Avvenire di Calabria

Stroncati i riti mafiosi

Il papa: «Spiritualità esteriore»

Federico Minniti

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Una spinta propulsiva, rispetto al contrasto deciso alla ‘ndrangheta, è data dalla posizione di Papa Francesco. «Al rapporto tra sacro e legalità si collega l’idea di comminare la scomunica ai mafiosi e ai corrotti. Già nell’omelia tenuta a Cassano Jonio, nel 2014, Papa Francesco aveva annunciato – sottolinea Michele di Bari, prefetto di Reggio Calabria – una scomunica di fatto per i mafiosi: “Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!” Adesso si tratta di tradurre in termini di Diritto Canonico tale proposito del Pontefice che, al di là della “necessità di approfondire, a livello internazionale e di dottrina giuridica della Chiesa, la questione relativa alla scomunica per corruzione e associazione mafiosa”, costituisce un passo importante perché stabilisce una totale censura, chiude una porta ai malavitosi e lascia fuori dalla comunione ecclesiale chi abbraccia la mafia e la corruzione». Per questo, il Prefetto Michele di Bari non esita a definirla «una svolta che rafforza la comunità dei credenti per superare una latente rassegnazione ed ipocriti comportamenti, soprattutto nei piccoli centri abitati, dove la diretta conoscenza del vicino malavitoso provoca imbarazzanti silenzi. Ma aiuta anche il clero che, animato da grande responsabilità in parrocchie difficili, ha un ulteriore strumento per fronteggiare la forza intimidatrice, la violenza o la gestualità criminale che dà vita ad un criptico linguaggio parallelo alla lingua ovvero al dialetto parlato».

Una svolta che nel Meridione del nostro Paese assume una importanza vitale poiché «tagliare fuori dal circuito dei Sacramenti tanti indegni – spiega il massimo rappresentante dello Stato sul territorio reggino – non può che favorire quel processo identitario ad una fede che non consente scappatoie. Ma serve anche ad evitare che pii esercizi di pietà popolare o santuari che diventano luoghi di incontro di iniziazione criminale siano fortemente strumentalizzati per una legittimazione assolutamente antinomica ai valori ed agli insegnamenti evangelici».

Tuttavia, una più viva coscienza della legalità non può che inevitabilmente passare attraverso un processo di interiorizzazione e di un impegno di responsabile testimonianza, come di recente dichiarato da Papa Francesco durante la sua visita in Calabria. Le sue parole, diffusamente richiamate in ogni convegno, «necessitano ovviamente di conseguenti e coerenti comportamenti, soprattutto laddove diventa granitica la condanna al malaffare e alla ‘ndrangheta, in particolare con l’invito ai mafiosi “Convertitevi all’ amore e alla giustizia; fermatevi di fare il male!”. E ancora: “Le manifestazioni di religiosità esteriore non fanno dei mafiosi dei veri credenti, né li mettono in comunione con Cristo e con la Chiesa” ma è necessaria una “vera e pubblica conversione”». Parole del Santo Padre scolpite nella mente del Prefetto. «Il Papa, quindi, ha fatto della lotta alla mafia – ha concluso Michele di Bari – un valore cristiano, sottolineando, in più occasioni come essa sia l’ antitesi a Dio perché l’atteggiamento mafioso è basato sulla violenza, l’ingiustizia e l’illegalità, esattamente all’opposto dei principi su cui si regge una società giusta»

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