Avvenire di Calabria

Si chiude il secondo anno del cammino sinodale della Chiesa reggina - bovese, ma già lo sguardo è rivolto alle prossime tappe

Sinodo Reggio Calabria, il cammino continua

L'arcivescovo Morrone: «Accogliere le suggestioni dello Spirito per discernere il modo di tradurre la Parola all’interno di un mondo che è già cambiato partendo dagli ultimi»

di Francesco Creazzo

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Si chiude il secondo anno del cammino sinodale dall'arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova. Nei giorno scorsi, alla Scuola allievi Carabinieri di Reggio Calabria l’ultima tappa di una fase di ascolto che ha coinvolto tutte le comunità diocesane.

Sinodo Reggio Calabria, tempo di sintesi e ripartenza

Nelle relazioni di ogni vicaria e di ogni zona pastorale emerge tutta la fatica e la bellezza di un Cammino fatto insieme, dell’ascolto reciproco, di una Chiesa reggina alla velocità del più debole dei suoi membri, una Chiesa che va verso il modello sognato da papa Francesco. Certo, sono tanti i passi da fare ancora, ma il bilancio del secondo anno del Cammino Sinodale diocesano, che si inserisce nel più ampio percorso della Chiesa Universale, è positivo.


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Non ama parlare di bilanci per un’esperienza ancora pienamente incorso e le cui fasi «non sono parallele ma interdipendenti»: a parlare è don Pietro Sergi, vicario episcopale e referente per il Cammino Sinodale, che nella sua relazione iniziale ha ringraziato Dio proprio per la capacità delle comunità di mettersi in gioco e ha ricordato che «nel corso di questo cammino si sono sperimentate le difficoltà dovute alla diversità delle nostre comunità, si è dovuto rallentare e accelerare, fare un bilanciamento sempre incentrato sulla parola “insieme”. Ed è proprio questo il modo sicuro di procedere, il senso del Cammino Sinodale: anche l’ultima comunità va messa nella posizione di poter affrontare questo Cammino, nessuno deve rimanere indietro».

E proprio delle difficoltà e delle fatiche, ma anche dei Carismi e delle potenzialità delle singole zone pastorali della nostra diocesi, hanno parlato i delegati nelle proprie relazioni che hanno costituito il centro dei lavori dell’assemblea: Da Brancaleone a Bagnara, ogni zona ha raccontato le asperità e i doni di un cammino che la Chiesa reggina ha preso sul serio, muovendo i propri passi guidata dalla Parola di Dio che è stata al centro dei Cantieri come faro e guida della riflessione comunitaria.

«Ci siamo messi in ascolto dello Spirito in questi due anni - ha detto all’Assemblea l’arcivescovo di Reggio-Bova monsignor Fortunato Morrone - due anni in cui lo Spirito ci ha parlato, ci ha dato indicazioni per metterci alla sequela di Gesù come persone e come Chiesa in un mondo che è già cambiato e nel quale a noi tocca il compito di tradurre la Parola Eterna, il Vangelo Eterno che è Cristo. E come farlo? Attraverso l’attenzione agli ultimi, ai giovani che non sono ascoltati e temono per il futuro».

«In questi due anni, nell’ascolto e nel metterci umilmente in discussione e in Cammino, stiamo imparando ad essere Chiesa al nostro interno e ad essere Chiesa in uscita verso il mondo. Oggi - ha continuato Morrone - è un momento di raccolta e di sintesi: adesso andiamo verso la fase sapienziale, in un continuo ascolto reciproco e in ascolto soprattutto dello Spirito Santo per “gettare le reti” nel nome del Signore, per camminare con fiducia sulla Parola di Gesù. Ripartiamo allora e mettiamo da parte le nostre piccole volontà, ascoltando le continue suggestioni di un Dio che non si stanca di venire a cercarci».

