Avvenire di Calabria

Lettera ad Avvenire del Prefetto di Reggio Calabria

«Servono testimoni coraggiosi»

Michele Di Bari *

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Caro direttore, nella ricorrenza della festa in onore della Madonna della Montagna, a Polsi per giorni hanno sostato migliaia di pellegrini provenienti dalla Calabria e da altre regioni. Monsignor Francesco Oliva, vescovo di Locri-Gerace, con al fianco il nuovo rettore don Tonino Saraco, non poteva essere più esplicito nel tracciare un percorso di cambiamento per restituire alla genuina fede del popolo il significato della devozione mariana a Polsi.

Quest’anno, si avverte una più intensa partecipazione, malgrado le enormi difficoltà per accedere al Santuario, cui il presidente della Calabria Oliverio durante il suo intervento ha fatto riferimento, assicurando che la Regione se ne sta facendo carico. Tutto questo è il segno di un cambiamento, dopo che per anni Polsi è stato raccontato sulla stampa quasi solo come luogo di incontro di affiliati alla ’ndrangheta.

I rappresentanti istituzionali il 3 luglio scorso si sono dati appuntamento presso il Santuario di Polsi per ribadire la unicità e la sacralità di un luogo, simbolo tangibile di una storia millenaria di fede che ha abitato e abita la vita di tante famiglie calabresi. In quella circostanza, il ministro dell’Interno Minniti ha detto: «Nel nome di Dio non ci può essere violenza». E ha aggiunto: «Siamo nel santuario della Madonna di Polsi. È possibile che qualcuno chiami un santuario la chiesa della ’Ndrangheta?». Parole forti e chiare, come quelle risuonate nell’omelia del vescovo Oliva.

Le strade di accesso al Santuario si presentano strette, sconnesse, ripide e scoscese e sono diventate un parcheggio lungo più di qualche chilometro in cui immagini della Madonna, che sembravano smarrite nel tempo, sono apparse su camion, Suv ed autovetture per inneggiare, confermare, esaltare la fede con cui guarda all’intercessione della Madonna della Montagna. Addirittura tende e precari ricoveri notturni sono stati realizzati per attendere l’alba e vivere la festività nel segno di un granitico attaccamento alla Madonna di Polsi.

Il senso del moderno non ha minimamente scalfito quel legame intriso di tradizione, musiche folcloriche, danze antiche e suadenti e incontaminata gastronomia. Ognuno a Polsi è alla ricerca della propria identità per ricaricarsi e spingersi nel mondo, perché sa che quel legame non sarà mai reciso.

Per questo è indispensabile essere attori di un cambiamento per separare drasticamente la spuria devozione che spesso ha assunto il volto della ’ndrangheta da quella dei tanti che intendono consolidare la forza rigeneratrice di una fede matura, accorta e attenta e che non indulga a superficialità e pressappochismi.

Oggi, in questi luoghi, si avverte infatti il respiro di antiche emozioni, presente più che mai in tanti volontari e nei portatori della Madonna di Polsi provenienti da Bagnara Calabra. E agli occhi di un novello pellegrino tutto si colora di immaginifico nella battaglia per sconfiggere forze oscure.

C’è bisogno di una rinnovata azione morale che davvero separi il grano dalla zizzania.

Nuovi atteggiamenti, coerenti comportamenti e coraggiose testimonianze siano la vera svolta senza paure, ritrosie o rassegnazione. Accanto alla Chiesa c’è lo Stato che con le sue articolazioni nel territorio - prefettura , magistratura, forze di polizia - contribuisce a creare le condizioni migliori perché la tradizione di Polsi sia trasparente e senza ombre.

*Prefetto di Reggio Calabria

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