Avvenire di Calabria

La struttura conventuale, patrimonio del territorio reggino,una testimonianza di arte sacra

S. Maria di Trapezzomata, il Monastero da non dimenticare

S. Maria Assunta e suoi ruderi da salvaguardare

Renato Laganà

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Il monastero di S. Maria Assunta sorgeva in contrada Trapezzomata di Cataforio. Le antiche strutture murarie sopravvivono ancora all’interno di un’area di circa 6000 mq, all’interno delle opere di ingegneria del nuovo acquedotto che, collegato alla diga del Menta, consentirà tra qualche anno di approvvigionare la città di Reggio. I suoi ruderi costituiscono una delle testimonianze architettoniche più significative delle strutture conventuali diffuse nel territorio reggino nei secoli scorsi e la loro salvaguardia, per la quale insieme all’indimenticabile Giuseppe Taglieri ci siamo impegnati all’epoca della progettazione delle nuove opere idrauliche, deve ora trovare nuovi impulsi che consentano di arrestare l’inevitabile degrado cui sono soggette. Esso era sorto sulle rovine di un precedente monastero, dedicato a S. Eustrizio, che venne danneggiato da calamità naturali nel secolo decimo. La custodia del monastero era affidata ai monaci basiliani, come testimoniato dalle visite pastorali (anni 1457, 1571, 1595, 1682) degli arcivescovi reggini all’interno di quella che veniva definita “zona greca” della diocesi che comprendeva i centri di S. Agata, di Motta S. Giovanni, di S. Lorenzo, di Montebello e di Pentedattilo. Il sei agosto 1595, l’arcivescovo Annibale d’Afflitto, nel visitare “la gloriosissima” chiesa dedicata alla Vergine Assunta, riportava che l’abate e perpetuo commendatario era il cardinale Sfrondato che percepiva un reddito annuo di circa seicento ducati. Custodivano la chiesa e il monastero un frate Ludovico di S. Lorenzo e un frate Salvatore di Messina. Le strutture murarie del monastero con le celle dei monaci, “l’officina” e l’altare di S. Angelo risultavano a quel tempo dirute, necessitando di interventi di restauro. In dotazione alla chiesa risultavano oltre a “un quadro in tavola con un Deo Padre et Transfigurazione della Madonna, con diverse altre immagini di santi…” numerosi parati e paramenti sacri molti dei quali riportavano lo stemma del cardinale Carafa. Altri elementi importanti, annotati nel testo della Visita Pastorale, i “Libri dell’Abbazia”: “…un pezzo di tre mesi di Minii in stampa. Un altro pezzo di Minio a mano in pergamena. Un Anapistolario con un altro pezzo di Minio a mano. Un Messale alla greca. L’Epistole scritte a mano. Un pezzo di Sinaxario.U no Sticcherario. Homelie sopra l’Epistole. Un altro Messale romano. Doi Evangelii. Un Tipico, Una legenda di santi grande. Doi quadri del Salvatore e della Madonna in tavola……” Distrutto dal terremoto del 5 febbraio 1783, che rase al suolo la città di S. Agata, sulla riva opposta della omonima ffiumara, esso oggi appare ridotto a pochi ma significativi ruderi che sorgono su una vasta spianata che si affaccia, quasi a strapiombo, verso l’alveo fluviale. Dell’intera struttura sopravvisse la chiesetta, che dopo l’allontanamento dei frati, continuò ad essere oggetto di culto sino al terremoto del 28 dicembre 1908. Il dipinto su tela del XVI secolo, raffigurante la Madonna col Bambino con a sinistra S. Giovanni Battista ed a destra S. Basilio venne successivamente trasferito nella chiesa parrocchiale di Cataforio. Dell’antico monastero (ancora leggibile nell’impianto nelle immagini aeree) restano, ad ovest, accanto alla porta centrale d’ingresso e lungo un ambulacro di pochi metri, grossi avanzi di muratura. Ad esse nel corso degli anni sono state appoggiate piccole casette rurali. ‘ambulacro è sormontato da un arco a tutto sesto da cui si accede ad un corridoio ad esso perpendicolare che è la testimonianza dell’antico portico che si affacciava sul piccolo chiostro a Nord della chiesa. Al centro di questo spazio regolare c’è ancora una cisterna. Chiudeva il chiostro un muro, laterale alla chiesa, dove all’interno delle partizioni superstiti, sono leggibili due possenti finestre Verso la parte anteriore del muro, verso il brano di facciata, si accosta ad esso una partizione muraria più bassa che forma un angolo molto stretto. Il resto della chiesa è informe e tra i crolli parziali c’è tuttora una intricata vegetazione. Tuttavia è possibile interpretare l’orientamento della chiesa che aveva l’abside posta ad oriente. Partizioni murarie successive al terremoto si sovrappongono in parte alla chiesa e, dove era situato il Santuario, appare un angolo in forme rustiche. Il muro meridionale, delle stesse dimensioni di quello settentrionale, appare molto più basso. Le dimensioni desumibili dalle residue tracce murarie ci consentono di dedurre le dimensioni dell’edificio sacro che misurava m. 10,00 c. di lunghezza e m 9,00 di larghezza. La navata appare divisa dal santuario da due brevi pareti a mattoni semi dirute, sviluppandosi con una sporgenza di m 2.20 verso Nord, e di m.3,40 verso Sud, configurando un vano di m. 2,50 circa. A Sud della parete meridionale c’è un piccolo vano quadrangolare cui si accedeva da una apertura nei pressi dell’abside.

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