Avvenire di Calabria

La realtà ispirata al carisma dell'indimenticato sacerdote reggino, fra i primi ad assistere persone con Hiv

Speranza per i malati di Aids, a Reggio Calabria si chiama “Casa don Italo”

Da oltre trent'anni svolge un servizio fondamentale e una preziosa opera sociale anche grazie alla firma per l'8xmille

di Redazione Web

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Accanto ai malati di Aids, a Reggio Calabria un servizio prezioso nel nome di don Italo Calabrò. Prosegue da trent’anni anche grazie alla firma per l’8xmille

Nata nel 1994, la Casa alloggio “Don Italo Calabrò” è ancora punto di riferimento prezioso per chi convive col virus Hiv Oggi offre supporto e assistenza non solo sanitaria ai suoi ospiti. Li accompagna nel loro pieno reinserimento nella società. Una storia a sostenersi anche grazie al prezioso supporto di un movimento di solidarietà tra varie associazioni e la Caritas diocesana e con il contributo dell’8xmille alla Chiesa cattolica

A Reggio Calabria il "rifugio" sicuro e accogliente per chi combatte contro l'Aids

Casa “Don Italo Calabrò” è un rifugio sicuro e accogliente per chi combatte contro l’Aids, nata negli anni novanta per rispondere a un’emergenza sanitaria e sociale che ha segnato profondamente anche la città di Reggio Calabria.


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Questo luogo, negli anni, anche grazie al sostegno di molti benefattori e al contributo dell’8xmille alla Chiesa cattolica, ha offerto un tetto, ma anche sostegno e dignità a persone spesso emarginate e discriminate, trasformando vite attraverso solidarietà e amore. Ne parliamo con il responsabile, Franco Marcianò.

Perché una casa per malati di AIDS a Reggio Calabria?

Casa “Don Italo Calabrò” nasce nel 1994, quando l’epidemia di Aids diventa una problematica sanitaria anche nella nostra città. In quegli anni, l’Hiv colpiva soprattutto le categorie sociali più emarginate, come prostitute, omosessuali e tossicodipendenti, spesso discriminate e stigmatizzate. Non esistevano luoghi per accogliere queste persone. Il Ce.Re.So, centro Reggino di Solidarietà avviò un appartamento a San Gregorio per ospitare tossicodipendenti affetti da Aids che non potevano seguire il programma comunitario. Nasce così Casa “Don Italo”. Negli anni non son mancati importanti contributi, come quello delle suore di Carità, meglio conosciute come “Suore di Maria Bambina”. Così come periodi di difficoltà.

Questi ultimi come sono stati superati?

A un anno dalla sua nascita la Casa “Don Italo Calabrò” si trasferì a Nasiti, dove fu ben accolta dalla popolazione. A causa di difficoltà economiche, però, il servizio fu sospeso. Tuttavia ci si rese conto dell’importanza di un’accoglienza così unica e preziosa verso persone sole, senza alcuno su cui contare. Veniva così chiesto ad altre associazioni presenti sul territorio di aiutare casa don Italo a sostenersi. Ne è nato un movimento di solidarietà fra Ce.re.so, Caritas diocesana, Associazione di volontari don Italo Calabrò e Piccola Opera Papa Giovanni. Quest’ultima oltre ad assumerne la gestione economica, riorganizzò il servizio, convenzionandosi con l’Asp per un servizio domiciliare. Un’opera che continua ancora oggi nonostante i pochi finanziamenti.

Quale servizio offre attualmente la Casa ai suoi ospiti?

I progressi fatti in ambito medico e terapeutico hanno contribuito a migliorare la qualità e a permettere una maggiore aspettativa di vita per le persone che convivono col virus, anche se ancora non c’è la completa guarigione. Nonostante non manchino difficoltà economiche, il nostro servizio prosegue nel tentativo di rispondere ai nuovi bisogni. Innanzitutto a supportare dal punto di vista psico-fisico coloro che affrontano la malattia sulla propria pelle.


PER APPROFONDIRE: Don Italo Calabrò, l’uomo che cambiò Reggio


La casa è diventata un appartamento di prossimità in cui la persona che fa richiesta di ingresso viene aiutata a diventare protagonista della propria vita. La casa è autogestita ed il supporto degli operatori della Piccola Opera è educativo e di assistenza domiciliare. Il supporto principale è che ciascuno, attraverso un progetto individuale personalizzato, possa recuperare dignità e reinserirsi nel tessuto sociale.

Un servizio prezioso, il vostro, che oltre alla cura della salute, mette al centro la dignità della persona. In che modo si sostiene?

Anche grazie all’8xmille. Il sostegno alla Chiesa Cattolica è un aiuto che permette un sostegno alle progettualità educative e soprattutto al reinserimento sociale. Anche chi non può farsi prossimo alle persone che accogliamo, grazie alla firma per l’8xmille può partecipare al loro progetto di vita. È un modo di sostenere e non isolare le persone.

Rispetto a trent’anni fa, sicuramente, l’approccio con l’Aids è cambiato. Ma è tutt’altro che definirla malattia invisibile. Quale messaggio vorrebbe tuttavia condividere con la comunità?

Per quanto la ricerca clinica stia andando avanti negli ultimi anni, le attuali statistiche confermano che la battaglia contro il virus dell’Hiv è ancora impegnativa. C’è quindi la necessità di riportare l’attenzione soprattutto sulla fascia giovanile, con politiche che possano produrre azioni incisive di informazione e di prevenzione. È quello che stiamo tentando di fare dal 2015 ideando e promuovendo il progetto “Effatà”, finanziato da Caritas Italiana. Ancora oggi la Caritas diocesana fa parte di un tavolo di lavoro volto a prevenire la diffusione del virus.

Da sapere| La firma che fa bene: 8xmille un piccolo gesto per una grande missione

Tutto quanto abbiamo raccontato in questa pagina è reso possibile da una semplice firma, quella per l’8xmille, grazie alla quale la Chiesa non lascia indietro nessuno: poveri, immigrati, disoccupati, anziani, giovani, donne sole e famiglie vulnerabili. «Se non ci fosse la Chiesa e il lavoro straordinario svolto dalla macchina del volontariato ci sarebbe un vuoto enorme», afferma Monzio Compagnoni.

Ma come firmare?

Innanzitutto, la firma non è una tassa e al contribuente non costa nulla. Quella dell’8×mille alla Chiesa cattolica è una firma che può essere apposta da tutti coloro che concorrono al gettito Irpef: chi presenta il 730, chi presenta il Modello Redditi, ma anche chi dispone solamente del Modello Certificazione unica, per chi possiede unicamente redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati e non è obbligato a presentare la dichiarazione.


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Sia nel 730 che nel Modello Redditi e nel Modello Cu bisogna firmare nel riquadro relativo alla scelta per l’8xmille dell’Irpef nella casella “Chiesa cattolica” facendo attenzione a non invadere le altre caselle per non annullare la scelta. Nel Modello Cu bisogna firmare anche nello spazio “Firma” posto in basso nella scheda. Per ulteriori chiarimenti su come firmare è possibile visitare il sito: https://www.8xmille.it/come-firmare/

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