
Il segreto di Francesco. La riflessione dell’arcivescovo Morrone sul Papa venuto «dalla fine del mondo»
Un momento di intensa comunione ecclesiale ha riunito la comunità diocesana di Reggio Calabria –
Alla Parrocchia della Candelora si è svolta la consegna dei premi del concorso letterario “Mons. Giuseppe Pensabene” promosso dalla comunità parrocchiale in partnership con il Centro Internazionale Scrittori e Avvenire di Calabria.
All’edizione di quest’anno, la terza, hanno risposto studenti dei licei Gullì, Volta e Da Vinci e dell’Iis Boccioni Fermi. Ai ragazzi era stato richiesto di esprimersi in prosa o in poesia sull’impatto del covid 19.
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La commissione esaminatrice - formata dalle docenti Maria De Benedetto, Margot Tromba e Loredana Porcino e dalla presidente del Cis Rosita Lorelay Borruto – ha stilato – con difficoltà - una classifica di merito. Ecco di seguito i primi classificati e i vincitori dei premi speciali Cis per le diverse sezioni: biennio “saggio breve”, Sofia Trichilo. Biennio “poesia”: Fabio Scordino. Biennio “narrativa”: Aurora Borzumati. Triennio “saggio breve”: Federica Chiriaco. Triennio “poesia”: Grazia Labate. Triennio “narrativa”: Sofia Nucera. Premio speciale CIS per la poesia: Marco Morello. Premio speciale CIS per la narrativa: Alice Paviglianiti.
Una giornata come tante altre, i soliti colori, i soliti profumi; tutto ciò che fa pensare ad una giornata qualsiasi, era tutto lì!!! Come sempre…
Scuola, pranzo e un telegiornale ascoltato a singhiozzi tra i nostri racconti scolastici a mamma e papà.
Dico nostri, ma ancora non mi sono presentata: sono Sofia ed ho 13 anni compiuti a luglio e faccio il primo anno di scientifico al liceo "Alessandro Volta": mi piace dire questo perché per me essere un anno avanti con la scuola mi fa sentire sempre un po’ speciale; ho un fratello e anche questo mi rende un po’ speciale, perché è un gemello, il mio gemello; abito in un palazzo a 5 piani con larghi balconi vestiti da piante che papà cura con tanto amore; poi c’è mamma, nominata per ultima ma riveste per noi il ruolo più importante, una specie di colla tra il sogno e la realtà che profuma di tranquillità; e infin, dove c’è mamma, non posso che nominare i nostri splendidi tre cani, tenuti tra borotalco e pettini come fossero umani.
Ecco, ho descritto un po’ quello che sono, perché sono convinta che ognuno è il riassunto di ciò che vive, ...ma torniamo a quel giorno!
Stranamente quel giorno a tavola non eravamo noi a interrompere il telegiornale ma il telegiornale a interrompere noi e i nostri sorrisi.
Immagini surreali di un luogo lontano, immagini surreali di gente che moriva per strada; ricordo come fosse ora, mamma chiedere a papà cosa ne pensasse.
Ricordo l’attesa per ascoltare la sua risposta, risposta che non aveva nulla di vero, nulla di credibile, ma fui contenta di sentire bugie, di sentire quelle bugie, ne avevamo bisogno: in fondo avevamo bisogno di speranza non di verità, e fu quello che papà ci diede.
Io e Dodo eravamo terrorizzati, come bloccati su una sedia, dentro una realtà che sembrava non ci appartenesse, ma ci volle poco per capire che… ormai eravamo tutti coinvolti!!!
Non importa a quale distanza fossero riprese quelle immagini, non erano un film, esistevano e noi facevamo parte dello steso mondo.
Il tempo trascorreva a rilento, trasmissioni televisive interrotte, e il tempo sembrava fermarsi, per poi riprendere in corsa; una sensazione strana! Molto strana!
Il presidente prende la parola su tutta l'Italia. In viso portava una strana benda, che sino ad allora avevamo visto solo negli ospedali “La mascherina”, le sue parole rimbombavano sui muri, nell’aria, per le scale, un silenzio terrificante e vuoto; il nostro mondo si era fermato per ascoltarlo, eravamo come in pausa, una pausa dove il tempo scorreva soltanto per lui, il nostro presidente, che con voce tremante ci annunciava l’arrivo del Covid.
