Avvenire di Calabria

Un lascito alla Biblioteca “Farias” in memoria del professore Vincenzo Panuccio

di Francesco Tripodi

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Il patrimonio librario della Biblioteca diocesana “Domenico Farias” si è arricchito in questi giorni di una importante donazione fatta dai familiari del Prof. Vincenzo Panuccio, insigne cattedratico reggino del diritto civile e commerciale scomparso alcuni anni fa, che ha insegnato per lunghi anni all’Università di Messina, oltre che apprezzato avvocato civilista ed illustre figura di intellettuale reggino, fondatore tra l’altro degli “Amici del Museo”.

Si tratta di sei preziose opere di diritto stampate tra il Seicento e l’Ottocento, di grande valore storico ed antiquario, nonchè della collezione completa della rivista “In iure praesentia”, ormai quasi introvabile, che lo stesso fondò nel 1975 e che ha cessato le sue pubblicazioni nel 2007.
L’occasione è utile, oltre che per dire qualcosa sulla storia di questa rivista, per ricordare qualche tratto del prof. Panuccio da parte di chi ha studiato sui suoi libri, lo ha tante volte ascoltato e lo ha seguito con lo sguardo, ancora fino a pochi anni fa, arrampicarsi alle 8 del mattino con fatica ed entusiasmo sulla passerella dell’aliscafo per Messina. Sempre con quel sorriso sbarazzino e impertinente che si è portato addosso tutta la vita.


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Perché, se una cosa viene subito da pensare a proposito del prof. Panuccio è che la materia del diritto, indispensabile certo, ma noiosa come poche altre nell’opinione della gente comune, per lui era una passione, quasi talvolta un divertimento dello spirito.

Dico divertimento e non vorrei sembrare irriverente, essendo egli un professore, consapevole come pochi, di quanta serietà e limatura richiede scrivere un testo destinato alle stampe, atto finale di una riflessione, fatta di dubbi, autocritica, ascolto degli altri. Una pubblicazione universitaria segnava allora con trepidazione la tappa di una vita e non serviva solo a farci qualche “credito” per cattedre e concorsi. Lui stesso lo ha raccontato in un bel libro del 1994 che contiene i ricordi, tra gli altri, suoi e proprio di Don Domenico Farias, del filosofo del diritto reggino Rodolfo De Stefano (libro che, chi vuole, troverà in biblioteca).

Quello che traspariva nei suoi interventi era il gusto di comprendere e far comprendere come il diritto, in mani sapienti ed umanamente ricche, poteva farsi con pazienza strumento pacifico di progresso, svelando spazi inattesi di ragionevolezza e comprensione nei rapporti umani. Sia Panuccio che Farias hanno riflettuto a lungo sul “mistero” dell’interpretazione dei testi e sul ruolo del giurista come propulsore di valori ed impegno civile, scrivendo pagine memorabili.

“In iure praesentia” nasce in quegli anni (lo spiegava Panuccio nel presentare il primo numero) per la volontà di dare alla produzione del diritto – che nasceva nelle aule dei Tribunali di Reggio e provincia, ma anche della vicina Messina e meridionali in genere – uno spazio di visibilità e dibattito maggiore, in un panorama di riviste giuridiche tutto romano e settentrionale.
Certo, il sogno di creare sullo stretto uno spazio nuovo e diverso di cultura giuridica era forse ingenuo e destinato ad incontrare dopo gli entusiasmi iniziali (come è stato) sempre nuove difficoltà. Così come, certamente, larga parte dei contributi pubblicati sconta ormai la ruggine del tempo e mutamenti epocali non solo di norme, ma di approcci e culture.

Le annate a disposizione di studenti e studiosi saranno in ogni caso uno spazio di ricerca di notevole interesse per chi voglia misurare l’evoluzione del diritto in una dimensione locale, ricostruendo ad esempio la “cultura” dei giudici calabresi, anche se per lo più di area civile e non penale (ed è un peccato) di fronte a problemi sociali spesso rimasti irrisolti in Calabria più che altrove.

Di questa passione rimasta sempre giovanile e al tempo stesso rigorosa per il diritto, resta ancora di Panuccio (e lo troverete sempre in biblioteca) un aureo libricino pubblicato nel 1984 dal titolo originale “La fantasia nel diritto” nel quale analizza il significato di questa categoria del pensiero umano dalla storia e dalla filosofia fino alla interpretazione e nella scienza del diritto. Da esso, sfogliandolo, ho tratto le parole qusi di monito che seguono, profondamente attuali (in epoca di no vax, accademici da talk show ed altre amenità): «Si comprende bene, ma sia chiaro fin d’ora, che il principio qui sopra ricordato, secondo cui la fantasia serve alla conoscenza solo se ne accetta il controllo finale, è un principio generalissimo che, essendo valido per ogni scienza, si estende senza limitazioni alla scienza del diritto».
Parole senza sconti, tutte nel suo stile.

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