di Reggio Calabria. Lo abbiamo intervistato sullo scorso numero di "Avvenire di Calabria", in edicola sette giorni fa con il quotidiano "Avvenire". Vi riproponiamo l'intervista.

Curare l'Alzheimer, l’algoritmo come farmaco

C’è molta Calabria in una startup internazionale che ha sviluppato una terapia digitale per contrastare l’Alzheimer e altre forme di demenza e deficit cognitivi. Questa iniziativa apre una nuova frontiera nel campo della diagnosi e del trattamento di patologie tra le più difficili da affrontare, nonostante i progressi nella ricerca farmacologica.

Pasquale Fedele, ingegnere informatico e computer scientist, è co-fondatore di una startup innovativa dal nome MindAhead che utilizza l’intelligenza artificiale (Ia) per contrastare il declino cognitivo, Alzheimer e demenze. È originario di Delianuova, piccolo centro della Piana di Gioia Tauro. Grazie ad una precedente iniziativa è riuscito a far parlare i malati di Sla.

Cosa l’ha portata a sviluppare MindAhead?

In realtà nasce da una precedente startup realizzata dieci anni fa, ai tempi in cui ero ricercatore all’Università di Siena, con cui ho sviluppato un dispositivo medico che consente ai pazienti completamente paralizzati di comunicare e controllare dispositivi robotici tramite stimoli cerebrali, attraverso un caschetto dotato di sensori elettroencefalografici.


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I limiti di impiego emersi, legati ai deficit cognitivi dei pazienti, mi hanno spinto, insieme al team internazionale di cui oggi faccio parte, ad avviare nuove ricerche sul declino cognitivo, focalizzando l’attenzione sull’Alzheimer ed altre forme di demenze.

Come entra in campo l’intelligenza artificiale?

Nella terapia digitale per il declino cognitivo, l’Ia viene impiegata per profilare il paziente e adattare la terapia alle sue esigenze specifiche, nonché per identificare biomarcatori per una diagnosi più accurata.

Come si applica concretamente il vostro sistema nella diagnosi delle demenze?

Utilizziamo strumenti digitali per condurre una serie di test che valutano le funzioni cognitive del paziente, come la memoria e le capacità visuospaziali. Questi test vengono ripetuti nel tempo per monitorare l’evoluzione della malattia e adattare la terapia di conseguenza. Nel 40% dei casi, le demenze sono associabili a fattori di rischio spesso trascurati nel nostro stile di vita quotidiano, il che significa che intervenendo tempestivamente su tali fattori, è possibile rallentare o fermare il processo di declino. Con i nostri strumenti riusciamo, attualmente, ad incidere proprio su quel 40% che è pur sempre un risultato importante.

State conducendo studi clinici per validare l’efficacia del vostro approccio?

Stiamo conducendo uno studio clinico con 200 pazienti in Germania per valutare l’efficacia della nostra terapia digitale. La Germania insieme alla Francia sono i primi due paesi europei a rimborsare le soluzioni terapeutiche digitati equiparandole ai farmaci. Questo non è ancora possibile in Italia e in altri paesi, ma la tendenza normativa sta cambiando, permettendo che farmaci e terapie digitali vengano considerati come alternative o coadiuvanti l’uno dell’altro.

Quindi, è realistico pensare che l’algoritmo possa integrare o sostituire i farmaci?

Assolutamente sì. Guardando in particolare al nostro paese, l’Italia, un gruppo interparlamentare sta lavorando per recepire questa normativa, considerando che molte patologie, in particolare quelle mentali, vengono affrontate con questa modalità digitale.

Oltre alla diagnosi delle demenze, quali altre opportunità vede nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale?

In ambito sanitario l’impiego dell’Ia spazia dalla prevenzione alla cura, passando per la diagnosi ed il supporto alle gestione della malattia. Da alcune settimane ho avviato una nuova iniziativa, 4Habits, per lo sviluppo di una soluzione rivolta alla prevenzione di molteplici patologie ed alla longevità, basata sui più recenti modelli di Ia generativa.


PER APPROFONDIRE: Intelligenza artificiale, tra mestieri del futuro e nuovi rischi


L’impiego dell’intelligenza artificiale sta portando a una vera e propria rivoluzione in tutti i settori dello scibile umano. Con gli ultimi algoritmi e modelli generativi legati all’Ia, nessun settore rimarrà immune: dalle professioni creative a quelle legali e fiscali. Come per ogni cambiamento epocale, quindi, bisogna saper cogliere le sfide per non rimanere indietro.

È una questione etica complessa. L’Ia offre enormi potenzialità, paragonabili alla scoperta dell’energia atomica. Tuttavia, dobbiamo considerare attentamente le implicazioni, specialmente quando si tratta del collegamento diretto del cervello a internet e all’Ia. Questo solleva interrogativi sul transumanesimo e sul potenziamento umano. Con Braincontrol mi sono occupato da vicino proprio di tali aspetti, sebbene impiegassimo sensori non invasivi. Se viene utilizzato per compensare delle gravi disabilità, come nel campo delle mie ricerche, lo trovo accettabile. Ma se si tratta di finalità ludiche o di potenziamento delle capacità di individui normodotati, ci sono delle implicazioni etiche da tenere nella giusta considerazione.

La prospettiva: Intelligenza artificiale e nuove opportunità per i giovani

«Ho lasciato la mia regione anni fa per motivi di studio, come tanti altri giovani del nostro territorio. Ovviamente porto la Calabria nel cuore e ogni volta vengo coinvolto in qualche iniziativa cerco di dare la giusta attenzione alla mia regione. Rimanendo nel campo delle tecnologie digitali, ritengo siano un’opportunità di riscatto per quelle realtà rimaste più indietro di altre, come appunto la Calabria». Quando si parla di digitale, evidenzia Fedele, non c’è bisogno di grossi investimenti infrastrutturali o logistici.


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«Basti guardare alla nostra startup. È nata senza limiti geografici, con un team distribuito in diversi paesi. Cosa vuol dire questo?», si chiede l’ingegnere deliese. «È la dimostrazione aggiunge - che le distanze geografiche non sono un problema e ciò che conta sono invece le competenze». «Tante quelle presenti tra i giovani calabresi, molti appassionati a tematiche legate all’intelligenza artificiale o al mondo del digitale». Insomma, secondo questa prospettiva «nei fatti non esistono barriere a creare e sviluppare specifici percorsi professionali rimanendo nella propria terra. Sono certo che nei prossimi anni le opportunità saranno ancora di più di quelle presenti oggi e di questo ne beneficeranno i nostri giovani e la nostra regione».

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