Occhi inondati di lacrime, persi nel silenzio della paura, fragili come le ali di una farfalla.
La nostra paura ora aveva un nome! Non so se fosse normale, ma la mia sensazione ora, era un po’ più tranquilla, avere un nome, pensai tra me e me, è un inizio di conoscenza che potrebbe portare ad una soluzione.
Un’altra cosa che pensai fu: ecco! Il mondo si ribella alle nostre cattiverie, al nostro egoismo, alla nostra arroganza di strappare e prendere dalla natura, dal bello, dal mondo, dagli animali, ad una pretesa diventata abitudine che non ci fa più vedere che stiamo sbagliando.
Strano come la paura riesca a farti pensare tanto in poco tempo e come una cosa tanto brutta possa far uscire, insieme alla tragedia della morte, speranza, vita e il lato umano dimenticato spesso dall’uomo! Perché una cosa era certa: ci aveva reso tutti uguali. All’improvviso non importava che lavoro facevi o come ti chiamavi o come vestivi, eravamo improvvisamente una grande famiglia che si stringeva nel conforto di un abbraccio virtuale, ma più vero di tanti altri scambiati per strada fino a poco prima. Finalmente avevamo bisogno di noi. Tutti. Gli uni degli altri.
Sono passati anni, oggi siamo nel 2022, siamo nuovamente in DAD e indossiamo la mascherina come fosse un indumento comune e normale, ma di normale ancora non c’è nulla. Ma su una cosa avevo ragione, a quel Nome è seguita una soluzione; adesso non ci resta che aspettare la fine di questa lunga nostra storia.
Vivere l’uomo non può senza la collettività
E nemmeno senza cercare la felicità
Anni brutti terribili per tutti
Per colpa del Covid e dei suoi frutti
La pazzia, la confusione e la disperazione
Erano e sono pur ora la nostra emozione
Dopo anni di guerre e ingiustizie
Ancora ci sono queste drammatiche notizie.
Una grande responsabilità ci è stata data dal Paese
Per salvaguardare le nostre vite, ma ormai è palese
Ognun è stato ferito sentimentalmente
Quasi ciascuno colpito fisicamente
Ma, obbligati a stare dentro la nostra casa
Ha migliorato almeno un’altra casa
La natura
Meno le siamo stati attaccati e non l’abbiamo toccata
E più si è sentita pulita e tanto beata.
Ospiti tutti, animali e non, sentiti si son sereni
Perché c’erano meno fumi meno veleni.
Non siamo stati educati in casa “natura”
Ma ci accoglie lo stesso come pastura
Il Covid è come una lezione
E se non ti importa, che delusione,
L’uomo deve capire una cosa
La collaborazione serve senza posa
In primis per formare una casa l’uno
Accogliente e soddisfacente per ognuno.
Caro diario, come stai?
Oggi è il 5 Maggio 2020. Già due mesi sono passati senza che io me ne sia accorta. Oggi, dopo lunghi mesi di reclusione, sono uscita per la prima volta a fare la spesa …
Già sono andata a fare la spesa, non sono uscita per incontrare i miei amici o per fare una passeggiata.
Ti starai di sicuro chiedendo perché non ti ho scritto per così tanto tempo. Ma cosa dovevo mai raccontarti? Le giornate erano sempre le stesse, ormai per me non esistevano più i giorni della settimana, perché ogni giorno era uguale a quello prima e a quello prima ancora.
Ad un tratto non sai che cosa strana è accaduta; di punto in bianco abbiamo iniziato a fare scuola da casa. Si, hai capito bene, caro diario, scuola da casa, attraverso un computer; e non sto qui a raccontarti le “belle” lezioni tra “prof. non si sente bene”, “prof. non c’è la linea”, “prof non vedo niente”.
Ormai anche le cose più belle erano diventate noiose. Addirittura, caro diario, sentivo una grande nostalgia della scuola e …. rullo di tamburi: mi mancava la messa domenicale! E non solo questo.
Piano piano le mie giornate hanno iniziato a trasformarsi! Le mie giornate non avevano più quel sapore di libri ed erba fresca, ma di pigiama, chiuso e cioccolata calda.
