Avvenire di Calabria

La recente fotografia della Svimez evidenzia le difficoltà nel portare a termine i progetti destinati al settore

Sanità in Calabria, risorse Pnrr a rischio. La sfida: «Recuperare tempo»

Dopo la dichiarazione dello stato d'emergenza sanitaria, enti e cittadini chiedono il rispetto dei tempi e maggiori attenzioni

di Francesco Chindemi

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La sanità in Calabria si trova ad affrontare una delle sfide più complesse degli ultimi anni. Secondo il rapporto Svimez, l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) procede a rilento, con una spesa sanitaria inferiore alle previsioni. I numeri parlano chiaro: solo il 5% dei fondi destinati alle Case della Comunità e il 3% di quelli per gli Ospedali di Comunità sono stati effettivamente utilizzati. La Calabria si colloca così tra le regioni più in difficoltà nell’implementazione del piano di potenziamento dei servizi territoriali.

Sanità, tra ritardi e nuove emergenze ecco cosa rischia la Calabria

Il Programma nazionale equità nella salute, con una dotazione di 40,56 milioni di euro destinati alla Calabria, rappresentava un’opportunità per colmare il divario tra Nord e Sud nella qualità dell’assistenza. Tuttavia, il lento avanzamento dei progetti rischia di compromettere questo obiettivo. Le Case della Comunità, nate per garantire cure primarie integrate, sono ancora bloccate in diverse località, tra cui Sant’Eufemia, Sant’Alessio in Aspromonte, Cinquefrondi, Taurianova e Monasterace, dove permangono ostacoli burocratici e difficoltà organizzative. Ancora più critica è la situazione degli Ospedali di Comunità, pensati per gestire pazienti con patologie a bassa intensità clinica e decongestionare le strutture ospedaliere principali.



A Cittanova e Oppido Mamertina, gli interventi sono in forte ritardo, rendendo complicata la gestione dei pazienti cronici e fragili. L’insufficienza dei servizi territoriali sta spingendo sempre più calabresi a rivolgersi alla sanità privata o a cercare cure fuori regione. Particolarmente allarmante è la situazione dei malati oncologici: il 20% di loro è costretto a spostarsi in altre regioni per ricevere trattamenti adeguati, con costi economici e sociali elevati per le famiglie.

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L’emigrazione sanitaria continua così a drenare risorse dal sistema regionale, alimentando un circolo vizioso difficile da spezzare. A complicare il quadro c’è anche la recente revisione del Pnrr, che ha ridotto il numero di Case e Ospedali di Comunità finanziati a livello nazionale.


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Se la Calabria non riuscirà a velocizzare la spesa e a portare avanti i progetti previsti, il rischio è quello di perdere ulteriori risorse, lasciando irrisolti problemi strutturali che gravano sulla sanità regionale da anni. Per rispondere a questa situazione, il presidente della Regione, Roberto Occhiuto ha chiesto al Dipartimento della Protezione civile la dichiarazione dello stato di emergenza per la sanità della Calabria. Il Consiglio dei ministri ha accolto la richiesta, approvando un provvedimento della durata di dodici mesi, con l’obiettivo di accelerare la costruzione di nuovi ospedali e la riorganizzazione della rete sanitaria.

Occhiuto commissario: avrà il compito di coordinare gli interventi e sbloccare le risorse del Pnrr

Occhiuto ha sottolineato «l’urgenza di procedure straordinarie», ricordando che «già vent’anni fa il governo aveva dichiarato un’emergenza di Protezione civile per sanare le carenze ospedaliere in Calabria». Tuttavia, quell’intervento si era concluso dopo sei anni senza raggiungere gli obiettivi prefissati. Per evitare che la situazione si ripeta, il governo ha nominato lo stesso Occhiuto commissario delegato per l'attuazione degli interventi: avrà il compito di coordinare gli interventi di riqualificazione della rete ospedaliera e di sbloccare i fondi del Pnrr, garantendo un utilizzo efficace delle risorse disponibili.

In questo scenario di incertezza, i cittadini restano in attesa di segnali concreti, mentre realtà associative, comitati e sindacati si preparano alla mobilitazione per ottenere risposte chiare sul futuro della sanità calabrese. In questa pagina, abbiamo raccolto le testimonianze di Michele Conia, sindaco di Cinquefrondi e presidente dell’Assemblea dei sindaci della Piana di Gioia Tauro, e di Marisa Valensise, dell’organismo nazionale di Lega Coop e referente del Comitato spontaneo per il diritto alla salute.

Entrambi sottolineano le gravi carenze dell’assistenza territoriale e auspicano un dialogo più efficace tra Regione e Asp, con l’obiettivo di affrontare e risolvere le criticità che gravano da anni sul sistema sanitario calabrese.

Il presidente dei sindaci dei Comuni della Piana, Michele Conia: «Diritto alla salute resta la priorità»

Michele Conia, consigliere metropolitano, sindaco di Cinquefrondi e presidente dell’Assemblea dei sindaci “Città degli Ulivi” – Comuni della Piana, analizza la situazione della sanità in Calabria, tra fondi Pnrr, emergenza medici e mobilità sanitaria.

