Avvenire di Calabria

Servono nuove presenze nella vita pubblica

Lo stato dell’arte manifesta una grave irrilevanza dei credenti sulla scena del dibattito democratico italiano

Giuseppe Dieni

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Siamo chiamati a vivere da cristiani nella società e nella politica. I cristiani «partecipano alla vita pubblica come cittadini» (Lettera a Diogneto e Catechismo della Chiesa Cattolica n 2240). Le odierne società democratiche richiedono nuovi profili di presenza nella vita pubblica da parte dei cittadini, cristiani e non cristiani.

Tutti certamente partecipano attraverso il voto all’elezione dei legislatori e dei governanti e, anche in altre maniere, alla formazione degli orientamenti politici e delle scelte legislative che a loro avviso giovano maggiormente al bene comune (Cfr. Gaudium et spes, n 75). La vita in un organismo politico democratico si svolge con l’attivo e globale coinvolgimento, «sia pure con diversità e complementarietà di forme, livelli, compiti e responsabilità» (Christefidelis laici, n 42).

Ma oggi è urgente un impegno più ricco: la rifondazione della democrazia e anche delle rappresentanze cattoliche. Con riferimento a ciò è senz’altro da augurarsi una nuova stagione di impegno dei cattolici in politica, specie nel momento attuale in cui per il secolarismo imperante nel mondo c’è una situazione di irrilevanza dei cattolici nei confronti della politica italiana caratterizzata da una vera e propria diaspora dei cattolici.

Ma si deve sottolineare che i cattolici hanno però smesso di pensare ad un impegno politico, per rifugiarsi solo nel sociale, dove danno ottima prova di sé. Ci domandiamo però: dove sono quelli che si impegnano ad avanzare proposte politiche per il miglioramento della situazione del nostro Paese? Occorrono proposte concrete per rivedere l’impianto del nostro welfare mal funzionante, per affrontare i problemi della famiglia e della natalità, per ripensare l’Europa, per identificare le priorità degli investimenti necessari, per abbassare il nostro debito pubblico. Le idee non mancano, ma occorre un contesto dove svilupparle e diffonderle. È giunto il tempo di ricordarci che la fede cristiana, se è vera fede, è inevitabilmente incarnata anche nel nostro mondo contemporaneo, smettendo di piangere «sui guasti di cui siamo quotidianamente testimoni, pensando di più sui modi di ridisegnare quell’insieme di istituzioni economiche e finanziarie che sono le vere generatrici delle ingiustizie e delle tante forme di riduzione degli spazi di libertà di persona» (Stefano Zamagni durante la presentazione del libro Cattolici e Politica di Mario Toso). Non basta affatto insistere sul comportamento virtuoso delle persone singole; oggi sappiamo che occorre combattere contro le strutture di peccato, come le ha chiamate Giovanni Paolo II nella Sollecitudo Rei Socialis. Bisogna operare perché questo avvenga, e in fretta perché i laici si mettano in rete fra di loro e si avventurino in mare aperto, al fine di vincere la forza conservatrice dell’esistente. (Stefano Zamagni, ibidem). Insieme ed in rete. E la priorità, qual è? «La priorità per il mondo cattolico, oggi, non può che essere la cura della democrazia in tutte le sue forme: una cura da nutrire con i princìpi della Dottrina sociale della Chiesa e con i princìpi costituzionali. È la costruzione di una sorta di griglia di discernimento da cui far filtrare tutte le scelte. Questo è il nucleo su cui costruire l’unità dei cattolici. È urgente formare una presenza prepartitica, che stimoli e proponga ai partiti disegni di leggi e soluzioni di problemi, organizzi forme di controllo, presenti un progetto di società e contribuisca a formare le giovani generazioni. Non si tratta di un dettaglio. La democrazia procedurale verso cui si sta andando esalta la correttezza del metodo e delle regole, ma potrebbe giustificare azioni scorrette dal punto di vista etico. Hitler e molti altri dittatori sono saliti al potere nel rispetto formale delle regole, calpestandone tuttavia i valori. Il fine della democrazia procedurale si limita a un governo “del popolo”, mentre quello della democrazia sostanziale è governare “per il popolo”. Per i populisti, il popolo deve rimanere un oggetto. Per la Dottrina sociale della Chiesa, dev’essere un soggetto morale.

La tradizione europea del personalismo cristiano ci ricorda una via feconda: la costruzione di comunità politiche che fanno dei cittadini una comunità di soggetti morali, liberi e pensanti. Il popolo, invece, è utilizzato strumentalmente dai potenti e dai prepotenti per i propri fini. L’antidoto per una rinnovata presenza sono le comunità che costruiscono bene comune e hanno la forza del lievito. Sono quelle parrocchie e diocesi virtuose, che danno i loro uomini e donne migliori alla politica e selezionano e formano i giovani, oppure i frutti sociali e politici che danno l’Azione cattolica, la Fondazione sussidiarietà, il Sermig, lo scautismo, la Comunità di Sant’Egidio, le Acli, Libera e tanti altri gruppi. Ciascuno nel proprio carisma, a volte da mettere in rete meglio. La vera sfida è curare e custodire meglio l’unità nel pluralismo» (Francesco Occhetta).
 
Non un partito cattolico, né un partito dei cattolici come la Democrazia Cristiana, ma un impegno trasversale dei cattolici che si mettono insieme in rete sui diversi problemi da affrontare per il bene comune. Un lievito, dunque, che faccia crescere in umanità la nostra società.

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