Bhe… era come stare in carcere, ma a casa mia, dove le uniche persone che potevo vedere erano i miei genitori e mia sorella. In poche parole la mia vita è cambiata radicalmente. Pensavo che questo virus si sarebbe preso il mio tempo, la mia adolescenza, la mia vita.
Caro diario, io non volevo farti diventare triste, volevo solo sfogarmi …
Speriamo che tutto questo finisca presto. “Ce la faremo?” come dicono tutti?
Tra due anni nel 2022 pensi che sarà tutto finito? Io sinceramente non ne sono tanto sicura …
Oggi andare a fare la spesa è stato praticamente un evento che mi ha spinta a raccontarti della tristezza e della solitudine di una quarantena forzata per proteggerci da un esserino invisibile, tanto piccolo ed al contempo tanto potente.
A presto caro diario, nella speranza di poterti raccontare solo di gioia, sorrisi e abbracci … quelli veri! Non quelli dati con lo sguardo o con la mano stretta in un pugno.
Tua Aurora
‘’Rassegnàti. Lo racconteremo così ai nostri figli.Se nel 2020 abbiamo incontrato la paura, il 2021 resterà l’anno in cui, alla fine, ci siamo rassegnati. Abituati a fare passi solo se ben ponderati. Al pranzo di Natale con il tampone, al compleanno con la mascherina. Ma troppo facile dire di nuovo che siamo noi, generazione Z, ad aver pagato il prezzo più alto dell’anno andato male. Lo si è detto troppo. E a sottolinearlo sono stati soprattutto i più grandi. Madri e padri che dietro il mantra della generazione persa hanno continuato a combattere le loro di battaglie. In pochi, al di là del dire «poverini», hanno provato veramente ad ascoltarci.’’. Così ho letto sul profilo Instagram del Corriere.
Da gennaio duemilaventi abbiamo dovuto imparare a convivere con il virus, cosiddetto Covid-19, che ci ha negato qualsiasi tipo di socialità. Didattica a distanza, vita sociale azzerata e impossibilità di costruire relazioni e di visitare posti nuovi, hanno caratterizzato la vita degli adolescenti negli ultimi undici mesi. Misure, seppur giuste per contenere il contagio da Covid-19, che però non risparmiano ripercussioni sulla psiche e nella vita di molti adolescenti, fase già di per sé complicata e caratterizzata da transizioni nuove e complesse. Siamo in un momento storico che noi adolescenti non dimenticheremo facilmente: ci è stata negata la libertà di un abbraccio, di una carezza, di un sussurro all’orecchio, le mascherine coprono i nostri sorrisi, ormai da tempo e chissà ancora per quanto lo faranno. Siamo tutti più tristi e turbati da questa situazione molto precaria dalla quale non si sa quando usciremo ma, quando sarà, affronteremo sicuramente ogni singolo giorno con un atteggiamento diverso rispetto a quello di qualche anno fa perché, o per merito o per demerito, dalla pandemia abbiamo capito che dobbiamo apprezzare di più ogni minima cosa.
Personalmente sono cresciuta all’interno del mondo associativo ed ho sempre partecipato a tutte le attività proposte, ho sempre fatto parte della grande famiglia dell’Azione Cattolica, prima dell’ACR e poi dei Giovanissimi. Il momento della riunione era l’appuntamento che settimanalmente permetteva di incontrarci per riflettere su tematiche vicine a noi ragazzi, ma soprattutto per vivere in spensieratezza insieme ai nostri amici. Il momento davvero importante era al termine dell’anno sociale: il cosiddetto campo estivo. Riuniva tutti noi ragazzi nella casa parrocchiale di Gambarie dove vivevamo un’esperienza straordinaria di coabitazione e convivialità per sette giorni, a fine luglio. Purtroppo il Covid ha messo fine a queste esperienze che ci arricchivano tanto: le realtà associative hanno subito una battuta d’arresto, brusca e traumatica.
E’ pur vero che, grazie alla tecnologia, possiamo fare incontri su Zoom, su Whatsapp, su Meet e su tante altre piattaforme, ma nulla può sostituire la naturalezza di un abbraccio o di uno sguardo, il calore di un sorriso donato e ricevuto... insomma siamo tutti più poveri a causa di questo maledetto virus che, lungi dallo scomparire, continua a farci tremare di paura e, purtroppo, ultimamente cammina sulle gambe di noi ragazzi che potremmo essere veicolo inconsapevole di infezione per i nostri parenti più cari, soprattutto quelli più anziani che continuano a rimanere sempre la categoria più a rischio di tutte.
