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In occasione della giornata del primo maggio, festa dei lavoratori, che si celebra oggi, vi proponiamo la storia di Antonio Laganà, ex operaio Alival di Reggio Calabria, l’azienda del settore lattiero-caseario che ha chiuso i battenti più di un anno fa, dopo il passaggio alla multinazionale Lactalis.
Nel racconto di Antonio c’è il dramma di chi si trova, dall’oggi al domani, il cancello sbarrato dello stabilimento in cui «hai dedicato gran parte della tua vita, non solo professionale», afferma. Ma anche la necessità di doversi rimettere nuovamente in gioco, non senza sacrifici, «anche quando il mercato del lavoro ti giudica ormai un “fuori quota”».
Ricollocarsi sul mercato del lavoro a cinquant’anni è senza alcun dubbio una sfida. Antonio Laganà, operaio specializzato del settore caseario di Reggio Calabria ne sa qualcosa. Il 31 marzo del 2023, il caseificio in cui ha trascorso ben tre decenni della sua vita professionale, crescendo e maturando in esperienza e competenza, ha chiuso.
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«Ho iniziato quando avevo soli 19 anni, in trent’anni - racconta - ho assistito ai vari passaggi societari: da Caseificio Pratticò a Fattorie del Sole, ad Alival, fino all’ultima acquisizione da parte della multinazionale Lactalis». Un anno e due mesi fa si è trovato a un bivio, restare senza lavoro o partire portando con sé parte della sua famiglia e il suo know-how altrove. La decisione non è stata semplice.
«Ho scelto di continuare a svolgere l’attività che meglio so fare. Mi sono trasferito a Pavia. Ora lavoro nello stabilimento Galbani. Il mio lavoro è lo stesso, ma ho dovuto cambiare città e contesto di vita», prosegue Laganà. Nonostante le difficoltà di chi è costretto a cambiare paradigma, il trasferimento non ha inciso sulla sua capacità di riadattarsi alla nuova dimensione lavorativa. «La mia condizione è sicuramente diversa da chi si trasferisce al nord in cerca di fortuna all’età di vent’anni per fare esperienza. Io sono arrivato a Pavia con un bagaglio professionale già acquisito e maturato nella mia città.
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Non ho avuto alcun problema ad inserirmi nel nuovo contesto di lavoro e sono stato anche accolto bene», afferma. A specifica domanda, cosa si prova da sud a portare la propria professionalità al nord, ribaltando quello che solitamente è un cliché fatto di tanti pregiudizi, Antonio afferma: «tanto orgoglio e soddisfazione. Significa che anche in Calabria la formazione e la professionalità esistono».
Certo, pesa la distanza dai propri affetti («ho lasciato due figli di 21 e 18 anni»), dagli amici, dal mare dello Stretto. «A Reggio avevo anche acceso un mutuo per acquistare finalmente casa. L’ho venduta per investire dove sono ora», dice. «Perché non ho pensato di rimettermi in gioco nella mia città?
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Purtroppo - spiega - conosciamo la realtà. Eppure ci sarebbero tutte le condizioni per creare opportunità lavorative. Serve volontà politica, è inutile ripeterselo». Quindi il messaggio di Antonio rivolto ai “fuori quota” del mercato del lavoro: «non bisogna mai smettere di lottare. Mai demoralizzarsi se hai le competenze necessarie. È quanto voglio condividere in vista del primo maggio, giornata in cui un pensiero va inevitabilmente a tutti quei padri di famiglia rimasti improvvisamente senza lavoro».
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