Avvenire di Calabria

La storia Gaetano Migliore, poeta del volontariato

Un’esperienza sempre nuova

Federico Minniti

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Lina e Gaetano Migliore sono marito e moglie e vivono da due anni l’esperienza del Soggiorno Sociale. Una vita nella parrocchia di Santa Maria dell’Odigitria, nel quartiere di Sbarre Centrali a Reggio Calabria, adesso – con l’incedere degli anni – hanno trovato ristoro per una settimana estiva in quel di Cuccullaro. Un «faro nella montagna» scrive Gaetano, ferroviere in pensione, ma da sempre con la passione per la scrittura (ha anche collaborato con il nostro settimanale L’Avvenire di Calabria, ndr) e che ha dedicato a Cucullaro diverse poesie in madrigale. «Qui insieme siamo tanti fiori», così Gaetano rilegge in versi il “suo” Soggiorno Sociale.

«Siamo arrivati qui grazie al nostro parroco (don Pasqualino Catanese, ndr)», dice Lina spiegandoci le difficoltà di salute del marito e il “toccasana” di una settimana in montagna. «Abbiamo trovato degli angeli ad accoglierci » prosegue Lina. Gaetano è accolito e vive l’esperienza del Soggiorno Sociale con grande spiritualità. A svelarne i sentimenti genuini sono le sue poesie, come quella dedicata a Lollo e Maria Grazia, due fidanzati che condividono l’esperienza del volontariato a Cucullaro. «Sono meravigliosi gli amori innocenti», scrive Gaetano. Coi suoi occhi, nonostante il morbo di Parkinson, riesce a scorgere i sentimenti puri di chi gli sta intorno. Rapporti che proseguono anche una volta scesi dall’Aspromonte e che comunque si riflettono nella vita quotidiana nella comunità parrocchiale. Così Lina trova, anno dopo anno, nuova linfa per proseguire con il suo impegno in parrocchia, oltre che un sostegno morale altissimo nell’affrontare le sfide che la malattia del marito gli impone. Lo fa insieme al figlio, il quale ha deciso di dedicarsi totalmente alla cura dei propri genitori.

 

Elvira Chirico: Quei volontari che ti trattano da figli.

Ci spostiamo nel quartiere di Archi Cep. Ad attenderci nella sua casa tra i palazzi tutti uguali c’è la signora Elvira Chirico con la figlia. Per le il Soggiorno Sociale non dovrebbe finire mai: «Una settimana è troppo poco, volevo stare di più» ci dice. «Mi sono trovata benissimo – ci spiega – ed ho scoperto una cosa nuova: confidarsi, parlare può essere un sollievo».

Un’esperienza in cui si respirava entusiasmo contagiante: «Se penso ai volontari è come se pensassi ai miei figli tanto è stato l’affetto che mi hanno dimostrato». Un rapporto che si mantiene anche durante l’anno. Scopriamo, infatti, che Elvira ha l’abitudine di chiamare ad ogni ricorrenza i volontari e gli ospiti con cui è rimasta più legata.

Non c’è compleanno e onomastico che sfugge alle sue attenzioni. «La prima cosa che si vive a Cucullaro è la fede – spiega ricordando tutta la sua vita trascorsa in parrocchia – la Parola di Dio è sempre nuova: non è vero che “sono sempre le stesse cose”.

La stessa Parola può essere diversa ogni volta che viene ascoltata». Un ambiente, quello di Cucullaro, che agevola l’autenticità delle relazioni: «Nel quartiere ormai si è perso il senso di condivisione, mentre lì – conclude Elvira, riferendosi al Soggiorno San Paolo – si respira proprio aria di famiglia».

 

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