Avvenire di Calabria

Povertà voluta dai poteri forti. Così lo sviluppo è stato cancellato nel silenzio totale

Recovery, attenzione alle solite ”distrazioni” economiche

Antonino Gatto *

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Dopo la stagione aurea della politica meridionalistica degli anni ’50 avviata con la costituzione della Cassa per il Mezzogiorno e conclusa con la sua abolizione, la questione meridionale è stata di fatto “cancellata” dall’agenda politica nella convinzione della convenienza a concentrare risorse nella parte più’ produttiva del Paese il cui sviluppo avrebbe indotto, per trascinamento, anche quello del Sud destinatario, piuttosto, di interventi a prevalente contenuto assistenzialistico rispetto a quello più impegnativo della crescita economica, umana e sociale. O nella illusione che la politica regionale europea avrebbe consentito alle regioni meridionali di farsi protagoniste di una nuova strategia di sviluppo. Scegliendo, di fatto, di far “galleggiare” il Sud nella sua condizione di minorità senza eccessivespinte propulsive di progresso, rispondendo più a domande particolari che all’offerta di beni collettivi. Col risultato che in termini di Pil pro-capite il divario tra Sud e Centro-Nord è oggi maggiore rispetto a quello degli anni settanta.

Ovvio che il Mezzogiorno non è oggi una realtà uniforme. Si segnalano anche fenomeni di eccellenza puntiforme. Ma è nel suo insieme che la struttura su cui poggia manifesta ataviche ed intollerabili debolezze in termini di quantità e qualità dei servizi, di dotazione di infrastrutture materiali ed immateriali, di tecnologia, di capacità innovativa, di accumulazione di capitale fisico e umano, di strutture di ricerca, di qualità del sistema universitario, di robustezza del sistema produttivo.

È significativo, ad esempio, che i ricercatori e scienziati che quotidianamente vediamo in televisione commentare l’andamento e le problematiche dell’epidemia Covid 19 siano tutti impegnati in strutture di ricerca collocate al Nord d’Italia, fatta eccezione per lo Spallanzani di Roma. E mi domando quanto tempo ancora ci vorrà per attenuare il gap tra quelle realtà ed il “deserto” dell’intero Mezzogiorno se non si comincia fin da ora a programmare anche al Sud centri di eccellenza e strutture di ricerche di tecnologia avanzata di quel livello.

Mentre, altro esempio, fa riflettere il fattoche la Sicilia, unanimemente

riconosciuta come meta turistica d’eccellenza, registri annualmente meno di un quinto dei turisti che scelgono le Baleari.

Il che rimanda all’idea del ragguardevole giacimento di risorse inespresse e sottoutilizzate esistente nelle regioni meridionali in termini di patrimonio culturale ed ambientale, di buon vivere, di saper fare in agricoltura ed attività manifatturiere, oggi più di ieri accresciuto dai cambiamenti dei mercati indotti dalla globalizzazione, ancorché nel breve periodo frenata dalla pandemia da Covid. E la cui piena valorizzazione può rappresentare un volano di sviluppo non solo per l’economia meridionale ma anche per quella dell’intero Paese. E, quindi, alla considerazione che il Sud più che un problema possa rappresentare una nuova opportunità ed una risorsa. Poco valorizzata dall’Italia e dai suoi governi perché forse non capita e non capita perché “non è amata e stimata adeguatamente” come sottolinea Luigino Bruni.

L’occasione del Recovery Plan, senza farsi eccessive illusioni, potrebbe rappresentare l’occasione per un parziale cambiamento di paradigma rispetto al più recente passato, per porre le basi per l’avvio di un percorso virtuoso per la ripresa dello sviluppo del Mezzogiorno. Per la semplice ragione che un’economia meridionale stagnante «comprime il mercato domestico a danno anche dell’economia del Centro Nord” e che, pertanto, senza una sostenuta crescita del Mezzogiorno non è possibile “vero progresso per l’ Italia».

* Economista

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