Avvenire di Calabria

Dopo le celebrazioni della Settimana Santa inizia la cosiddetta cinquantina pasquale

Cinquanta giorni dopo la Pasqua, sette settimane vissute come un solo giorno di festa

Questo periodo liturgico ci aiuta a comprendere il significato e l’importanza della presenza del Risorto nei primi passi della Chiesa

di Redazione Web

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Dopo le celebrazioni della Settimana Santa inizia la cosiddetta cinquantina pasquale: il tempo di Pasqua. Sette settimane vissute intensamente come se fosse un solo giorno di festa. Questo periodo liturgico ci aiuta a comprendere il significato e l’importanza della presenza del Risorto nei primi passi della Chiesa. Vi proponiamo una serie di riflessioni.

La salvezza si manifesta nella missione della Chiesa

La Pasqua di morte e di risurrezione di Gesù Cristo è senza alcun dubbio il cuore di tutto il messaggio cristiano. Essa è la prova tangibile dell’infinito amore di Dio per l’umanità. Sappiamo infatti che Il Padre ha mandato il Figlio nel mondo «non per condannare il mondo, ma perché il mondo si salvi attraverso di Lui» (Gv.3,16), ed è per questo che Cristo «si fece obbediente al Padre fino alla morte e alla morte di croce» (Fil. 2,8) e si consegnò volontariamente alla sua passione, per portare così a compimento l’opera della salvezza.


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Possiamo altresì affermare che la Chiesa trova nella Pasqua del Signore la sua fonte e scaturigine, infatti per questo è stata voluta e istituita da Dio. I Vangeli e gli Atti degli Apostoli ci confermano in questo, quando ci dicono che Gesù ha voluto che questo gioioso annunzio di salvezza fosse portato a tutto il mondo, tanto da comandare ai suoi discepoli: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo» (Mc.16,15). Da allora la Chiesa non si stanca di annunciare con gioia il cosiddetto Kerigma, ossia il primo annuncio della fede relativo proprio alla Pasqua del Signore, che cioè Gesù crocifisso, morto e sepolto è veramente risorto (cfr. At. 2,22). A conferma di questo mandato di Cristo alla sua Chiesa una sola citazione «Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi» (Gv. 20,19).

Anche i vangeli sinottici ci confermano la stretta dipendenza del mistero pasquale con la Chiesa, in particolare nel racconto della passione e in particolare nell’istituzione dell’Eucaristia dell’ultima cena. La sintetizzo così: perché il Padre ha mandato suo Figlio nel mondo? Per salvare il mondo. E come il Figlio ha salvato il mondo? Versando il suo sangue e donando la vita per noi. Ma oggi dove possiamo trovare “realmente” il corpo e il sangue di Cristo? Solo nell’Eucaristia, per il fatto che Gesù ha detto: «Fate questo in memoria di me», consegnando così alla Chiesa stessa il tesoro più grande, ossia la celebrazione eucaristica, sacramento del suo corpo e del suo sangue, strumento universale salvezza.

Da qui la felice intuizione del grande teologo Henrie-Marie de Lubac che «l’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’eucaristia», nel senso che non ha ragione d’essere la Chiesa senza l’Eucaristia, memoriale della Pasqua del Signore, ma è pur vero anche il contrario, che cioè non ci può essere Eucaristia senza la comunità (Chiesa) che lo celebra. Insieme a questo essenziale e fondamentale sacramento, che noi chiamiamo il “Santissimo”, c’è poi il battesimo, come lavacro di rigenerazione che ci rende figli nel Figlio, ma anche membri della Chiesa, comunità e famiglia di Dio. Non a caso, fin dalle origini, la notte di Pasqua venne scelta come il momento per eccellenza per il conferimento del battesimo ai catecumeni.

Ma è negli atti degli Apostoli che troviamo il compimento della Chiesa attorno a Cristo Risorto, essa è proprio fin dal suo incipit la comunità del Risorto, comunità che Egli oramai Risorto dai morti conferma con le sue apparizioni, e invia annunziando che la prossima venuta dello Spirito darà ad essa la forza di essere testimone instancabile e invincibile per tutta la terra. La predicazione apostolica, anima della vita stessa della Chiesa di tutti tempi, non viene presentata da Luca come frutto dell’intelligenza, dell’inventiva o dell’eloquenza degli Apostoli, ma come parola che scaturisce dallo Spirito ed è lo Spirito stesso che la mette in bocca agli apostoli.

La Chiesa allora nasce per gridare l’annuncio pasquale fino agli estremi confini della terra, e tale impegno non sarà mai considerato un optional, ma una vera e propria vocazione, per cui la Chiesa sa che non può non essere missionaria, ossia per sua natura inviata a portare non sé stessa, i suoi meriti e le sue gesta, ma il gioioso annuncio della salvezza, mediante il quale il mondo potrà avere la salvezza.

