Avvenire di Calabria

Strage via D’Amelio: mons. Lorefice (Palermo), “tutta l’esistenza di Borsellino – compresa la sua morte! – è una risposta alla chiamata della fede”

di Redazione Web

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“Non far finta che tutto vada bene, ingannando sé stessi e gli altri, venendo meno alla propria responsabilità, ma non smettere di operare e progettare il bene dell’altro, anche di chi non ascolta e non cambia”. È l’“insegnamento di umanità” richiamato poco fa dall’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nell’omelia pronunciata durate la celebrazione eucaristica presieduta nella chiesa di S. Maria della Pietà in occasione del 31° anniversario della strage mafiosa di via D’Amelio.

“L’incontro di Paolo Borsellino con il Dio ‘Totalmente Altro’ e completamente solidale con la storia dell’uomo, ha trasformato e indirizzato tutta la sua vita”, ha sottolineato il presule, aggiungendo che “siamo convenuti nella chiesa dove lui è stato immerso nelle acque battesimali, immerso nella fede nel Dio di Gesù Cristo. Tutta la sua esistenza – compresa la sua morte! – è una risposta alla chiamata della fede”. “La fede – ha proseguito – è una conoscenza – nella Bibbia conoscere significa relazione” e “non è uno snocciolare formule di preghiera o un’arida ripetizione di formule dottrinali. È una Presenza che accompagna e sostiene tutta la vita: ‘Io sarò con te’ (Es 3,12). Una forza di vita che ti spinge dal di dentro”, ha ammonito. “È la Presenza – ha continuato – di un Dio che ascolta sempre il grido dell’oppresso e che si coinvolge in un’opera di liberazione umana. L’incontro autentico con Dio – la fede che fa amare Dio ‘con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente’ – porta sempre all’incontro con l’uomo, affida una missione: «amerai il prossimo tuo come te stesso’ (Lc 10,27)”. Di Borsellino, l’arcivescovo ha ricordato “il libro dei Salmi sul comodino”, “la sua fedeltà alla messa domenicale”, “la sua costanza al sacramento della confessione, fino a pochi giorni prima di essere ucciso”. Quella del magistrato fu una vita diventata “sguardo ampio, ascolto profondo, responsabilità professionale indefettibile, cura attenta per l’uomo, impegno indefesso per una città liberata da ogni forma di esercizio e di concentrazione di potere”.

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