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Due giorni intensi vissuti a Reggio Calabria tra le periferie urbane ed esistenziali della città dello Stretto, don Sergio Massironi ha raccolto l’invito dell’Azione cattolica diocesana per il primo, significativo, confronto dell’anno appena iniziato.
E così il noto teologo del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, autore di un “diario” sulle tante periferie del mondo, ha incontrato gli “ultimi” dei quartieri periferici, come Arghillà. Ma anche i luoghi, intrisi di dolore e sofferenza, come il cimitero di Condera, dove - anche grazie al contributo dell’Ac - ad ottobre ha trovato degna sepoltura Yakob, un bambino di tre anni giunto morto a uno sbarco del luglio 2023. Luoghi fatti di fragilità, «spazi che necessitano di essere abitati e vissuti, se vogliamo scoprire davvero la vera umanità», afferma don Sergio ad Avvenire di Calabria. 🎬 Guarda qui l'intervista 👇
Abbiamo raccolto la sua testimonianza a conclusione del “viaggio” in riva allo Stretto, a margine del partecipatissimo incontro ospitato martedì 9 gennaio all’Auditorium Lucianum. Un momento conclusivo di un percorso di servizio svolto da giovani e adulti di Azione cattolica in quei luoghi di marginalità.
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Questo itinerario, però, vuole essere un punto di partenza, perché - come ha affermato don Sergio Massironi ad Avvenire di Calabria - «non sono solo ambiti di impegno, ma momenti in cui Dio visita e cambia e scrive una nuova pagina di Vangelo».
Il teologo del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, in particolare, ha riflettuto prendendo spunto dallo slogan scelto per la serata: «Sulle tracce di Dio: dignità umana alle periferie dell’esistenza». Abbiamo intervistato l’illustre relatore a margine del partecipato incontro ospitato presso l’Auditorium “Lucianum”.
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Mettersi sulle tracce di Dio implica immaginare che Dio ci preceda. Nei fatti questa immagine noi l’abbiamo perché il Vangelo l’ha seminata dentro di noi. Questo è un modo di essere insieme Chiesa, oggi. Non è vero che Dio è scomparso. Si tratta, invece, di scoprire dove ci vuole accompagnare.
Papa Francesco ha questa straordinaria capacità e forza nell’indicarci che proprio uscendo dalla Chiesa noi possiamo trovare un Signore che non ha voluto farsi chiudere dentro i nostri edifici, ma ci invita ad andare incontro a un’umanità nella quale lo possiamo incontrare e scoprire. Una realtà in cui vuole rivelarsi a noi spesso proprio nei volti che più ci turbano, ma dove la nostra stessa umanità può rinascere.
Sono appunto le “periferie” che sono davvero molte. Papa Francesco parla di “periferie esistenziali” e io credo che possiamo anzitutto dire che siano quei luoghi che non vogliamo vedere, che fatichiamo a sopportare. Proprio per questo ci devono interrogare, perché molto spesso nascondono qualcosa di noi che non amiamo vedere e riconoscere. Bisogna avere il coraggio di frequentarli, lasciarci “urtare” da ciò che ci ripugna, come san Francesco nel suo famoso abbraccio al lebbroso. Credo che questo passaggio nella vita personale, nella vita della Chiesa sia proprio fondamentale per ogni scatto di maturità.
Oggi le periferie ci vengono incontro, sono a casa nostra: all’interno delle nostre comunità, quando qualcuno ci dice di non riconoscersi più nella Chiesa in cui è cresciuto, di non volerla più frequentare. Si tratta davvero di capire cosa si è rotto. Se abbiamo il coraggio di immedesimarci e di ascoltare, possiamo davvero riprendere, riannodare fili interrotti e cominciare a capire cosa, a volte anche dentro di noi, si è un po’ spento.
Innanzitutto, avere avuto la fortuna di vivere con i giovani i primi due decenni del mio ministero nella diocesi di Milano. È stato significativo per me. Un’esperienza che mi ha “chiesto” di vedere e ascoltare situazioni che avrei potuto anche evitare. I giovani con le loro domande, ci chiedono di tradurre il cristianesimo nelle loro vite.
Nel ministero che sto vivendo presso il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, devo dire di essere stato con sorpresa colpito dall’incontro con le Chiese del sud del mondo e con le tante forme di povertà, nelle quali sta nascendo qualcosa di grande e nuovo.
