
di Giuseppe Gattuso - Maurizio Condipodero è stato rieletto per il terzo mandato consecutivo, presidente del Comitato regionale Calabria del Coni. Con lui abbiamo affrontato l’argomento legato alle difficoltà che il settore sportivo sta attraversando in tempo di Covid-19, chiedendogli alla luce del quadriennio in ripresa che abbiamo davanti, come intende affrontarlo… «Per me sarà un quadriennio particolare - afferma Maurizio Condipodero - perché coincide con il mio ultimo mandato alla guida del comitato regionale. Il Coni stabilisce regole ben precise e, secondo me, salutari per il sistema, riguardo alla durata massima delle funzioni e alla rotazione dei dirigenti. Proprio per questo, intendo affrontare gli anni che ci condurranno al 2024 con spirito di servizio, ma anche con libertà da qualsiasi tentativo di condizionamento. Libertà di operare nel rispetto rigoroso delle leggi, dei regolamenti e dell’etica sportiva, tema quest’ultimo che mi sta particolarmente a cuore e a cui, diversi anni fa, dedicai un mio libro».
Il Covid ha influenzato tutto il mondo, anche quello sportivo. Quali sono stati, secondo lei, i tre aspetti più difficili da gestire durante la pandemia?
Sul versante sportivo, gli aspetti più difficili sono stati l’aspetto sanitario, l’aspetto economico e quello tecnico. In ordine al primo problema, il più delicato, è stato necessario interrompere i campionati e solo alcuni sport più “fortunati” hanno potuto riprendere qualche attività a singhiozzo. Sul piano economico è stato un disastro, ma il Coni ha ottenuto dalla Regione, grazie alla sensibilità della compianta presidente Santelli, un fondo per i ristori da 3 milioni di euro. Non c’era mai stato nulla di simile nel passato: un risultato da ascrivere anche all’autorevolezza del nostro Comitato. Sul piano tecnico, purtroppo, rischiamo di perdere una generazione di atleti. Sportivamente è questo il prezzo più alto da pagare.
Lo sport è uno di quei mondi che non può vivere a distanza. I giovani si sono rifugiati nei videogiochi... torneranno a indossare tuta e scarpe da tennis?
Certamente sì. Rifiuto una visione da romanzo distopico, secondo cui le prossime generazioni saranno irrimediabilmente destinate a sostituire la realtà concreta con quella “aumentata”, la bellezza della vita con il mondo virtuale. Date ai ragazzi e alle ragazze un prato e un pallone, e vedrete che spegneranno i videogiochi. Strumenti, questi, che non vanno giudicati negativamente, ma devono essere oggetto di una nuova pedagogia. Il rischio non è quello di veder morire lo sport, ma di indurre i nostri adolescenti, ma anche i bambini, a rifugiarsi lì per l’incapacità di vivere e di affrontare i piccoli o grandi problemi della quotidianità.
Fra qualche giorno dovrà definirsi il Recovery Plan. Quali investimenti auspica per il mondo dello sport?
Due tipi di investimento: infrastrutturali e sociali. Lo sport ha bisogno di impianti e la Calabria, da questo punto di vista, paga un prezzo altissimo in termini di arretratezza rispetto al resto d’Italia. C’è inoltre una distribuzione degli impianti spesso priva di criterio: abbiamo intere fasce del territorio calabrese in cui esistono decine di impianti per una disciplina e nemmeno una struttura per le altre. Occorre una pianificazione regionale che vada oltre il livello comunale. Sul piano sociale, credo che il Recovery possa essere adottato per migliorare i servizi socio-sanitari e sportivi, rafforzando la presenza di figure professionali che possono aiutare la diffusione del benessere fisico delle persone, specie le più fragili. Lo sport serve anche a questo.
Cosa chiede alla politica regionale per lo sport calabrese?
Di evitare di considerare lo sport un bacino di voti che si può soddisfare con qualche mancetta clientelare. Noi abbiamo chiesto più volte, ufficialmente, alla politica regionale di riformare e finanziare in maniera adeguata la legge regionale sullo sport, sul modello di altre realtà come la Sicilia. I finanziamenti allo sport non possono essere erogati sulla base delle simpatie o delle vicinanze politiche, ma devono seguire criteri oggettivi, algoritmici, che il Coni può garantire. Se la politica riuscirà a superare questo esame di maturità, allora per la Calabria ci sarà una speranza. Altrimenti continueremo a sopportare la fatica di Sisifo.
Lo sport non è soltanto un gioco, ma è uno spazio di crescita. In una stagione di crisi educativa come potete contribuire per riaffermare i valori?
Basterebbe avere la possibilità di lavorare. Lo sport trasmette e insegna valori universali, dall’uguaglianza al fair play, dalla legalità alla solidarietà. È necessario tornare in campo a tutti i livelli, a cominciare dagli oratori, che sono storicamente luoghi di socializzazione e di educazione per tantissimi ragazzi. Il momento è difficile, senza dubbio, ma sono ottimista perché i valori dello sport non hanno scadenza, sono fuori dal tempo, si tramandano di generazione in generazione. Noi saremo gelosi custodi di questo tesoro assiologico, pronti a restituirlo ai ragazzi non appena ci sarà comunicato che questa guerra, perché tale è la pandemia, sarà finita.