
Autismo, in piazza per i diritti e la continuità terapeutica
Un sit-in per richiamare l’attenzione pubblica e istituzionale sul diritto alla salute dei minori con
La famiglia Maragucci ci apre le porte di casa: Claudio e Pamela sono i genitori di un ragazzo autistico. Con la loro testimonianza ci fanno conoscere difficoltà e opportunità che nascono nell'accompagnare il proprio figlio verso l'autonomia.
Siamo Claudio e Pamela, i genitori di Riccardo un bambino autistico di 9 anni e di altri 3 figli. Quando ci hanno chiesto di trasmettere una nostra testimonianza sull’argomento autismo, il primo pensiero è stato: «Cosa dire? Le solite frasi di circostanza che un lettore di qualsiasi giornale vorrebbe sentire, giusto per riempire un vuoto su una pagina?». Ma non è così che abbiamo imparato a vivere e raccontare la nostra storia. Per prima cosa c’è da dire che, la condizione di Riccardo, non è delle più gravi esistenti e che, la nostra voce deve servire a ricordare con forza, che vi sono famiglie che vivono un disagio davvero pesante con ragazzi e bambini con sindromi davvero debilitanti.
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La cosa più importante che un lettore deve comprendere, ed intendiamo un casuale lettore di questa testata che per caso si trova a sfogliare il giornale, è che cerchiamo di immaginare come avremmo reagito ad una diagnosi di questo tipo, se non avessimo conosciuto, o per meglio dire, intravisto di sfuggita Gesù Cristo. Perché oggi, alla luce di questa vicenda, abbiamo imparato cosa significhino tante parole che ormai sono di routine nella Chiesa come “croce”, “rifiuto” “disprezzo” “emarginazione”, condizioni che hanno accompagnato la vita di Cristo, ma che spesso non si riescono a comprendere sino in fondo.
L’autismo, come tante malattie invalidanti, è tutto ciò e, grazie all’incontro con l’amore di Gesù Cristo per la nostra vita, che è piena di tante “disabilità” dell’anima, oggi abbiamo la forza di poter sostenere nostro figlio e la famiglia che abbiamo davanti a ostacoli che, a volte, sembrano insormontabili. Ma serve anche impegno concreto perché, le tante e belle parole, si possano incarnare nella realtà di ogni famiglia che vive la “specialità della diversità”.
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Se pensiamo alle preghiere più comuni come il Padre Nostro e l’Ave Maria, contengono verbi d’azione come fare, dare e preghiera. A questo è chiamata la Chiesa ed i cristiani tutti: pregare ed agire perché le famiglie e queste persone “speciali” possano vivere la loro condizione sostenuti da una comunità che non li abbandona ma possa contemplare, in loro, il riflesso del volto di Cristo.
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