Giacomo D'Anna, ecclesiologo

Tempo di Pasqua, un tempo favorevole al cammino sinodale

La risurrezione di Cristo è l’evento centrale nella storia dell’umanità. La celebrazione della Pasqua di Risurrezione del Signore continua nel tempo pasquale. I cinquanta giorni che vanno dalla domenica di Pasqua ai secondi Vespri della solennità di Pentecoste si celebrano con grande gioia, come un solo giorno festivo; come la “Grande domenica”, come diceva Sant’Atanasio. La Liturgia della Parola nelle due domeniche pasquali immediatamente successive alla Domenica in Albis presentano alla contemplazione dei credenti i lineamenti del Risorto ( Agnello di Dio, Buon Pastore, Luce del mondo, Via Verità e Vita, Mediatore tra Dio e gli uomini); nelle successive due domeniche si riascoltano le raccomandazioni comunicate dallo stesso Signore ai discepoli prima della sua “andata al Padre” ed è riproposto il suo annuncio del dono del Consolatore.

Tempo di Cristo Risorto

II tempo pasquale celebra, quindi, la presenza di Cristo in mezzo ai discepoli, la sua dinamica manifestazione nei segni che diventeranno dopo la sua Ascensione il prolungamento del suo corpo glorioso: la Parola, l’Eucaristia. Cristo vive nella Chiesa. È sempre presente (SC 7). La luce del Cero pasquale è segno visibile della sua presenza luminosa e perenne. Ma ci sono altri segni della sua presenza: l’altare, il fonte battesimale, la croce gloriosa, il libro della divina Parola che è come un tabernacolo della sua presenza di Maestro, l’ambone da dove il Risorto parla sempre spiegando le Scritture. Segno di questa presenza è specialmente l’Assemblea. Solo nella prospettiva della Pasqua si avvera la promessa di Gesù: «dove due o più...» (Mt 18,20). Presenza culminante è quella dell’Eucaristia dove il Risono invita, spezza il pane, dona se stesso, offre il sacrificio pasquale.

Tempo dello Spirito

Come viene indicato da Giovanni (Gv 20,19-23), lo stesso giorno di Pasqua è già giorno dell’effusione dello Spirito Santo perché è già giorno della glorificazione di Gesù e della salvezza per la Chiesa che nasce. In questo periodo pasquale la Chiesa rilegge il libro degli Atti degli Apostoli, dove si percepisce con chiarezza l’azione libera dello Spirito Santo nella evangelizzazione e nel creare e formare le comunità della Chiesa nascente. È questo il momento liturgico e il tempo favorevole di riprendere fortemente il cammino sinodale. Sarà molto più facile, più bello e gioioso realizzare questo cammino ecclesiale. 

Mai come in questo tempo possiamo scoprire il valore dell’antico adagio «lex orandi, lex credendi», aggiungendo anche «lex vivendi».C’è una antropologia della risurrezione che rivela il cristiano e la comunità ecclesiale come presenza e prolungamento del Cristo Risorto. Sono le opere della Risurrezione, la testimonianza della vita contro l’istinto della morte, l’irradiazione della vita in una cultura che afferma la possibilità, fin da quaggiù, di una umanità nuova e rinnovata dal dinamismo dello Spirito.

Tempo dell’attesa

Nella prospettiva della Risurrezione e dell’attesa del Risorto, nella visione pasquale della Parusia, come indicata dagli angeli all’Ascensione, è questo il tempo escatologico per eccellenza. Tempo quindi di anticipazione della vita nuova e di attesa del compimento definitivo in Cristo, come suggerisce la lettura dell’Apocalisse in questo tempo liturgico. Nella gioia della Pasquale troviamo la Vergine Maria, «Fonte della nostra gioia» . Ecco perché nel tempo pasquale la Chiesa canta il Regina Coeli Laetare. Alleluia.

Tempo di uomini nuovi

Siamo, dunque, uomini nuovi della Pasqua, ma non del tutto, finché l’esperienza spirituale non faccia toccare con mano, a livello di vita, una novità totale opera dello Spirito. Allora per poter dire che la «Pasqua» è avvenuta nella nostra esistenza dobbiamo scoprire se il Risorto è sceso fino alle profondità del nostro cuore per aprire il sepolcro e riempirlo di vita e di luce. Non c’è in realtà un uomo nuovo finché non si compie in lui una mistagogia della morte- risurrezione: «Se Cristo non è risuscitato allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la nostra fede» (1Cor 15,14).

