
Il segreto di Francesco. La riflessione dell’arcivescovo Morrone sul Papa venuto «dalla fine del mondo»
Un momento di intensa comunione ecclesiale ha riunito la comunità diocesana di Reggio Calabria –
Un modello economico che crea disparità è «un'ipoteca sociale». La ricchezza nelle mani di pochi, Nulla da eccepire sotto il profilo economico-finanziario, ma questo è davvero sostenibile eticamente? No, secondo i successori di Pietro che difendono la proprietà privata, ma si mostrano decisamente avversi rispetto alla speculazione affaristica
Le ingiustizie, le diseguaglianze, sono fra le principali cause che determinano le guerre e che minano le basi della convivenza civile fra le nazioni e fra i cittadini. Squilibri e diseguaglianze costituiscono delle strutture di peccato che il cristiano è chiamato a combattere. Superare gli squilibri e le ingiustizie a livello locale e globale è un imperativo etico per il cristiano. E l’ingiustizia e gli squilibri fanno ormai parte della nostra vita quotidiana, anche se forse ci siamo troppo abituati a questo stato di cose. È ingiusto che lo stipendio del top manager sia anche cento volte superiore al salario del lavoratore, è ingiusto non accogliere il migrante che fugge da guerre, da conflitti e dalla povertà, è ingiusto che ancora oggi in Italia più del 12 % della popolazione sia in condizione di povertà assoluta e quasi il 30% della popolazione sia in una situazione di povertà relativa. La povertà non romantica, come spesso per giustificarci immaginiamo che sia, ha il volto di un padre che non sa cosa dare da mangiare ai suoi figli, ha il volto dello sfrattato che non sa dove potrà andare a vivere con la famiglia, ha il volto del malato che non ha i soldi per curarsi.
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La scelta preferenziale degli ultimi è la scelta che la Chiesa è chiamata a fare e che significa non solamente fare opere di carità ed elemosine, ma è qualcosa di più profondo. Significa usare come metro di giudizio e di valutazione quello dei poveri, mettersi nei loro panni e guardare il mondo attraverso i loro occhi.
«La necessità di risolvere le cause strutturali della povertà non può attendere, non solo per una esigenza pragmatica di ottenere risultati e di ordinare la società, ma per guarirla da una malattia che la rende fragile e indegna e che potrà solo portarla a nuove crisi. I piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie. Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della inequità non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema. L’inequità è la radice dei mali sociali» (Evangelii Gaudium, 202).
Il capitalismo, nella sua forma più estrema, quella che insegue unicamente il profitto, produce esclusione e diseguaglianze.
Contro questa visione i cristiani non possono non alzare la voce. Il benessere di una società non può essere misurato solo con il livello di ricchezza che si produce, ma, anche e soprattutto, con il grado di distribuzione di questa ricchezza prodotta. Se a migliorare la condizione sono solo quelli che stavano bene non si è avuto nessun miglioramento sociale. Il vero miglioramento sociale si misura a partire dal miglioramento della condizione degli ultimi e di coloro che stanno peggio. Combattere la disuguaglianza e la povertà strutturale significa operare con questi criteri in ogni ambito della nostra esistenza. Significa acquisire una responsabilità sociale e la convinzione che i beni hanno in ogni caso una destinazione universale e chi, per fortuna o per altro, ne possiede in gran quantità non deve dimenticare che di quei beni ha diritto a godere tutta l’umanità. La ricchezza non è un male, ma è l’uso distorto che se ne fa che la può rendere un male. Usare i beni terreni nel rispetto della loro destinazione universale è la ricetta per un loro corretto uso.
Illuminante in questo senso è un passo della Laudato Sii in cui papa Francesco riprendendo il magistero di Giovanni Paolo II scrive: «“Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno”. Sono parole pregnanti e forti quelle di Giovanni Paolo II… Con grande chiarezza ha spiegato che “la Chiesa difende sì il legittimo diritto alla proprietà privata, ma insegna anche con non minor chiarezza che su ogni proprietà privata grava sempre un’ipoteca sociale, perché i beni servano alla destinazione generale che Dio ha loro dato”. Pertanto afferma che «non è secondo il disegno di Dio gestire questo dono in modo tale che i suoi benefici siano a vantaggio soltanto di alcuni pochi».
* Economista e ordinario Unirc
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