Avvenire di Calabria

Intervista esclusiva all'estensore del testo, il professor Francesco Manganaro

«Statuto partecipato»: la bozza sotto esame

Federico Minniti

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Lo Statuto c’è. O almeno una bozza approvata dal Consiglio Metropolitano e adesso al vaglio di una consultazione popolare. Prende forma, quindi, un’idea «partecipata di Città di città », ci spiega Francesco Manganaro, ordinario di Diritto amministrativo e direttore del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Ha entusiasmo nel raccontarci l’esperienza di estensore della «Carta Costituzionale» dei reggini: «Abbiamo provato a redigere un documento che indirizzasse il nuovo ente verso le periferie». Da sempre difensore delle Autonomie locali, Manganaro, trova – però – illuminante il concetto di Città Metropolitana. «Non conta il numero degli abitanti – sottolinea – infatti, tranne Roma e Genova, l’hinterland è sempre maggioranza nell’area», ma ciò che serve è un governo effettivo del territorio. Per fare questo il Governo è dovuto ricorrere ad una legge «vincolante», come la 56 del 2014, a tutti nota come dispositivo Delrio, che «costringe» tutti gli enti locali a dare seguito ad un’intuizione del 1990, incardinata con la legge 142. Ventiquattro anni e le Città metropolitane ormai sono un fatto compiuto. Le ritardatarie restano Venezia e Reggio Calabria. «Adesso andranno fatti i cittadini metropolitani. Ecco lo Statuto, in questo senso, svolge una funzione di ricongiungere i territori». Per fare ciò la parola d’ordine è partecipazione. «Abbiamo previ- sto atti di coinvolgimento diretto della cittadinanza tutta: istanze, petizioni, proposte, bilancio partecipato. Ci vuole una nuova cultura della cosa pubblica ». Eppure i cittadini lamentano che questa novità chiamata Città Metropolitana effettua in via preliminare una spoliazione del proprio diritto–dovere di voto. Un fatto di democraticità, ma secon- do Manganaro il problema è pragmatico. Con la possibilità, formalmente non impedita dalla legge, di poter eleggere con elezioni dirette il Sindaco metropolitano si avvierebbe «un processo contrario al funzionamento dell’Ente». Gli chiediamo perché e la risposta è puntuale. «La Delrio prevede che inserendo l’opzione dell’elezione diretta del sindaco metropolitano questa debba prevedere il varo di una Legge elettorale nazionale in materia; superato questo step ve ne sarebbe un secondo, ossia un referendum rivolto a tutti i cittadini metropolitani per determinare la suddivisione del comune capoluogo in un numero determinato di municipi ed, in ultimo, una volta approvato il referendum dovrebbe essere approvato una Legge regionale che riconosca il valore dei municipi individuati ». Insomma un labirinto normativo. Per cui, stante la prima bozza, nessuna elezione diretta. Il secondo dubbio riguarda la dinamica amministrativa. C’è un rischio di eccessivo accentramento nelle mani del sindaco del comune capoluogo che sarebbe sindaco metropolitano e, dovesse passare la riforma costituzionale, anche senatore della Repubblica. La Legge Delrio non prevede una Giunta metropolitana, seppure nelle more della bozza statutaria, ci spiega il professor Manganaro, «si sia determinata la figura dei delegati del sindaco metropolitano che potranno seguire dei specifici ambiti, ma che comunque la controfirma dei loro atti dovrà comunque sempre essere apposta dal primo cittadino». Potere pieno ai sindaci. «No, la Città metropolitana è dei reggini – controbatte Manganaro – è un’opportunità, un’occasione, una risorsa unica. Cambierà il nostro atto di interlocuzione con Governo ed Europa». Una Reggio diversa, ma che conserverà i principi della sua storia. «All’articolo 1 – ci svela l’estensore – il territorio è inteso come quello spazio di incontro tra i popoli che favoriscono la pace. Una Città unita dal mare dello Stretto con Messina, che si deve adoperare ad uno sviluppo sociale ed economico per rinsaldare – conclude Manganaro – un vero e proprio diritto alla felicità».

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