Il racconto di Nicolina Cuzzocrea (Ordo Virginum): «I cantieri, modello ed esempio di Chiesa in uscita»

Era inizio ottobre quando monsignor Fortunato Morrone ha contattato telefonicamente quello che poi sarebbe diventato il “gruppo degli undici”, ovvero undici persone scelte tra laici, consacrati, religiosi e sacerdoti che avrebbero guidato le lectio della seconda tappa del cammino sinodale che tutta la Chiesa ha intrapreso, grazie all’invito e alle indicazione di papa Francesco. Undici relatori perché undici sono le zone pastorali della nostra diocesi e il motivo di questa scelta è che, a differenza della prima tappa durante la quale ogni mese si svolgeva nella Basilica Cattedrale una sola lectio, tenuta dal padre gesuita Sergio Sala, il percorso di questa seconda tappa ha avuto una modalità decisamente diversa, dettata dal desiderio di raggiungere tutti, secondo lo stile di una Chiesa in uscita.

Questa, a mio avviso, è stata una delle più belle intuizioni avute dal nostro arcivescovo, perché le periferie soffrono la difficoltà di raggiungere il centro e, spesso, si vedono costrette a rinunciare ad occasioni fondamentali per sentire il respiro della chiesa diocesana e, quindi, maturare la consapevolezza di essere membra vive di quell’unico corpo di Cristo che è la Chiesa. La modalità scelta, dunque, ha permesso di far sentire ogni parrocchia unita all’altra, poiché ciascuna ha fatto l’esperienza di sentirsi convocata e attesa attorno alla Parola di Dio e dalla Parola di Dio interpellata ad essere protagonista, per far sì che l’invito del Papa di assumere uno stile sinodale diventi sempre più vita vissuta e non solo teorizzata.

Assemblea sinodale diocesana, da sinistra Cuzzocrea, Catanese, Morrone, Santorio, Sergi

Difatti il ritrovarsi mensilmente nella propria zona pastorale e sapere che, simultaneamente, anche tutte le altre parrocchie erano riunite insieme nelle loro rispettive vicarie, ci ha fatto percepire in comunione tra di noi e sperimentare, in germe, cosa significa essere chiesa sinodale, chiesa che cammina insieme.

Ed è questa esperienza che ciascuno ha poi portato in seno alla comunità di appartenenza, dove il “camminare insieme” è chiamato ad incarnarsi. La seconda felice intuizione del nostro vescovo è stata quella di affidare le lectio a rappresentanti di tutto il popolo di Dio, uomini e donne che incarnano diverse vocazioni e che, proprio per questo, potevano sottolineare le diverse sensibilità derivanti dal proprio stato di vita e spezzare la Parola di Dio lasciandosi guidare dall’azione dello Spirito Santo che opera tutto in tutti.

L’intero percorso è stato caratterizzato dai tre canteri di Betania. Il primo, quello della strada e del villaggio, ci ha permesso di riflettere e di interrogarci sulla nostra capacità di ascolto, sul nostro essere cristiani nel mondo e a servizio del mondo; il secondo cantiere, quello dell’ospitalità e della casa, ci ha permesso di confrontarci sul nostro stare insieme, su quanto le nostre comunità sono ospitali, accoglienti tanto da poter essere considerate da tutti come una casa; l’ultimo, quello delle diaconie e della formazione spirituale, ci ha spinto ad acquisire uno sguardo autentico su ciò che ci costituisce chiesa e rimanere attaccati alla fonte della nostra fede.

La nostra diocesi ha scelto di dedicare due lectio per ogni cantiere, in modo da consentire una graduale comprensione degli stessi e una concreta contestualizzazione nella varie realtà locali. Sei appuntamenti, quindi, durante i quali tutti i cantieri sono stati posti sotto la luce della Parola di Dio. Difatti i relatori hanno proposto una lectio a partire da un brano comune tratto dalla Prima Lettera ai Corinzi, che poi ciascuno ha arricchito con ulteriori passi della Parola di Dio che potevano esplicitare meglio il messaggio paolino.

Al termine delle lectio c’era poi uno spazio per una prima risonanza e quest’ultima è stata un’ulteriore fonte di arricchimento poiché, i partecipanti hanno sottolineato proprio la bellezza di queste occasioni a livello zonale in ascolto gli uni degli altri a partire dalla Parola. Senza dubbio il percorso fatto è un piccolo tratto di strada di un cammino che è solo all’inizio. Un cammino non certo facile, perché assumere uno stile, o meglio, un habitus richiede desiderio, costanza e tempo. Ma la speranza è che ogni piccolo seme generosamente piantato non rimarrà infruttuoso, Dio stesso ne avrà cura affinché germogli secondo tempi e modalità inaspettate.