Ce lo dice ancora il Papa: vivendo le periferie noi possiamo capire la realtà e l’ho vissuto anche qui a Reggio Calabria. Ho visitato le periferie dove proprio i poveri, la loro capacità di resistenza, di continua rinascita e la loro fede umile, ma tenace è in grado davvero di commuovere, di scuotere, di rimettere in discussione la mia stessa fede.
L’incontro con don Sergio Massironi, teologo del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano e integrale della Santa Sede, è stata occasione di sintesi per l’Azione Cattolica diocesana di Reggio Calabria - Bova. «Abbiamo fatto il punto sul percorso intrapreso, fatto non soltanto di parole ma concretezza, legato alla prossimità e al servizio agli ultimi, presso i luoghi delle fragilità», spiega Nico Chirico, presidente diocesano di Ac. Non è un punto di arrivo, ma ripartenza.
«Da qui - aggiunge - vogliamo riorganizzare alcune delle attività di prossimità che l’Azione Cattolica sta portando avanti insieme al Coordinamento Sbarchi e nel Carcere di Arghillà, ma anche presso le nostre comunità parrocchiali». Un anno associativo dell’Azione Cattolica diocesana di Reggio Calabria che si svolge all’insegna del «senso tattile », aggiunge Carla Amaddeo, vicepresidente del settore Giovani.
«Abbiamo voluto per il nostro servizio “toccare” gli ultimi, le persone più svantaggiate di noi, andando incontro a quelle che sono le difficoltà del nostro territorio ». Da qui, la scelta di dedicare particolare attenzione «agli ultimi arrivati, i migranti, ma anche ai fratelli che in questo momento sono in carcere». A don Massironi, aggiunge Carla, «abbiamo raccontato il nostro territorio, conducendolo proprio nelle “periferie”, non solo urbane, ma anche esistenziali». La grande partecipazione a questo momento, «siamo convinti segni l’inizio di un nuovo percorso fatto di gesti concreti da parte dell’Azione Cattolica per il nostro territorio», l’auspicio della vicepresidente del settore giovani.
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«Il valore aggiunto della presenza di don Sergio in diocesi è stato l’incontro con i presbiteri presso l’Istituto Teologico», ha aggiunto l’assistente unitario di Ac, don Antonino Sgrò. «Si è tenuta una conversazione pastorale sul concetto di sviluppo umano integrale, in cui è emersa l’opportunità per la Chiesa di abitare gli “spazi” della società, spazi laici che forse fino a questo momento non ci hanno visto protagonisti». Per Sgrò, «esistono possibilità di accoglienza, la Chiesa lì può intervenire, sia pur con discrezione, per portare il “propium” del suo messaggio: questo umanesimo integrale, che parte dall’umanità di Gesù, modello e paradigma di un nuovo umanesimo».
Ad aprire l’incontro con don Sergio Massironi, è stato l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria – Bova, monsignor Fortunato Morrone. Nel ringraziare il teologo del Vaticano per la sua testimonianza in riva allo Stretto, dove ha potuto cogliere «criticità, fatiche e tanta bellezza», si è rivolto ai presenti chiedendo un ulteriore sforzo: «una spinta missionaria non solo ad intra, ma anche ad extra per questa nostra città a cui come credenti siamo tutti chiamati». Il presule ha fatto leva proprio sulla formazione e vocazione dell’Azione Cattolica.
«Papa Francesco ci invita a impegnarci. Niente di nuovo rispetto al Vangelo e alla tradizione della Chiesa. Dobbiamo riappropriarci – ancora Morrone – di questa presenza nel mondo che il Signore ci ha donato». Per il vescovo è necessario mettere al servizio del prossimo «passione, competenza e intelligenza».
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Da qui l’invito: «muoviamoci un po’ di più, recuperiamo la passione politica e sociale, non stiamo alla finestra». Un richiamo all’impegno e al donarsi al prossimo che può trovare nuova linfa dal confronto con l’esperienza di chi, come don Sergio, «può allargare lo sguardo e sollecitarci ad un discernimento che non è un arrovellarsi sulle grandi discussioni, ma significa saper prendere delle decisioni». Del resto il Cammino Sinodale, giunto al terzo anno, «ci spinge verso questa direzione», ha concluso Morrone.
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