Il rapporto Svimez evidenzia diverse criticità e ritardi. Cosa significa ciò per i territori e per i cittadini che attendono servizi di prossimità?

Significa che il diritto alla salute, garantito dall’articolo 32 della Costituzione, è ancora una volta disatteso. La realizzazione delle case della comunità e degli ospedali di comunità potrebbe essere strategica per la riforma dell’assistenza territoriale, anche se il quadro economico è caratterizzato da persistenti squilibri territoriali in cui unico punto di riferimento fondamentale per la salute dei cittadini rimangono i medici di base. Le case della comunità sono state concepite come alternativa ai pronto soccorso, ma molte restano ferme. I ritardi più gravi si registrano al Sud, con Calabria, Molise e Sardegna agli ultimi posti. La Calabria, con l’86,9 per cento dei progetti in ritardo, è terza dietro Molise e Sardegna (93,9 per cento). Serve un’accelerazione, ricordando che l’attuazione è competenza delle regioni.

La dichiarazione dello stato d’emergenza sanitaria: una soluzione concreta o un intervento tampone?

La sanità calabrese è al collasso e la decisione del Consiglio dei ministri di dichiarare lo stato d’emergenza ne è la conferma. La Fondazione Gimbe stima che in Calabria manchino numerosi medici. Sappiamo che i dottori cubani resteranno fino al 2027, ma i bandi di assunzione vanno deserti. Per esempio, per 159 posti in emergenza-urgenza si sono candidati solo 13 medici. Anche le guardie mediche sono in crisi: ne servirebbero 574, ma molte sono chiuse o a rischio chiusura. Lo scorso 27 luglio ho avuto il piacere di ricevere nel mio comune una delegazione di medici cubani, ringraziandoli per il loro lavoro. Tuttavia, la soluzione strutturale deve venire dalla Regione Calabria. Allo stesso tempo, mi domando: se mancano così tanti medici, perché le facoltà di medicina restano a numero chiuso?.

Liste d’attesa interminabili e carenza di medici: quali soluzioni per evitare la migrazione sanitaria?

Il problema della migrazione sanitaria è il nodo centrale della nostra sanità. Io stesso lo sto vivendo per problemi familiari. Ogni anno la Calabria versa ingenti somme ad altre regioni per garantire cure ai propri cittadini. Il 14 marzo dello scorso anno, durante la mia audizione alla commissione affari costituzionali della Camera, ho evidenziato come l’autonomia differenziata rischi di ampliare le disuguaglianze. La Calabria detiene il triste primato della mobilità sanitaria, con una migrazione oncologica che tocca il 43 per cento. I pazienti si spostano soprattutto verso Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, che registrano un saldo sanitario positivo di 10,7 miliardi, mentre le altre regioni hanno un saldo negativo di circa 14 miliardi. Nel 2022, il 7,2 per cento dei calabresi ha rinunciato a curarsi per difficoltà economiche. Ancora più grave la situazione pediatrica: il 23,6 per cento dei bambini deve spostarsi fuori regione per ricevere cure adeguate. Colpisce il divario nell’aspettativa di vita: un bambino nato nel 2021 a Bolzano può contare su 67,2 anni di buona salute, mentre in Calabria scende a 54,2 anni, con un gap di 15 anni per le bambine. In terapia intensiva pediatrica la situazione è drammatica: sei posti in Calabria contro i 46 della Lombardia. Un bambino su quattro viene ricoverato in reparti per adulti. Dobbiamo pretendere uguaglianza e il diritto alla salute per tutti, soprattutto per i più piccoli.

I sindaci si trovano spesso a gestire il malcontento dei cittadini senza avere strumenti per intervenire direttamente. Quale potrebbe essere la chiave per un dialogo più efficace con Asp e Regione?

Noi sindaci siamo la prima autorità sanitaria sul territorio e la salute delle nostre comunità è una priorità assoluta. È fondamentale creare sinergia tra sindaci, Asp e istituzioni per costruire vere politiche sanitarie. La pandemia ha dimostrato l’importanza dei sindaci, ma spesso questo ruolo viene dimenticato. Noi riceviamo ogni giorno i cittadini, ascoltiamo le loro difficoltà e richieste. Abbiamo chiesto più volte incontri e presentato documenti per segnalare le criticità. Alla prossima assemblea abbiamo ottenuto che una delegazione di sindaci sia costantemente presente al tavolo sulla sanità per affrontare i problemi della Piana di Gioia Tauro. Nella Piana, l’unico ospedale, quello di Polistena, è costantemente sotto pressione: mancano medici, personale e mezzi. Noi sindaci abbiamo il dovere morale, etico e istituzionale di rivendicare una sanità giusta. Dobbiamo essere presenti ai tavoli istituzionali, nelle piazze e al fianco dei cittadini per rappresentare la loro disperazione».

