Avvenire di Calabria

Ampia intervista all'economista romano, già Ministro del Lavoro e presidente dell’Istat

Recovery Fund e Calabria, Giovannini: «Puntare sulle rinnovabili»

Davide Imeneo e Federico Minniti

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Tutti parlano del Recovery Fund come scialuppa di salvataggio per l’economia italiana. Abbiamo chiesto a Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile e già Ministro del Lavoro e presidente dell’Istat, la sua opinione in merito con particolare riferimento alla questione- meridionale.

Recovery Fund: è davvero l’ultimo treno per il nostro Paese?
Penso che sarà molto difficile che si possa ripresentare un’opportunità di queste proporzioni, che consentirà investimenti in grado di trasformare il Paese e aiutarlo a superare l’attuale crisi. Per questo occorre una visione dell’Italia da qui a dieci an- ni, capire profondamente le necessità, comprendere la complessità degli interventi e procedere a progettare il futuro con un approccio sistemico. Non possiamo permetterci di sbagliare: lo dobbiamo ai giovani, su cui ricadranno le nostre scelte. La sfida è enorme, come la responsabilità nell’utilizzare tutte le risorse che mai come ora abbiamo a disposizione, tra quelle del Next Generation Eu e gli altri fondi europei e nazionali. E soprattutto essere coerenti con le richieste del progetto europeo, ad esempio riconvertendo i 19 miliardi di euro che ogni anno vengono destinati a sussidi dannosi per l’ambiente.

Quali sono i settori-chiave per la ripresa economica del Mezzogiorno?
Ridurre le disparità territoriali è una priorità espressa dalle recenti politiche, tra cui il Piano per il Sud 2030, che contempla diversi aspetti e missioni concrete per un rilancio dei settori chiave dell’economia e si potrà contare su risorse per la riqualificazione o la creazione di infrastrutture, il rilancio della formazione, della ricerca e della creazione di impresa anche in coerenza con gli assi portanti del Green Deal. A questo proposito, secondo il Rapporto ASviS sui Territori, che abbiamo presentato il 15 dicembre, la Calabria in particolare evidenzia un netto miglioramento nel settore delle energie rinnovabili, superiore alla media nazionale. Fondi per il Sud sono previsti anche nel Pnrr, come aveva richiesto l’ASviS, ma serve programmare investimenti con una visione di medio e lungo termine.

Quanto può incidere negativamente l’attuale crisi di governo nella programmazione del Recovery Plan? In soldoni: l’Italia rischia di perdere risorse a causa dell’instabilità politica?
Certamente la crisi politica non fa bene al Paese, in particolare in un momento tanto delicato, sia perché le persone sono provate dall’emergenza pandemica, che ha acuito le disuguaglianze e reso fragile l’equilibrio sociale, sia perché rischia di fare perdere di vista le reali priorità, come l’opportunità storica che abbiamo per creare un Paese più giusto e meno vulnerabile. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza deve essere affinato sotto molti aspetti se vogliamo rispettare le linee guida europee e accedere alle risorse. Tutt’altro che scontate. Una cosa è certa, il Governo dovrà presentare un progetto che abbia una visione, obiettivi chiari e riforme da mettere in campo per produrre quel cambiamento necessario su cui poggiano i pilastri dall’azione europea. In caso contrario la nostra credibilità ne uscirebbe compromessa, oltre a vanificare il più importante sforzo cooperativo europeo.

Sviluppo sostenibile. Dall’austerity a una politica di investimento: è la strada giusta?
Sì. Per raggiungere uno sviluppo che sia sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale occorrono politiche coerenti e investimenti consistenti. Oggi abbiamo davvero la possibilità di farlo e di portare il nostro Paese su un sentiero di sostenibilità, considerato che il Next Generation Eu abbraccia proprio la logica dello sviluppo sostenibile ed è figlio dell’impostazione che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha voluto dare all’azione Unione in base alla direzione auspicata dall’Agenda 2030.

Evasione fiscale e debito pubblico sono le due palle al piede del nostro paese. C’è una ricetta per ridurre entrambi?
Purtroppo, molti auspicano un ritorno al passato senza ricordare che prima della crisi attuale avevamo 110 miliardi di evasione fiscale e un sommerso pari al 12% del Pil. Per questo sarebbe auspicabile che chi riceve contributi pubblici durante questa emergenza sia obbligato al rispetto delle regole e a subire sanzioni certe se colto a violarle nuovamente. Per quanto riguarda il debito pubblico dobbiamo essere consapevoli che qualsiasi decisione è destinata a ricadere sulle spalle delle generazioni future. E proprio in virtù del principio di giustizia intergenerazionale siamo obbligati a scelte di investimento responsabili.

A suo avviso, come e quanto intraprendenza/lungimiranza degli Enti locali sono importanti per l’utilizzo dei fondi straordinari scaturiti dall’emergenza?
Gli enti locali sono soggetti fondamentali nel processo di modernizzazione del Paese e nella definizione di politiche coerenti con le linee guida europee. La buona notizia, evidenziata nel Rapporto dell’ASviS sui territori, è che sempre di più le istituzioni locali stanno prendendo come riferimento per le loro strategie l’Agenda 2030 dell’Onu e i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, dimostrando una reale lungimiranza. Il piano d’azione mondiale è infatti una straordinaria guida per rendere le politiche integrate e coerenti, e questo la maggior parte degli amministratori locali lo ha capito e oggi sa di avere a disposizione una cornice strategica entro la quale agire per il conseguimento di uno sviluppo che sia sostenibile da tutti i punti di vista.

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