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Le carceri italiane esplodono tra problemi cronici e conseguenze della pandemia. Da una parte vi sono sovraffollamento, mancanza di personale, strutture fatiscenti, difficoltà per il personale medico, psicologi ed infermieri. Dall’altra, nonostante l’impatto della pandemia sia stato contenuto, vi sono le conseguenze psicologiche sui nuovi detenuti, come si evince dai dati su suicidi, uso di stupefacenti, violenza. Da queste esigenze nasce la proposta di un nuovo modello organizzativo da parte della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria (Simspe), presentato in occasione del XXIV Congresso nazionale – Agorà penitenziaria, il 20 e il 21 novembre a Napoli, presso la Sala del Lazzaretto – Ex Ospedale della Pace.
Il 2022, ricorda la S è stato anno record per il numero di suicidi (84), mentre nel 2023, a metà novembre, sono già 62 le persone che si sono tolte la vita in carcere, collocando anche quest’anno tra quelli con il dato più elevato. Per quanto riguarda la salute mentale, secondo dati recenti, sono significative le percentuali di coloro che nelle carceri italiane assumono sedativi, ipnotici o stabilizzanti dell’umore, anche se il numero di diagnosi psichiatriche gravi resta limitato. A questo si aggiunge il tema della tossicodipendenza.
“Tra i detenuti riscontriamo un tasso di tossicodipendenza sempre più elevato – sottolinea Antonio Maria Pagano, presidente della Simspe, dirigente medico psichiatra responsabile dell’Uosd Tutela salute adulti e minori area penale presso l’Asl Salerno –. Si stima che, considerando anche il sommerso, oltre il 60% dei detenuti faccia uso di stupefacenti, mentre prima del Covid non si arrivava al 50%. Purtroppo la frammentazione del sistema impedisce il reperimento di dati scientifici precisi, motivo per cui auspichiamo anche la creazione di un sistema di raccolta e analisi dei dati intersettoriali per velocizzare le risposte. Nel caso della tossicodipendenza, infatti, il fenomeno genera un effetto disinibente che aumenta la violenza, di cui pagano le conseguenze i detenuti stessi, il personale sanitario e la polizia penitenziaria. La stessa tendenza si riscontra anche all’esterno delle mura carcerarie”.
Tra le principali difficoltà nella gestione del diritto alla salute nelle carceri italiane, vi è una situazione operativa di grande difficoltà e frammentazione sull’intero territorio nazionale. Per questo la Simspe propone Unità operative aziendali di Sanità penitenziaria, dotate di autonomia organizzativa e gestionale, multifunzionali e multiprofessionali e accoglie con favore l’ipotesi di una cabina di regia interministeriale composta da tecnici indicati dal Ministero della Salute e dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Inoltre, la Simspe propone un Manuale di accreditamento per le strutture sanitarie penitenziarie sviluppato da uno dei gruppi di lavoro interprofessionale, presentato proprio in sede di Congresso, e l’istituzione dell’infermiere di Comunità per la Sanità penitenziaria.
Fonte: Agensir