Enzo Petrolino, diacono permanente

Occasione per riconoscersi «comunità rinnovata»

Il tempo pasquale è quel periodo che va dalla Pasqua alla Pentecoste. È un’educazione alla consapevolezza che siamo rinati come “conrisorti”. Condensa i fatti che, riattualizzati nella vita del cristiano, muovono il passaggio dall’incontro con il Cristo risorto alla “nascita” della Chiesa. È un tempo durante il quale si intrecciano quattro traiettorie teologiche: la cristologica, la pneumatologica, l’ecclesialesacramentale, l’escatologica. Sono traiettorie che ci riguardano!

Queste trovano prima espressione nella Liturgia che - ben altro da vuoti ritualismi e muti segni irrompe nel tempo come azione di un popolo che ha incontrato, vuole celebrare, si riconosce in Cristo risorto e lo vuole annunciare.

Il cristiano - uomini e donne sempre in cammino - vive uno spazio ormai definitivamente cristicoecclesiale, vive in un tempo già dentro la resurrezione e proteso al fine incipiente del giudizio di amore su quanto accade. La dimensione cristologica è focalizzata sull’incontro con Cristo risorto che ridisegna una nuova via verso il cielo, utile a vivere già il paradiso in terra. Il Maestro si presenta ai suoi apostoli con i segni della passione e la luce delle ferite.

Consegna ai “suoi” l’unica vera ragione dell’essere comunità rinnovata: l’annuncio della buona notizia! Cristo porta pace a chi vive serrato dietro la porta delle sue paure e, ancora una volta, si fida di tutti coloro che diranno il proprio «sì». La dimensione pneumatologica ci immette nella relazione con lo Spirito donato quale garanzia di continuità della prossimità e degli insegnamenti del Maestro. È la relazione per la quale discernere i segni della presenza, della azione e dell’agire secondo la parola, la volontà, il cuore del Risorto. Non siamo rimasti soli!

L’alito di Dio, che aleggiava sulle acque primordiali, riporta armonia e incide profondamente in quanti si fidano di Lui. La dimensione ecclesiale-sacramentale - un unico cuore nelle sue due parti - è riconoscersi “convocati” per la lode per un nostro perpetuo rinnovarci attraverso l’azione dei sacramenti nel mistero fatto carne crocifissa e risorta; nella misericordia consegnata agli impauriti; nel mandato; della unzione. È essere chiesa, corpo mistico del Cristo risorto- perché la grazia dei sacramenti raggiunga tutti i popoli.

A noi Chiesa è affidato l’unico messaggio: «Cristo è risorto», tutto il resto è funzionale a ciò oppure inutile. Tutto il resto è un segno che non può oscurare la verità del grande, semplice, esistenziale unico annuncio: «Cristo è risorto». La dimensione escatologia, infine, è la tensione verso l’incontro definitivo. È la ragione attraente per la quale, morendo per la morte della vanità e dell’orgoglio, rinasciamo in un tempo nuovo, ci muoviamo verso un’attesa, un incontro con Colui che ritorna a noi. Il senso del tempo, nell’eschatos, si riconfigura, ancora una volta, come tensione, movimento non verso il nulla o verso la morte, ma verso un destino di compimento, per il quale, in armonia con l’universo, anche noi potremo dire: «tutto è compiuto».

In sintesi il tempo pasquale è una buona occasione per chiedersi: Ho incontrato il Cristo risorto ed in Lui sono risorto? Cerco “le cose del cielo”- sebbene impastate con quelle della terra- con uno sguardo rinnovato dalla luce della Pasqua, con la vista nuova di chi, aperti gli occhi nel buio, ha visto la Luce?

Vivo la relazione con lo Spirito che rinnova tutte le cose e mi costituisce contemporaneo all’Eterno? Nelle mie scelte e nelle mie parole dò corpo all’afflato di Dio? Vivo la dimensione ecclesiale e in questa comunità di fratelli collaboro all’unico autentico mandato: annunciare in parola e fatti che «la vita ha vinto la morte»… Quale grande forza, quale speranza piena, quale alimento di senso in tutto questo! Vivo la traiettoria dell’eskatos? Di una vita che si muove verso un destino di compimento e che non è già piena, che non è la corsa al soddisfare bisogni, la presunta sicurezza in sicurezze fallaci, in cose, in ruoli, in relazioni fugaci?


PER APPROFONDIRE: È iniziato il tempo di Pasqua, che cosa significa?


Il tempo pasquale è una buona occasione per tutto questo, non solo per un esame di coscienza che centri tutto e ancora una volta su di noi. È l’occasione, certo, per una rilettura della nostra vita, ma ancor più per una svolta, per una rinascita, per il continuo ricominciare, per il determinato rinascere che, per l’azione dello Spirito, ci ristabilisce nella relazione con il Risorto e per la grazia dei sacramenti, confermandoci come popolo in cammino, ci dà il senso, l’orientamento di una vita in pace, perché verso un destino di compimento. In tutto ciò una buona guida potrebbe essere il libro degli Atti degli apostoli e un buon proposito quello di leggerlo.

Valerio Chiovaro, biblista

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