I cittadini, Marisa Valensise (Comitato per la Salute): «Siamo al collasso bisogna intervenire»

Marisa Valensise, componente dell’organismo nazionale di Lega Coop e referente del Comitato spontaneo per il diritto alla salute, non usa mezzi termini: «I dati Svimez e la dichiarazione dello stato d’emergenza confermano il ritardo della Calabria nella sanità. Il problema - afferma - non è solo realizzare nuove strutture, ma anche potenziare quelle esistenti e assumere personale.e della Repubblica. «Ad aprile manifesteremo in tanti davanti alla Cittadella regionale. Non ce ne andremo finché non otterremo risposte concrete. Dopo 17 anni di commissariamento e promesse non mantenute, il nostro diritto alla salute deve essere garantito».

Quali sono le emergenze più gravi che riscontrate sul territorio?

Siamo fanalino di coda per la ristrutturazione e la costruzione di ospedali e case di comunità in una regione che ha bisogno di tutto, dove la vera emergenza sanitaria non riguarda solo la creazione di nuovi ospedali, ma anche la ristrutturazione e il potenziamento del personale negli ospedali già esistenti, siano essi Hub, ospedali Spoc o generali. La situazione nella provincia di Reggio Calabria è critica e sta per collassare.

Caso emblematico è il pronto soccorso di Polistena, con 30.000 accessi, non riesce a soddisfare le esigenze del territorio, poiché l’assenza di medicina territoriale porta al pronto soccorso una grande quantità di casi che avrebbero potuto essere evitati; infatti, il 70% degli accessi si sarebbe potuto prevenire se ci fosse stata la volontà di sviluppare una rete di medicina territoriale efficace ed efficiente. Le guardie mediche non esistono più, il 118 è in difficoltà, e ci troviamo in una grave emergenza sanitaria globale. Ora è stato proclamato lo stato di emergenza sanitaria, ma ciò non risolverà il problema.

Lo stato di emergenza sanitaria conferma una crisi denunciata da tempo. Quali risposte chiedete subito alle istituzioni?

    La dichiarazione di emergenza mette in evidenza il fallimento del commissario alla sanità, Roberto Occhiuto, poiché fino a luglio il governatore, in qualità di commissario, ha presentato una Calabria in ripresa con servizi efficienti, o comunque ha fatto tali affermazioni dal decimo piano del suo ufficio nella cittadella regionale. Dopo tre anni di commissariamento, ci rendiamo conto che non c’è nulla che funzioni. Anche questa emergenza non è gestita adeguatamente, perché il problema della Calabria non è solo la costruzione di ospedali, ma la cattiva organizzazione del sistema sanitario.

    Le problematiche riguardano il 118, gli ospedali privi di personale e l’emergenza-urgenza, che devono essere affrontate prima della costruzione di nuovi ospedali. Il vero problema è che nessuno vuole venire a lavorare in Calabria in queste condizioni.

    Quali interventi servono per garantire ai cittadini cure dignitose senza dover lasciare la Calabria?

      Come comitato, abbiamo ripetuto più volte negli ultimi tre anni che la situazione è critica, e il governatore Occhiuto, insieme al direttore generale della Asp, dottoressa Di Furia, è ben consapevole che il problema è diverso; non c’è peggior sordo di chi non vuole ascoltare. Tornando alle liste d’attesa, abbiamo avvertito più volte la dottoressa Di Furia che queste stanno triplicando. Attualmente, ci sono 340 persone in attesa di un intervento salvavita, in particolare per interventi oncologici, dove il tempo è fondamentale.



      Abbiamo segnalato alla Procura della Repubblica di Palmi anche questo ritardo e abbiamo denunciato, tramite numerose Pec, la mancanza di anestesisti e l’assenza di cure da parte di questo governo, in particolare del direttore generale della Asp di Reggio Calabria, dottoressa Di Furia, che non sembra avere l’intenzione di risolvere il problema degli anestesisti a Polistena. Recentemente, ha stipulato una convenzione poco seria con il Gom di soli 100.000 euro, il che significa che in un anno non avremo nemmeno un professionista che possa lavorare 38 ore settimanali, come previsto dal contratto nazionale di lavoro. Pertanto, non abbiamo nemmeno un anestesista al giorno. L’ospedale di Polistena, che comprende anche un reparto per le nascite, è in una situazione di caos; i medici non sanno più come gestire le urgenze, i parti cesarei e le complicanze, e così gli interventi programmati, anche se urgenti e necessari, vengono rimandati. Non possiamo continuare in questo modo.

      Come comitati dei cittadini quali saranno i prossimi passi e cosa auspicate?

      Sindacati, comitati e associazioni, da San Giovanni in Fiore a Polistena, ci siamo uniti per organizzare un programma di 20 punti da inviare al Ministero della Salute, al Presidente della Repubblica e a tutti i media che trattano la questione della sanità inadeguata. Stiamo anche preparando una manifestazione davanti alla Cittadella regionale, dove ci fermeremo finché il governatore non ci chiarirà quali siano le sue intenzioni per la Calabria, per gli ospedali in difficoltà e per le persone che non possono e non hanno la possibilità di andarsi a curare altrove. Abbiamo già subito promesse non mantenute negli ultimi 17 anni e non possiamo più tollerarlo; quindi, ad aprile scenderemo in piazza per uno sciopero generale davanti alla cittadella e ci resteremo, affinché il nostro diritto alla salute venga finalmente garantito.

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