Diocesi: Siena, il 7 ottobre il card. Lojudice guiderà il Rosario per la pace
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Madre e figlia di nuovo insieme dopo oltre quarant’anni. È l’incredibile storia di Anna e Valentina, che si sono guardate negli occhi per la prima volta dieci mesi fa, grazie al desiderio di entrambe mai venuto meno e all’iniziativa della seconda, decisa a portare avanti la ricerca delle proprie radici come consente la legge italiana da ormai dieci anni.
La storia, pubblicata nel numero di Toscana Oggi in uscita in questi giorni, racconta di una ragazzina calabrese rimasta incinta a soli quindici anni e per questo osteggiata dal padre, ma non dalla madre che riesce, anche grazie a un’amica infermiera che vive a Firenze, a farla arrivare a Casa Speranza a Settignano, una casa famiglia per ragazze madri tuttora esistente. La bambina viene data in adozione e Anna torna in Calabria, dove resta solo fino alla maggiore età quando, grazie ancora all’aiuto della madre, torna nel capoluogo toscano per iscriversi al Conservatorio e successivamente diplomarsi.
Valentina, intanto, è cresciuta in una bella famiglia adottiva. La scoperta di essere stata adottata la getta nella paura di poter essere improvvisamente reclamata e portata via dai suoi affetti. Presa poi consapevolezza che questo non sarebbe potuto accadere, a prevalere è il desiderio di conoscere le proprie origini, ma quando richiede l’estratto dell’atto di nascita scopre che vi è scritto “da donna che non consente di essere nominata”. Anna intanto pensava spesso alla sua bambina ma sapeva che per legge non l’avrebbe potuta rintracciare.
Nel 2014 Valentina, a sua volta divenuta mamma a 34 anni, viene a sapere che la legge è cambiata e si rimette in moto. Il cammino sarà ancora lungo e alla fine, come racconta nei dettagli l’articolo su Toscana Oggi, il 24 marzo 2023, il tanto atteso incontro. “C’è stata subito un’intesa bellissima”, spiega Anna, e aggiunge: “Un genitore biologico che ritrova un figlio dopo 30, 40 anni non può togliere nulla alla famiglia adottiva. È una felicità indescrivibile”. “Per quanto una persona possa avere una storia di adozione felice – aggiunge Valentina – a un certo punto della vita conoscere le proprie origini diventa un bisogno da affrontare. Questo presente ci permette di fare pace con un passato che inevitabilmente ha creato dolore a entrambe”.
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