Avvenire di Calabria

Preparati ma disoccupati

Tante competenze, poco lavoro

Davide Imeneo

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Certe volte verrebbe voglia di non leggere i giornali, specie quando si parla di disoccupazione giovanile e di difficoltà, anche estreme, che in Italia gli stessi giovani incontrano per trovare un lavoro che risponda, almeno a grandi linee, a quanto hanno studiato alle scuole superiori o all’università. Ad esempio la scorsa settimana sono stati resi noti i dati Eurostat sulla disoccupazione giovanile nel nostro continente: tra i 15 e i 24 anni, cioè nell’arco dell'età in cui il 60-70% dei ragazzi frequentano una scuola superiore e poi tra loro una metà circa si iscrive all’università, oltre al rimanente che si cimenta invece con i corsi di formazione professionali regionali e le scuole tecniche, si registra un 37,9% di disoccupati.
Vuol dire che 4 ragazzi e ragazze su 10 con un diploma o una laurea triennale “sono a spasso”, un po’ disperati, un po’ aiutati dalle famiglie a tirare avanti, sperando che prima o poi un posto salti fuori. Stanno peggio (questo non ci deve consolare, ovviamente!) Grecia e Spagna che hanno un tasso di disoccupazione giovanile rispettivamente del 48,6 e del 46%: in Grecia un giovane su due è senza lavoro, un vero dramma. Ma se siamo terz’ultimi nella graduatoria e non gli ultimi, c’è chi sta decisamente molto meglio: i primi infatti sono Germania (7%), Danimarca (10,3%), Austria (11,2%), Gran Bretagna (13,5%) e così via. Questo significa che in Germania meno di 1 giovane su 10 è disoccupato.
L’Eurozona ha una media del 22% di giovani disoccupati, che è pur sempre metà della nostra. E questo ci dovrebbe far pensare, perché su 27 Stati, noi con Spagna e Grecia siamo agli ultimi posti. I “soliti” paesi mediterranei, qualcuno potrebbe dire, a cui piace fare la bella vita, godersi il sole! In realtà, se anche ci fossero fattori meteorologici che influenzano i comportamenti e le attitudini lavorative, la verità per cui da noi si fa così fatica a creare lavoro per i giovani forse risiede in un altro fattore di notevole portata: la nostra scarsa conoscenza della matematica e delle discipline scientifiche correlate.
Ed è proprio in questo ambito di conoscenza che si deve garantire ai giovani Italiani una preparazione migliore. Sarebbe sufficiente rompere una specie di coltre di sicurezza, uscire dal limbo della nostra indubbia eccellenza nella cultura umanistica, storica e filosofica (oltre che religiosa), e gettare i nostri giovani nella mischia delle discipline matematiche-fisiche-statistiche e informatiche; o per lo meno incoraggiarli maggiormente a farlo. Perché se è certamente un bene difendere ciò che finora ci ha contraddistinto (il nostro amore per l’umanesimo), non dobbiamo tuttavia disprezzare e disinteressarci di dove sta andando il mondo: un’informatizzazione sempre più complessa e profonda.

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