Avvenire di Calabria

Scitto da Antonio Chilà, in passato capo redattore all'Osservatore Romano: è un excursus storico-sociale che va dal 1165 al 1986

Un libro per riscoprire la storia della diocesi di Bova

Redazione Web

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di Giorgio Neri - E’ un’opera imponente quella scritta da Antonio Chilà, un passato da capo redattore all’Osservatore Romano, organo ufficiale dello Stato Vaticano. “La diocesi di Bova dalle origini al 1986”, edito da Rubbettino. Il volume, anzi per meglio dire, un vero e proprio ‘tomo’, è stato  presentato a Bova lo scorso sabato, per iniziativa dell’Associazione Bova Life, presieduta da Saverio Micheletta.

Un libro di quasi 700 pagine che indaga, attraverso un arco temporale di quasi mille anni, la storia “di una prestigiosa anche se non territorialmente estesa Diocesi – scrive Antonio Chilà nelle prime pagine del suo libro -  con un Seminario culturalmente vivace, centro di formazione di futuri vescovi, sacerdoti, chierici e numerosi laici, diffusori del messaggio cristiano e degni rappresentanti dell’antica «Vua, I Chora, lu paisi», capoluogo amministrativo e religioso del paesi grecanici fin dall’epoca bizantina.

Le origini della diocesi sono molto frammentarie. E’ citata per la prima volta in una Bolla di Papa Alessandro III, Sicut in humanis, del 19 dicembre 1165. Ma è un documento che ‘conferma’ l’esistenza  di questa diocesi, evidentemente già fondata qualche decennio prima, ed inserita tra i territori delle più antiche circoscrizioni vescovili di Reggio e Gerace. 

E’ un lavoro accurato di sintesi e selezione di documenti, manoscritti, ricostruzioni storiche, quella di Antonio Chilà, che si ritrova spesso di fronte  a fonti contraddittorie, poco credibili e altrettanto inaffidabili. Ma riesce a fare sintesi, a dare un ordine logico agli eventi, all’intera storia della Diocesi.

Nell’incontro di Bova, nel piazzale della Chiesa di Santa Caterina, aperto dal Sindaco di Bova Santo Casile, moderato dal giornalista Gianfranco Marino, e presieduto da Saverio Micheletta dell’Associazione Bova Life, gli interventi di Mons. Antonio Denisi, Decano del Capitolo Metropolitano dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova, e attraverso un messaggio scritto, del prof. Pasquale Tuscano, dell’Università degli Studi di Perugia, e dello stesso autore.

“Un libro – ha commentato il Prof. Tuscano – che offre un metodo nuovo e originale di raccontare gli avvenimenti, sui quali l’autore cerca di fornire una motivazione storica, anche su quelli – sottolinea – sui quali non esistono testimonianze affidabili. Un testo che sarà certamente gradito agli storici di professione, anche se ne tesse il racconto in un modo originale, certamente inconsueto, quasi col distacco del romanziere”.

Ma al di là delle origini, basate su una cronotassi frammentaria ma pur sempre su notizie puntuali, il libro, nel decorso del tempo, assume sempre più autorevolezza “stabilendo – evidenzia il prof. Tuscano – alcuni punti fermi sulle ragioni delle evoluzioni e delle involuzioni che caratterizzano la storia della Diocesi di Bova”, dove non fu facile e spesso contrastata da lotte intestine e scontri con la classe politica, l’opera e l’azione di molti presuli. 

E proprio su questi temi si è soffermato Mons. Antonio Denisi, decano del Capitolo Metropolitano della Diocesi di Reggio Calabria-Bova, e vicario dell’ultimo Vescovo residenziale di Bova, Mons. Aurelio Sorrentino, quando accorpata la Diocesi di Bova fu nominato Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria e Bova.  Prima la ‘funesta tragedia’ del passaggio dal rito greco-bizantino a quello latino, imposta dal Vescovo  Giulio Stavriano, ma anche il  ‘martirio’ personale e spirituale subito da Mons. Giuseppe Cognata, Vescovo di Bova dal 1933 al 1939. “Un uomo che fece gran bene a Bova – ha raccontato Denisi – E non solo a Bova, fondando la Congregazione delle Suore Oblate del Sacro Cuore. Fu bersaglio di accuse infamanti, da parte di alcune sue suore, e da alcuni preti con il compiacente assenso di gerarchi fascisti. Viene privato della dignità episcopale e ridotto a semplice salesiano e trasferito al Nord Italia in una sorta di ‘confino’.

“Fu il «Vescovo del silenzio» scrive Antonio Chilà nel suo libro. Si volle umiliare, offendere e colpire un presule che rifiutò compromessi e condannò comportamenti non leciti di alcune religiose della Congregazione de lui fondata, pentitesi, anni dopo, della loro inqualificabile scelta”.  “E non fu l’unico – ha poi ancora detto Chilà – Molti altri vescovi hanno subito dal Clero e da molti nostri concittadini molte persecuzioni”.

La storia di Mons. Cognata ha avuto un lieto fine, postumo purtroppo. “Lo scorso 19 aprile, grazie anche all’instancabile opera dell’ex Magistrato Giuseppe Viola – ha ricordato Mons. Denisi -  la figura di Mons. Cognata è stata riabilitata da Papa Francesco che nel definire ingiusta la sentenza a carico del Presule agrigentino “di cui non si deve tener conto”, ha introdotto la causa di Beatificazione e Canonizzazione di Mons. Giuseppe Cognata nel processo che si aprirà a Tivoli il prossimo 12 dicembre.

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