Il Covid ha ridotto qualsiasi forma di associazionismo e questo ha gravato, grava e graverà molto sulla salute di tutti noi ma specialmente sulla salute dei miei coetanei che, come me, non possono vivere uno dei periodi più belli della propria vita serenamente come hanno fatto i nostri genitori e, un tempo, i nostri nonni. Abbiamo il terrore di andare a casa di amici stretti per paura di infettarci, abbiamo paura di abbassarci la mascherina, abbiamo paura di una stretta di mano tanto che ormai ci si saluta solo da lontano con un sorriso abbozzato dietro la mascherina. Restiamo la generazione dei sogni in tasca, dei momenti rinviati, dei viaggi posticipati a data da destinarsi. La generazione con i sogni appesi a un filo.
Sicuramente avremo imparato che nella vita possono esserci momenti di fragilità e di ‘’stop’’ per ciascuno di noi ma non per questo bisogna arrendersi e che, soprattutto, ci possono essere delle strade alternative che mai avremmo probabilmente intrapreso. Mi piace trarre il buono da ogni situazione, anche la più complicata, e devo dire che il Covid comunque ci ha insegnato che, se puoi sognarlo, puoi farlo. E’ proprio così: se vuoi, puoi accorciare le distanze componendo un numero di telefono e facendo una chiacchierata con un’amica, collegarti su Zoom per partecipare alla vita associativa. L’unica arma che ci aiuterà a sconfiggere la paura è la fantasia nel trovare sempre modalità diverse per stare insieme anche se fisicamente lontani.
Il calore di un abbraccio,
il bacio di chi ti vuole bene,
sono come un seme che oggi non più ci appartiene.
Manca il respiro
l'aria viene meno,
desideriamo solo un futuro più sereno.
Stiamo parlando di una guerra?
Non vi sono soldati a terra!
Si tratta di un virus
che ha rubato a molti la vita:
non ho mai visto una strada così in salita.
Vogliamo sentire il profumo di una nuova stagione,
che si colora di una ritrovata emozione,
le scampagnate fra amici
e le passeggiate in bici.
A cosa serve respirare se poi manca la libertà?
Rivogliamo indietro la nostra felicità.
Milano, 15 novembre 2027
Erano settimane che cercavo di ignorare le vecchie enormi scatole che mia madre mi aveva spedito dopo il trasloco. Ero emozionatissima! Mi ero trasferita a Milano da quasi due mesi per frequentare l’Università dei miei sogni, la “Bocconi”, e conseguire la laurea magistrale in Economia e Management. Avevo rimandato il più possibile, ma era arrivato il momento di sistemarmi definitivamente. Dopo poco più di due ore avevo svuotato metà delle scatole e immersa tra pile di vestiti, libri da leggere e una montagna di cianfrusaglie, che occupavano tutto il piccolo monolocale, decisi che era giunto il momento di una meritata pausa. Avevo appena preparato un tè, quando, tutto ad un tratto, notai una scatola più piccola delle altre, ai piedi del tavolino nuovo. Non ci avevo fatto caso, ma c’era scritto qualcosa, probabilmente una dedica da parte di mia madre:
Troppo curiosa aprii la scatola, che scoprii custodiva i miei ricordi: album di fotografie, il primo tutù di danza classica, i miei braccialetti dell’amicizia, tutto mi fece provare un senso di nostalgia. In fondo c’era persino il mio caro diario, che mi aveva accompagnato per tutta l’adolescenza. Non ho potuto evitare di aprirlo e sono stata travolta da una marea di emozioni, da cui mi sono fatta trasportare. In particolare, la pagina che mi è subito balzata agli occhi risale al giugno 2021, circa sette anni prima, che non posso fare a meno di leggere:
Reggio Calabria, 29 giugno 2021
Caro diario,
dopo molto tempo, posso finalmente dire che oggi è stato un giorno bellissimo.
È trascorso poco più di un anno da quando è scoppiata la pandemia da Covid-19 che, cogliendoci del tutto impreparati, ancora ad oggi continua a mietere vittime, facendoci convivere con la paura di essere contagiati.