La delegata regionale del Cammino sinodale, Eugenia Santoro: «Èquipe diocesana, esperienza di servizio concreto»

«Ogni diocesi dovrebbe organizzare un’equipe di persone che collaborino con i referenti diocesani». Seguendo quanto indicato dal Vademecum per il Sinodo sulla sinodalità, anche nella nostra diocesi, già dallo scorso anno, è stata costituita l’equipe sinodale diocesana che ha il compito di animare e tenere desta l’attenzione delle parrocchie, dei movimenti, delle realtà associative e – più in generale – di tutto il popolo di Dio, sul cammino che la Chiesa sta provando a compiere.

La nostra equipe, nominata dall’arcivescovo, è composta dai delegati diocesani per il Sinodo, dai direttori degli Uffici di Curia, da religiosi, consacrati e laici, chiamati a immaginare insieme un percorso di coinvolgimento nel cammino sinodale della Chiesa. Proprio questa varietà di figure riflette la natura sinodale del cammino intrapreso: un gruppo di persone che non avevano mai lavorato insieme, ignari del cammino da compiere, privi di una vera e propria lista di cose da fare, hanno risposto di buon grado alla chiamata, con generosità, senza risparmiarsi, avendo nel cuore solo il desiderio di mettersi al servizio della Chiesa, secondo il modello della corresponsabilità. Proprio questo lo stile scelto: servizio e disponibilità. L’equipe è perciò un piccolo laboratorio di sinodalità: si lavora con la certezza che, mentre si mette a tema, già all’interno se ne fa esperienza.

Crescendo dentro tale esperienza si assaporano, nel piccolo gruppo come poi nella comunità cristiana in senso più ampio, quei frutti della conversione propri del cammino sinodale. In questi due anni di cammino sinodale, l’equipe si è riunita più volte, arricchita sempre dalla presenza dell’Arcivescovo. Insieme abbiamo immaginato un percorso che potesse, a cerchi concentrici, interessare chiunque volesse lasciarsi coinvolgere da un’esperienza nuova, rinnovata dalla presenza dello Spirito Santo, che fa nuove tutte le cose e che soffia dove vuole, e sperimentare nella grazia di un tempo donato, l’ascolto senza distinzione di sesso, di età, di provenienza culturale, di status sociale, di credo.

Insieme si è scelto come portare avanti il cammino sinodale in diocesi: dai brani scelti per le lectio, ai suggerimenti per gli incontri nelle parrocchie, alla raccolta dei frutti della condivisione, alla stesura dei documenti di sintesi diocesana, che poi vengono inoltrati alla CEI.

L’equipe ha fatto proprio l’invito a camminare insieme per testimoniare e gustare la ricchezza della sinodalità: l’ascolto con il cuore, di tutti, per stabilire una relazione sincera con ciascuno al di là delle idee, delle proprie convinzioni; l’invito a cogliere la bellezza di una ricerca sincera di Dio; a fare esperienza di una Chiesa che sempre più vuole essere compagna di viaggio di ciascuno; lavorando in sinergia, dialogando con parresia circa le modalità con cui portare avanti il cammino sinodale in diocesi.


PER APPROFONDIRE: Chiesa sempre in cammino, a Roma l’assemblea dei referenti sinodali diocesani


Far parte dell’equipe sinodale diocesana non è un privilegio bensì una grande responsabilità, in quanto ciascuno di noi è chiamato ad essere “antenna” del cammino fatto da tutte le componenti della nostra diocesi: i gruppi, le singole parrocchie, le realtà ecclesiali e sociali, tutto il popolo di Dio in cammino sulla strada del Sinodo della Chiesa diocesana e contemporaneamente in cammino nelle Chiese che sono in Italia. Gli incontri svolti ci hanno fatto cogliere la ricchezza della condivisione e dell’ascolto reciproco, in clima di preghiera. Non è stato un percorso semplice, ma certo è stato entusiasmante.

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