Avvenire di Calabria

Quaresima: solo chi spera può dire «lascialo ancora»

Il Vangelo della terza domenica di Quaresima ci porta a meditare sulla possibilità di dare il meglio di noi stessi

di Danilo Latella

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Dio si ricorda di noi, non ci abbandona, non dimentica ciò che ha piantato è il messaggio della terza tappa di Quaresima

Dove sei? Dov’è il tuo frutto? Non siamo piante da salotto noi…nessuno di noi. Siamo stati creati per portare frutto, è questo che rende feconda la nostra vocazione: portare frutto. Deve morire il fiore però…deve morire per portare frutto! A volte ci si lascia affascinare dal fogliame, “ah quante foglie!”, e il frutto? La speranza nascosta dov’è? Io per primo lo vedo questo frutto? Ci credo, ci spero? Il Vangelo della terza domenica di Quaresima ci porta a meditare sulla possibilità di dare il meglio di noi stessi. La parola speranza infatti si ricollega al latino spes, a sua volta dalla radice sanscrita spa- che significa “tendere verso una meta”, come il fico che deve tendere a portare buon frutto, come noi a dare il meglio.



Spesso sfruttiamo il terreno. Sfruttare il terreno significa che l’abitudine ci ha allontanati dalla Verità di noi stessi: io oggi che albero sono? Quante volte ho rischiato di sfruttare il terreno per fare solo foglie!? Ma l’amore, Dio, fa di tutto per spronarci a dare ancora frutto, non sopporta vederci infruttuosi. Come se oggi ci dicesse: “Non sfruttate il terreno, ti prego…oggi il terreno è quella terra che ti dona vita, le tue motivazioni, le tue relazioni, le persone che ti amano, fai di un tesoro prezioso il terreno della tua vita”.

Dio si ricorda di noi, non ci abbandona, non dimentica ciò che ha piantato, Dio non si è dimenticato di me, di te. Su tanti di noi, probabilmente, Gesù ha detto e dice al Padre: «lascialo ancora quest’anno». “Lascialo ancora…Dagli un’alta possibilità”. Non lo dimentichiamo che siamo stati lasciati ancora, non siamo stati cacciati, tagliati, sradicati, rifiutati. Dio ha trovato nuove situazioni e persone attraverso le quali ci ha lasciati ancora, chissà dopo quanti fallimenti ed esperienze infruttuose della nostra vita e fede! Gesù si prende carico, cura e anche la responsabilità di questo albero cocciuto che siamo noi: «lascia io gli zappi, io vi metta il concime». Il nostro Maestro, il «Frutto benedetto», fatto uomo, comprende cosa significa per noi affrontare la fatica del portare frutto, ed è per questo che ci accompagna «ancora un anno». L’amore è paziente, è misericordioso, è speranzoso.

Dobbiamo essere felici della nostra vocazione, non possiamo non esserlo, nonostante tante vicende ci rendono infruttuosi. Siamo chiamati ad essere anche noi, per ogni persona che incontreremo nella vita, come quell’agricoltore che dice «lascialo ancora» e che con pazienza si prendere cura di chi gli è affidato. L’anno giubilare è questo, un tempo di speranza in cui tutti impariamo la logica del lascialo ancora un anno.


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Quante volte la nostra Madre del Cielo avrà detto: “lascialo ancora, sono certa si convertirà”. La sua intercessione è proprio questa: chiedere al Buon Dio che non smetta mai di essere Padre di Misericordia. Nell’Anno santo della Speranza questo Vangelo assume davvero un significato forte perché solo chi spera può dire «lascialo ancora».

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