Moltissime sono state le sfide che abbiamo superato, a partire dal Lockdown sino alle rigide restrizioni, grazie alla volontà comune di porre fine a questa tragica situazione. In particolare, abbiamo riposto la nostra speranza nel vaccino anti-covid, che sembra attenuare i sintomi, senza tuttavia garantire una protezione totale dalla malattia.
Ma, nonostante i progressi della scienza, per me è stato un anno molto difficile. Sapevo che non sarebbe tornato tutto come prima ma speravo che, dopo i mesi iniziali, la situazione migliorasse. A differenza delle mie aspettative non abbiamo frequentato le lezioni in presenza fino al mese di maggio, quando siamo finalmente tornati tra i banchi di scuola. È stato molto emozionante poter rivedere i miei compagni e i miei amici, in particolare Arianna e Sofia, a cui sono molto legata. Sono proprio loro le artefici della mia felicità oggi! Abbiamo infatti trascorso una giornata fantastica: ci siamo incontrate nel pomeriggio sul Corso Garibaldi, abbiamo fatto una splendida passeggiata e un giro per i negozi. Siamo poi andate a prendere un gustoso gelato da Cesare e infine siamo giunte in riva al mare. Sembrava di essere tornati alla normalità, c’erano bambini che correvano e giocavano con gli aquiloni mentre i loro genitori cercavano invano di tenerli a bada. Quanto a noi, ci siamo divertite moltissimo, mi sembra ancora di sentire le risate di Sofia quando Arianna è accidentalmente caduta a riva, bagnandosi completamente. E’ stata una giornata che difficilmente potrò dimenticare, in quanto dopo moltissimo tempo mi sono sentita libera, spensierata, proprio come dovrebbe sentirsi una ragazza di 15 anni quotidianamente. Mi rammarica sapere che mai nessuno mi ridarà la mia adolescenza, che sembra debba convivere con questo virus, che tuttavia mi ha insegnato una cosa importantissima, apprezzare le piccole cose, come ad esempio le risate tra amiche o una passeggiata con mia sorella.
Un respiro
Un respiro
Tutto è un respiro!
Un respiro è tutto!
Oggi
manca il respiro al corpo
annientato da un esserino
manca il respiro all'anima
chiusa in una stanza
manca il respiro al cuore
privato dell'abbraccio
Manca il respiro.
Mentre l’uomo combatte
contro un piccolo forte virus
la natura
almeno
si fà un respiro
Lui è chiuso in casa
senza poter inquinar l'ambiente
E l'ambiente si rigenera
un ambiente di una volta oramai perduto
si fà un respiro
Ma una volta finito tutto?
si tornerà a cacciar gli animali?
si tornerà a tagliar gli alberi?
si tornerà a sporcar gli oceani?
chi vivrà vedrà…
ma per ora
si fà un respiro
Con la speranza
di poter tutti
e tutto
tornare a respirare.
20 febbraio 2020, giovedì Reggio Calabria
Caro diario,
è tutto così assurdo, davvero sto per instaurare una conversazione tra me, una penna bic quasi scarica e un vecchio diario di Violetta risalente agli anni delle elementari?
Ho bisogno di sfogarmi “tra me e me”, con qualcuno che non stia dietro uno schermo e che non mi risponda con un misero “Mi dispiace” o “Ti capisco”.
Perché, diciamocelo, le risposte più significative sono quelle che ci diamo da soli.
Ero seduta a tavola con la mia famiglia, seguivamo il tg, quando hanno annunciato che un virus mortale e molto contagioso era sbarcato in Italia.
Un virus che ha un nome e un “volto”: Covid19.
Siamo rimasti a bocca aperta.
Vorrei spiegare a parole il brivido che mi è salito lungo la schiena, il mio stomaco che piano piano si chiudeva e il terrore di prendere il virus, o peggio, di trasmetterlo ad altri.
L’idea di far cessare una vita: era questo che mi tormentava.
Lo faceva in punta di piedi, ma emettendo un rumore assordante.
5 marzo 2020, giovedì Reggio Calabria
Caro diario,
i contagi si estendono a macchia d’olio e ci sono stati i primi decessi.
Gli esperti affermano che questo virus colpisce maggiormente gli anziani o chi ha già patologie gravi, almeno per ora.
Per contenere questa devastante ondata, il governo ha emanato un DPCM con la disposizione di chiudere tutte le scuole per dieci giorni.
