Avvenire di Calabria

Arrestato il superlatitante della cosca Romeo di San Luca

«Prima o poi doveva succedere», la resa di Giorgi [DETTAGLI]

Federico Minniti

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Dopo ventitré anni finisce la latitanza di Giuseppe Giorgi, 56 anni, alias "U Capra", primula rossa del clan Romeo di San Luca (Reggio Calabria). Il blitz dei carabinieri è scattato intorno alle 3.30 di ieri, quando gli uomini dello squadrone Cacciatori di Reggio Calabria hanno fatto irruzione nell'abitazione della famiglia Giorgi nella loro San Luca. Quasi cinque ore di ricerca con la convinzione di scovare l'uomo invisibile della 'ndrangheta inserito nell'elenco dei cinque latitanti più pericolosi di Italia, al pari del capo della cupola di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, del baby-boss della camorra, Marco Di Lauro e di Rocco Morabito, figlio di "u tiradrittu". 

Un capo-bastone che seppur aveva perfettamente interpretato la nuova strategia "di immersione" della 'ndrangheta, non si era sottratto alle logiche del controllo sociale che le cosche operano sul proprio territorio decidendo di trascorrere la sua latitanza nel suo paese natio. Lo sapevano bene i militari - che erano alle sue calcagna dall'ottobre 2016 - che hanno continuato a cercarlo nonostante i primi tentativi andati a vuoto. 
Alle 8.15, Giuseppe Giorgi si è consegnato ai carabinieri: era nascosto dentro un bunker sopra il camino della cucina dell'appartamento della figlia. "Basta, sono qua. Mi avete trovato". A stringergli le manette ai polsi il comandante del reparto operativo, Vincenzo Franzese, che ha condotto l'indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.  Era in pigiama e disarmato, Giuseppe Giorgi: "Prima o poi doveva succedere" ha detto il latitante alle figlie, prima di rivolgere i suoi complimenti ai militari: "Siete stati bravi". Dal 1994 ad oggi Giorgi, secondo la ricostruzione di diversi collaboratori di giustizia, avrebbe svolto le funzioni del cassiere della 'ndrina dell'Aspromonte: un ruolo delicatissimo conferitogli in virtù della sua "dote" di 'ndrangheta capace di gestire ingenti affari anche nel nord del Paese e in Germania.  
 
"I clan devono capire che non c'è margine di collaborazione con lo Stato - ha dichiarato il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho - gli 'ndranghetisti devono solo rassegnarsi e deporre le armi". Nella casa di Giorgi sono stati rivenuti in un intercapedine ben 157mila euro in contanti. Il capo della Dda reggina ha poi rivolto un pensiero alle giovani generazioni: "I figli di ‘ndrangheta devono capire che alla fine ci sono solo due possibilità, l’arresto o la morte violenta in un conflitto con altri clan". 
 
La cosca Romeo, detti "staccu", sono storicamente in combutta con i Pelle, detti "vancheddi", e i Vottari, con cui è in corso una sanguinaria faida che ha avuto il suo culmine con la strage di Duisburg. Sull'arresto è intervenuto anche il ministro dell'Interno, Marco Minniti: "È un grandissimo successo investigativo che conferma il quotidiano impegno sul fronte della criminalità organizzata delle forze di polizia e della magistratura". Giorgi dovrà scontare 28 anni e 9 mesi di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Non solo droga, però, nel business del latitante d'oro dei sanluchesi: sempre un pentito, Francesco Fonti, ha riferito che Giuseppe "u capra" avrebbe preso parte allo smaltimento dei rifiuti tossici nel Mediterraneo mediante le navi dei veleni affondate dinnanzi alle coste calabresi.  
 
Un arresto significativo, messo a segno nel giorno della Festa della Repubblica italiana, seppure mentre Giuseppe Giorgi usciva di casa non sono mancati i gesti di referenza nei suoi confronti da parte dei concittadini, tra cui un vicino di casa che avrebbe addirittura baciato la mano al latitante consegnato alle patrie galere dai carabinieri.

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