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Droga, salvarsi è possibile: «Così abbiamo detto no alla dipendenza»
Una giovane ex tossicodipendente e la madre di un ragazzo spiegano come si può uscire dal drammatico tunnel delle dipendenze. Il pm Musolino parla di «droghe come fregatura».
Scarcerato il boss della 'ndrangheta Nino Imerti. Capo scissionista nella ndrangheta reggina, diede l’avvio allo scontro armato contro gli ex alleati De Stefano-Tegano-Libri.
Torna in libertà, dopo 28 anni di carcere, il boss di ‘ndrangheta Antonino Imerti (72 anni). Cognato del boss Domenico Condello detto “u pacciu”, è il capo scissionista nella ndrangheta reggina.
La sua azione criminale diede l’avvio allo scontro armato contro gli ex alleati De Stefano-Tegano-Libri. La “ribellione” di Antonino Imerti, detto “nano feroce”, nasce da un fallito attentato contro di lui attuato con un’autobomba a Villa San Giovanni, che il boss rampante attribuì come mandante a Paolo De Stefano.
La reazione di Imerti contro l’ ex alleato, all’epoca – il 10 ottobre 1985 – fu violentissima. Paolo De Stefano, latitante, fu assassinato insieme ad un guardaspalle, mentre transitava a bordo di una moto in via Mercatello, nel cuore del quartiere reggino di Archi. Da lì, si scatenò la violentissima “guerra di ndrangheta”, a Reggio Calabria e in provincia, che in cinque anni provocò quasi mille omicidi. Antonino Imerti è stato sottoposto alla libertà vigilata.
Pollici nella cintola dei jeans, sguardo beffardo, andatura un po' dondolante, leziosa. Se simboli e gesti hanno un significato, e nella 'ndrangheta ne hanno tanto, il capomafia si presenta davanti ai giornalisti da vero capo.
Antonino Imerti, detto "nano feroce", è stato catturato nella notte, su una trazzera tra Fiumara di Muro e Rosalì, nel suo territorio, dove godeva di mille e mille protezioni. Assieme al quarantasettenne superboss in manette il fido cognato Pasquale Condello.
La 'ndrangheta è decapitata. Il colpo è mortale? «Se non proprio mortale è sicuramente un colpo durissimo». Lo spiega il capo della polizia Vincenzo Parisi. Imerti è il Riina della mafia calabrese, l'uomo dai collegamenti importanti. In tasca aveva degli appunti compromettenti, nomi e numeri di telefono che portano alla criminalità politico-mafiosa.
Una giovane ex tossicodipendente e la madre di un ragazzo spiegano come si può uscire dal drammatico tunnel delle dipendenze. Il pm Musolino parla di «droghe come fregatura».
Il Pontefice pronunciò parole forti contro i mafiosi e di speranza per i giovani. Frasi ancora attuali che rappresentano un invito a un rinnovato impegno per il bene comune.
Secondo la Direzione Investigativa Antimafia, i clan calabresi continuano a detenere il primato rispetto alle altre mafie operative in Italia.