Avvenire di Calabria

«Votare? È un affare morale». Oltre i candidati, l’etica impedisce l’astensione. Urne aperte oggi in Calabria. Si vota fino a domani

Urne aperte in Calabria. Ecco perché andare a votare

Il regionalismo che non convince e la filosofia dell’alternanza tra destra e sinistra. Ma scegliere di non scegliere rischia di essere un autogol

di Mimmo Nunnari

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Urne aperte in Calabria. Ecco perché andare a votare.

Urne aperte in Calabria

Si vota per eleggere sindaci e consigli comunali di alcune grandi città italiane e in Calabria, unica regione al voto, il presidente della Giunta e il consiglio regionale. Ci recheremo alle urne tecnicamente con tre possibilità: scegliere chi votare, votare scheda bianca, o invalidarla per farla annullare.

C’è anche l’opzione di astenersi dal voto standosene a casa: chiaro segno di sfiducia alla politica che da tempo non gode di buona salute perché i partiti, quasi tutti, o tutti, hanno pessima reputazione.

Eppure “scansare” le urne, rinunciare al voto che è simbolicamente importate in ogni democrazia, non è considerato un atteggiamento responsabile, per una serie di ragioni: la prima è che dove ci sono i dittatori la prima cosa che mettono fuori legge è la competizione elettorale, ciò significa che l’atto di votare è temibile per gli antidemocratici ed è un’arma per il cittadino.


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C’è poi da considerare che il voto un diritto: un esercizio democratico importante, conquistato a volte dopo anni di ingiustificabile esclusione com’è accaduto in Italia con le donne che solo nel 1946 poterono votare per la prima volta.

Detto ciò, aggiungendo che la Costituzione è l’ossatura della democrazia, e i partiti sono la linfa vitale, la domanda è: «Vale la pena votare se siamo profondamente delusi dai partiti e dagli uomini che li rappresentano, nel migliore dei casi personaggi autoreferenziali»?

Una prima risposta istintiva ci porterebbe a rispondere no, non vale la pena, ma ci sono delle riflessioni da fare prima di pronunciare il no. In Italia, nazione dall’unità malcerta, che ha vissuto vent’anni di dittatura fascista, ed è ammalata adesso di degenerazione partitocratica, va tenuto a mente che votare - comunque - è una delle poche cose che gli italiani del Nord, del Centro e del Sud, hanno in comune.

Tutto il resto è divisione, disuguaglianza, conflitto, mancanza del senso della comunità. L’impulso a votare, soprattutto al Sud, nel nostro caso in Calabria, a parte le convinzioni politiche e ideologiche di ognuno, dovrebbe perciò venire dalla possibilità di usare il voto come unico potere “uguale” dell’elettore, in un’Italia “disuguale”.


PER APPROFONDIRE: Elezioni regionali, ecco tutti i candidati in lizza nella circoscrizione reggina


Ma qui subentrano le domande fondamentali da porsi: quanto incido col mio voto? Riuscirò a scegliere bene, in un contesto di candidature generalmente impresentabili? C’è un aforisma di Orson Scott Card, scrittore di fantascienza statunitense, che la dice lunga sulla base di quale ragionamento votiamo: «Se i porci potessero votare, l’uomo col secchio della brodaglia sarebbe eletto capo porcile ogni volta, non importa quante macellazioni compie sul posto».

Una metafora triste “il voto del maiale”, che indica quanto la “brodaglia”, cioè il clientelismo, lo scambio, la fame, la necessità, la fanno da padroni. Nel nostro caso [Calabria] ci troviamo ormai da decenni con una classe dirigente e politica suddita che poco conosce il significato di “bene comune” e men che meno lo applica nell’esercizio del fare politica (salvo le dovute eccezioni) e che fa decidere le cose a Roma, da colonizzatori d’occasione, da manutengoli dei partiti.

Eppure, l’elettore calabrese si è difeso, o ha tentato di difendersi, in cinquant’anni di regionalismo. Non ha, infatti, mai rinnovato la fiducia alla stessa coalizione politica: un fenomeno unico tra tutte le regioni italiane e questo vorrà pur dire qualcosa. C’è, infine, da considerare che la Calabria è la regione che non si è mai riconciliata con se stessa dopo gli strappi dolorosi del 1970 che hanno prodotto la scempiaggine istituzionale di una Giunta in una città, Catanzaro, e di un Consiglio in un’altra, Reggio.

Serviva, proprio in questa competizione elettorale, che i partiti, i candidati, presentassero un programma di riconciliazione, di rappacificazione, di promozione del sentire comune, per combattere poi, tutti insieme, la battaglia per la riduzione del divario col Nord, per una buona sanità, per la realizzazione di infrastrutture necessarie allo sviluppo, per il lavoro, per la dignità. Sarebbero tanti dunque tanti i motivi per decidere di non partecipare al voto ma c’è un elemento che fa pendere la bilancia dall’altra parte, se l’atto del votare diventa affare morale, cioè una questione (intima) che ha a che fare con che cosa vuol dire essere cittadini di una democrazia. Per cui è difficile poter decidere dal tirarsi indietro.

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