Avvenire di Calabria

L’intervista a padre Francesco Trebisonda, correttore provinciale dei Minimi e rettore del Santuario di Paola, in occasione della festa di san Francesco

San Francesco di Paola: «Sempre al fianco degli ultimi»

Davide Imeneo

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Il 2 aprile si celebra san Francesco di Paola. Per l’occasione, abbiamo intervistato padre Francesco Trebisonda, correttore provinciale dei Minimi e rettore del Santuario di Paola. Partendo dalla definizione del santo eremita vergata da un altro santo, papa Giovanni XXIII, che lo ha definito come Lumen Calabriae, luce della Calabria, padre Trebisonda attesta come san Francesco trasmetta ancora tanto al giorno d’oggi: «Ci insegna a riscoprire la bellezza di essere creature. La fede del post-Covid certamente non sarà come quella del passato. Credo che sarà una fede fortificata soprattutto dalla consapevolezza che l’uomo non può ergersi a creatore ma deve imparare ad essere di nuovo una creatura e quindi, a non farsi più uguale a Dio ma a rimanere a sua immagine e somiglianza. La differenza è sottile, ma c’è - continua padre Trebisonda - Esortandoci al primato di Dio, san Francesco di Paola ci ricorda pure di difendere e di promuovere questo dato creaturale sacrosanto e per nulla negoziabile. Il Libro della Genesi ci rivela che siamo creature molto buone e in grado di riflettere la bontà di Dio attraverso una condotta che tenda a salvaguardare non tanto la temporalità, che purtroppo passa, ma soprattutto la spiritualità».

Ha ancora senso parlare di “sacrificio” nel mondo di oggi?
Un proverbio ci insegna che non c’è Pasqua senza venerdì santo. Sarete tutti d’accordo! Per raggiungere un traguardo, piccolo o grande che sia, occorre faticare e farlo quotidianamente. La mia profonda preoccupazione a tal proposito, è per il mondo giovanile che oggi non riconosce più il termine sacrificio. Spesso, infatti, si interpreta erroneamente il significato della parola penitenza, attribuendolo a quello di altri surrogati. Perché soffrire, stare male o rinunciare quando, invece, sono attorniato dal benessere? Il sacrificio proposto da san Francesco di Paola non è assolutamente fatto da rinunce sterili che rattristano ma da atteggiamenti che nobilitano fino in fondo la nostra dignità e che ci aiutano ad essere i veri protagonisti della vita. Il sacrificio è sinonimo di autodominio.
San Francesco ha avuto da fare con i potenti della terra del suo tempo. Oggi cosa avrebbe detto ai responsabili delle nazioni?
È una bella domanda! San Francesco è calabrese puro sangue e tale è rimasto fino alla fine, anche in Francia. Ha affrontato i potenti del tempo con coraggio apostolico e con calabrese caparbietà: Ferrante d’Aragona e Luigi XI ne sono diretti testimoni. Quindi, continuerebbe a stare dalla parte dei Minimi (degli ultimi), difendendoli da ogni sopruso; si batterebbe per l’abolizione definitiva della pena di morte, scenderebbe in campo per restituire dignità e per contrastare l’inquinamento e il terrorismo; si inginocchierebbe dinanzi ai potenti, implorando la pace mondiale e il disarmo di tutte le nazioni. E qui in Italia, caldeggerebbe l’opera sullo Stretto di Messina e combatterebbe in prima linea la ‘ndrangheta e la massoneria, due piaghe che purtroppo imbruttiscono questa amata regione.
Qual è l’episodio della vita di San Francesco che, in modo efficace e sintetico, ci rivela il suo carisma?
I biografi ci raccontano che san Francesco amava molto la solitudine della grotta ma nel giorno di domenica lasciava l’eremo e scendeva in paese. Qui incontrava i suoi cari, la gente e prendeva parte alla Messa (si presume a quella parrocchiale). Può sembrare un’immagine scontata e invece è molto eloquente perché ci presenta un Francesco che scende dai nostri altarini preconfezionati e si fa a misura di tutti noi. Ed egli è grande non per i suoi miracoli - che pure ci sono stati - ma perché ha saputo rendere straordinaria la sua ordinarietà, instaurando un’autentica fraternità tra ricchi e poveri, piccoli e grandi. All’azione sociale ha legato anche la contemplazione, alla vita la fede, alla testimonianza di seguace di Cristo anche la credibilità. Quanto è attuale san Francesco!
Quali sono i punti di forza del vostro annuncio e della vostra testimonianza?
Il Vangelo innanzitutto! Il carisma di san Francesco di Paola è inscindibilmente legato alla Buona Novella. A questo si aggiunge la predicazione, le confessioni e anche l’accoglienza dei tanti cercatori di Dio che bussano di frequente alle nostre porte; da sempre, inoltre, si dà un valore particolare al periodo liturgico della Quaresima, che è lo specchio della nostra spiritualità; ci si sforza di esercitare la promozione fraterna, di privilegiare la preghiera personale e comunitaria, il digiuno (non solo di cibo!) e le opere di carità. Non siamo perfetti. Ci sforziamo di fare del nostro meglio e di seguire Gesù veramente, non da soli ma insieme ad altri fratelli che il Signore ha scelto per noi. Quando cadiamo per le nostre fragilità, chiediamo perdono e ci rialziamo per rimetterci in cammino.
Come proponete il modello di San Francesco ai giovani?
I giovani che frequentano le nostre realtà ecclesiali conoscono soprattutto i miracoli di san Francesco. E questo perché i miracoli suscitano curiosità. Ma questo tipo di proposta la si lancia soprattutto ai più piccoli. Ai più grandi, invece, cerchiamo di presentare san Francesco vestito come uno di noi e quindi come un uomo che ha preso sul serio la sua vita, sforzandosi pian piano di raggiungere la santità, comune traguardo di ogni cristiano. Spesso ricordiamo anche che san Francesco si confessava frequentemente e che ha innestato la sua santità sulla sua umanità. Egli è santo perché prima di tutto è stato profondamente uomo. Far comprendere questo aspetto è garanzia di un futuro di civiltà, fratellanza e solidarietà.

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