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Ventidue anni fa ci lasciava Italo Falcomatà. È passato così tanto tempo da quel triste e freddo 11 dicembre 2001. Quel giorno la città di Reggio Calabria si risvegliava orfana del sindaco della sua "primavera". Un vuoto incolmabile quello lasciato dall'indimenticato primo cittadino che l'allora arcivescovo del tempo, Vittorio Mondello, definì: «Sindaco di tutti».
Si è scritto e si è detto tanto in questi anni di Italo Falcomatà. Un ricordo il suo che rimane indelebile nel cuore di chi lo ha conosciuto e a perenne memoria anche delle nuove generazioni che continuano a sentir pronunciare quel nome. Su un aspetto sono tutti concordi. Falcomatà è stato un sindaco con la "s" maiuscola; "il" Sindaco appunto, come tutti lo appellavano. Il Sindaco, ma anche l'uomo dall'immancabile "sorriso" (suo tratto distintivo). Un padre.
A proposito dell'Italo genitore. Commosso il ricordo, oggi, del figlio Giuseppe, attuale sindaco di Reggio Calabria. «Rileggo le parole che ti ho dedicato in questi ventidue anni e stento a riconoscerle, non le sento più mie. Ogni pensiero è figlio di quel momento, di quel periodo, di quell’istante; ma anche se con forme e parole sempre diverse, sempre nuove, l’amore rimane lo stesso. Immutato», il pensiero di Giuseppe affidato alla sua pagina Facebook.
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«Perché l’amore non è amore “se muta quando scopre un mutamento, o tende a svanire quando l’altro s’allontana”, ricordi? E in tutto questo mondo che muta, in cui cambiano gli usi, i costumi, cambiano le persone che vi abitano, continuerà a esistere sempre un luogo dell’anima nel quale il bagno di casa profumerà di pino silvestre e dalla radiolina rossa passeranno le note di “parlami d’amore Mariù” canticchiata a denti stretti tra un passaggio e l’altro della Gillette», ancora l'attuale sindaco.
Il post si conclude con questo ricordo: «In questi giorni di terra e polvere che tira vento e poi magari piove, rimani a fare da guida a questa barca come quel faro che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; perché non esiste distanza che tenga quando basta chiudere gli occhi. Ciao».
le parole di monsignor Vittorio Mondello, quell'anno della dipartita di Italo Falcomatà, arcivescovo di Reggio Calabria - Bova. Questo è quanto disse sul sindaco della Primavera di Reggio proprio quel triste giorno dell'ultimo saluto, così come riportato sulle pagine di Avvenire di Calabria del 15 dicembre 2001, la cui apertura fu dedicata proprio alla triste notizia: «La sua vicenda ha oltrepassato i confini del territorio: è diventata una storia di tutti, un simbolo della nostra stessa condizione umana. Un segno emblematico della fragilità dell'uomo, ma anche della sua tenacia, del coraggio indomito e della forza degli ideali».
«Per coincidenza che la Provvidenza ha permesso, il tempo della sua azione amministrativa è coinciso quasi pienamente col mio Ministero episcopale in diocesi. Abbiamo avuto modo, negli anni trascorsi, di incontrarci frequentemente, di dialogare, di scambiare i nostri punti di vista», ancora le parole di monsignor Mondello.
PER APPROFONDIRE: Il giornalista Mario Calabresi ricorda Italo Falcomatà
«Italo Falcomatà ha veramente amato Reggio, la sua città, per la quale - sottolineava l'arcivescovo del tempo - ha speso le sue migliori energie e superato enormi difficoltà che avrebbero spinto chiunque a desistere dal cammino intrapreso. Non potrò mai dimenticare i meticolosi resoconti che mi faceva, venendo insieme ai componenti della Giunta Comunale. Condivideva il suo sogno di rendere Reggio sempre più "bella e gentile"».
«La sua statura morale non è di alcuni. Appartiene alla Città, perché lui è stato il Sindaco di tutti», ancora Mondello, oggi vescovo emerito dell'arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova che conserva nitido il ricordo di quella stagione, non a torto definita "Primavera" di Reggio Calabria.
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