E se per un attimo ho pensato che non sarebbe stato poi così male, che avrei potuto mettere da parte i libri e godermi un po’ di riposo, vorrei rimangiarmi tutto.
Il Covid19 sta iniziando a privarci delle nostre libertà…
11 Marzo 2020, mercoledì Reggio Calabria
Caro diario,
la situazione continua ad aggravarsi.
Da oggi siamo ufficialmente in “lockdown nazionale”.
Siamo segregati in casa, chiusi come topi dentro le nostre quattro mura, senza sapere quando, come e se ne usciremo.
Non posso fare le mie lunghe passeggiate, camminare finché non mi sento più le gambe mentre, con le cuffie alle orecchie, confido tutti i miei problemi ai miei cantanti preferiti.
Non posso andare per negozi, né vedere i miei amici, e tutto nel fiorire della mia adolescenza.
È assurdo pensare che l’uomo, che tanto si sente potente, sia messo in ginocchio da un male invisibile…
15 marzo 2020, domenica Reggio Calabria
Caro diario,
il virus ha toccato ogni parte del pianeta: è iniziata una vera e propria pandemia.
Ormai conosco a memoria tutti gli angoli della mia casa, gli innumerevoli libri di mio fratello e, per la noia, mi sono messa a contare quante perle ha la collana di mia mamma. Per la cronaca: ne ha 26.
Per provare a distrarmi, ho tentato di guardare qualcosa in TV, ma non è servito: solo strade deserte, serrande dei negozi abbassate e grandi monumenti privi dei loro turisti.
È come se il mondo intero fosse in stand-by.
28 marzo 2020, sabato Reggio Calabria
Caro diario,
in questi giorni ho toccato il fondo.
È il sabato sera meno entusiasmante della mia vita.
Non sono su una panchina a mangiare un panino e a sganasciarmi dalle risate con i miei amici, come generalmente accadeva.
Al contrario, sono chiusa in camera mia, in pigiama e con i capelli spettinati, con l’umore sottoterra.
Ho perso il conto delle volte che mi sono guardata allo specchio, cercando quel mio inconfondibile e smagliante sorriso, che oggi riavere mi sembra un’utopia.
Come se ciò non bastasse, il clima in casa si fa sempre più pesante: c’è parecchio nervosismo e ciò mi porta a starmene chiusa nella mia camera, chiudendomi di conseguenza anche in me stessa.
Sono molto angosciata, spero vivamente che questa situazione migliori…
20 maggio 2020, mercoledì Reggio Calabria
Caro diario,
è trascorso ormai più di un mese.
È arrivata la primavera, e con questa anche delle buone notizie.
Dopo mesi finalmente sono cadute alcune restrizioni, tra cui il lockdown.
Non si può ancora fare granché, solo piccole ed essenziali uscite.
Ma sai cosa? Mi accontento, perché la gioia di poter nuovamente uscire a prendere una boccata d’aria, ammirando i variopinti fiori primaverili, è molto più grande di qualunque restrizione!
20 febbraio 2022, domenica Reggio Calabria
Caro diario,
ne è passato di tempo.
Oggi, esattamente due anni fa, scoppiò l’emergenza pandemia.
Sono cambiate tante cose, sai?
Possiamo dire che c’è stato un piccolo ritorno alla normalità e, specialmente grazie all’avvento dei vaccini, la sicurezza è lievemente aumentata.
Ma soprattutto è cambiato il mio modo di vedere quest’emergenza: per quanto oppressivo e stancante, penso che questo virus ci abbia insegnato l’importanza delle piccole cose, ma anche la fugacità di esse.
Ci siamo scoperti più vulnerabili, ma questo non è necessariamente un aspetto negativo: la solitudine durante il lockdown e il restare faccia a faccia con le mie paure mi ha aiutata a scoprire me stessa, a guardarmi dentro.
Insomma, due anni fa fummo costretti a compiere tanti sacrifici, che in un certo senso ci hanno ripagato.
Ma il forte bisogno di ricominciare a vivere, quello è impagabile.
Un momento di intensa comunione ecclesiale ha riunito la comunità diocesana di Reggio Calabria –
Ritorna a Ecojazz dopo 10 anni dalla sua ultima esibizione nel 2015 coinvolgendo gli spettatori
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