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Caivano e dintorni: sui ragazzi difficili non servono proclami, ma unità d'intenti da parte degli adulti. Tra questi c'è una categoria che ha il dovere di prendersi cura dell'educazione, oltre che il sapere: gli insegnanti.
“Settembre è il mese dei ripensamenti” cantava un noto cantautore italiano. Ma è anche il mese della ripresa, del riavvio: del lavoro, certamente, della scuola senza dubbio. Si tratta di un appuntamento che la società civile vive come un rituale doveroso, le famiglie con entusiasmo e un po' di apprensione, i mezzi di comunicazione con grande attenzione.
Ogni avvio della macchina scolastica sembra essere accompagnato da specifici problemi che rispecchiano la situazione storica, le difficoltà delle società che, attraverso, l'apparato educativo, creano le condizioni per il proprio futuro. Ma ogni anno, appunto, si pongono come urgenti questioni lievitate nel tempo ma improvvisamente rivelatesi come non più procastinabili.
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L'estate che ha preceduto questo settembre è stata da bollino rosso e non solo sul piano climatico. Un'estate 2023 che ha segnato impennate statistiche sul piano della violenza di genere e giovanile e che non ci ha liberato dall'incubo della guerra.
E se è doveroso nonché urgente il travaso ragionato dalla cronaca al legislatore, ancor più doverosa ed urgente è la programmazione di un piano educativo ampio, integrato, non parcellizzato da istanze ideologiche.
Attenzione, dunque, alla geografia, ai luoghi con le loro specificità culturali, al tessuto sociale da rispettare ma da sostenere nella crescita e nel raggiungimento di un comune senso civile, di cittadini appartenenti, tutti, ad uno stato democratico. Se le norme parlano di dignità, di diritti, di accoglienza, di rispetto reciproco e delle altrui diversità occorre che si realizzi un progetto educativo che corrisponda, negli intenti e nell'agire, a tutto ciò.
Se vogliamo che non si faccia più la conta quotidiana degli atti di violenza occorre lavorare da subito e a livelli diversificati, convinti che l'educazione al riconoscimento dell'altrui dignità non inizi soltanto nella preadolescenza o appena dopo.
Inizia da oggi: nelle famiglie che vanno attenzionate e sostenute perché non sempre hanno gli strumenti per agire in modo armonico sul piano educativo; nelle scuole dell'infanzia e primarie dove si assestano quei mattoncini della crescita su cui i successivi gradi del sistema educativo andranno a costruire.
Educazione integrata significa che tutti gli adulti, in ogni momento di esposizione al rapporto con minori – anche semplicemente casuale - si sentano educatori impegnati in un dovere di trasmissione valoriale chiara e coerente.
Come nella scuola tutti gli adulti (non solo gli insegnanti) sono chiamati a non tradire mai il patto educativo, così anche per le strade, nei negozi, sul tram, nelle palestre, negli oratori, la persona “grande” non deve dimenticare che un suo gesto, una sua parola può lasciare il segno, depositarsi nel bene e nel male nella mente di una bambina o di un bambino, collaborando a rendere sistemico un comportamento.
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Il rispetto per la dignità propria e degli altri non si insegna soltanto attraverso lo studio e la lettura cui va il riconoscimento di essere strumento di riflessione e di autocoscienza: l'avvio del processo è nell'infanzia, nelle parole usate dagli adulti per raccontare la realtà, nei loro comportamenti.
Quest'anno, dunque, il “buon anno” va proprio a tutti, perché ne abbiamo bisogno; e che le chances di una vita serena siano, per il prossimo futuro, disponibili per ogni bambino di oggi.
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