Avvenire di Calabria

Guida e pastore della diocesi di fondazione paolina dal 1950 al 1977, il suo ricordo e il suo insegnamento sono ancora indelebili nella comunità reggina

32 anni fa la nascita al cielo di monsignor Ferro, il «vescovo santo»

Nella Basilica Cattedrale di Reggio Calabria oggi alle 18 una messa in suffragio. A presiederla monsignor Latella, vicepostulatore della causa di beatificazione

di Redazione Web

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Il 18 aprile per la Chiesa di Reggio Calabria - Bova non è un giorno qualsiasi. È la data che coincide con il ricordo della nascita al cielo dell’indimenticato arcivescovo monsignor Giovanni Ferro che per ben 27 anni ha guidato - con amorevole dedizione e accompagnato dalla sapienza del Signore - la comunità reggina.

32 anni fa monsignor Giovanni Ferro lasciava la vita terrena per essere accolto tra le braccia del Padre. In ricordo dell'indimenticato pastore della Chiesa reggina, oggi alle 18, nella Basilica Cattedrale di Reggio Calabria, monsignor Umberto Giovanni Latella presiederà una messa in suffragio.

Chi era monsignor Giovanni Ferro

Appartenente all’Ordine dei Chierici regolari di Somasca, monsignor Ferro ha guidato la diocesi di fondazione paolina dal 1950 al 1977. Già quando era ancora in vita i fedeli lo chiamavano «il vescovo santo».


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Per 27 anni - ricorda lo stesso monsignor Umberto Giovanni Latella, vicepostulatore della causa di beatificazione - l'arcivescovo Ferro «ha percorso le nostre strade, angelo di consolazione, in mezzo ai suoi figli tragicamente provati da luttuosi eventi, è entrato negli ambienti della solitudine e dell’abbandono morale e sociale, tra i sofferenti degli ospedali, del lebbrosario, tra i carcerati: ovunque profeta di Dio che parlò, soffrì e comprese il cuore del suo popolo che ha catechizzato con passione pastorale».


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L’impatto straordinario di monsignor Ferro sulla Chiesa e la società del suo tempo è facilmente constatabile dalle testimonianze che lo riguardano. Egli viene concordemente presentato come «un uomo di Dio», un’autentica «icona del Buon Pastore evangelico» che si è piegato sulle sue pecorelle per testimoniare loro l’amore di Cristo.

Il racconto della nascita al cielo del Servo di Dio

Lo stesso monsignor Latella, con commossa gratitudine, ha condiviso, qualche tempo fa, su Avvenire di Calabria il ricordo del giorno (18 aprile 1992) in cui l’amato vescovo si affidò alle braccia del Padre.

«La notizia del decesso del Venerabile Servo di Dio - racconta - attraversò città e diocesi». Ci fu uno «spontaneo pellegrinaggio» verso il Seminario arcivescovile da parte di «sacerdoti, seminaristi, e tanti fedeli, giovani soprattutto, raccoltisi spontaneamente nella Cappella maggiore del Pio XI, per adempiere, secondo il proprio ruolo, il ministero della lode e della preghiera di suffragio».

monsignor ferro ingresso reggio calabria
L'arcivescovo Ferro il giorno del suo ingresso a Reggio Calabria

Questa la promessa che monsignor Ferro ha voluto condividere nel suo testamento spirituale: «Vi ho amati tutti e continuo ad amarvi senza esclusione alcuna. Ringrazio tutti della grande bontà che, come figli dilettissimi, avete avuto per me, indegno Pastore della Chiesa reggina e bovese. Vi attendo tutti in Paradiso».

Una paterna assicurazione che continua a consolidare la comunione della Chiesa e della comunità reggina «con il carisma di santità che traspariva dalla sua Persona. Ci resta ancora da saldare il debito dovuto: attuare coerentemente quello che ci ha insegnato e testimoniato», ancora le parole di Latella.

Un vescovo che amava il suo gregge, il ricordo di monsignor Nunnari

L'arcivescovo emerito di Cosenza - Bisignano, monsignor Salvatore Nunnari offre una preziosa descrizione dello stile unico di monsignor Ferro. «Un aspetto che mi ha sempre impressionato di monsignor Ferro è lo stile del suo governo. La ponderatezza e la fermezza delle sue decisioni, la pazienza attesa perché fossero eseguite, il giudizio sereno sulla loro esecuzione davano alla personalità del nostro arcivescovo la dimensione più alta dell’uomo di Dio, saggio e prudente, che infonde per ciò stesso sicurezza e fiducia», scriveva Nunnari, nel ricordare alcuni anni fa l'indimenticato arcivescovo di Reggio Calabria.


PER APPROFONDIRE: Virtù e iniziative pastorali, l’impegno di monsignor Ferro per Reggio Calabria


Nunnari, in particolare, parla di «una paternità autorevole e non autoritaria. Un’autorità che, fedele all’etimo, fa crescere “augere”. Ma queste doti non comuni che facevano di lui un uomo di Chiesa, nato per promuovere e guidare, trovavano la loro radice e il loro alimento in una fede semplice e chiara, illuminata e indiscussa, sempre presente e sempre vissuta».

Un giovane monsignor Nunnari insieme al vescovo Ferro

Per questa fede, ricorda il vescovo emerito di Cosenza, Ferro «restò attaccato fino agli ultimi istanti, come albero sitibondo alla sua radice, alle sue pratiche di pietà. Gli ultimi anni furono per lui soltanto preghiera. La celebrazione quotidiana della Santa Messa, negli ultimi tempi la sola partecipazione alla Messa celebrata dal suo fedele, discreto e generoso segretario, monsignor Lia. Le stesse preghiere giornaliere erano per lui momento di improvviso risveglio e gli ridonavano il tono di una presenza discreta, ma esigente e sicura».

Prosegue Nunnari: «Per questa fede egli amò e servì con indefettibile fiducia, con piena disponibilità e docile obbedienza la Chiesa del Signore. A Reggio come a Bova, non conobbe riposo, non cercò ricompense: obbedì e volle che si obbedisse con convinzione e non per costrizione, con amore e non per timore. L’arco di tempo del suo episcopato, 1950 – 1977, ventisette anni, vide più volte questa Chiesa e questa nostra terra nel gaudio e nell’afflizione. La Chiesa e la città di Reggio Calabria furono nel travaglio di profonde trasformazioni storiche».

Un vescovo presente, un vero faro, lo descrive ancora monsignor Nunnari. «Nei diversi momenti la presenza del nostro arcivescovo fu garanzia e riferimento». Monsignor Ferro - ancora il racconto dell'arcivescovo emerito di Cosenza - Bisignano - «si protese sempre in avanti con sano realismo, con prudente ottimismo, mai con sfiducia o rassegnato pessimismo. Presente al Concilio con scrupolosa attenzione, ne colse pur con fatica, i più validi fermenti e volle, senza rimpianti, adeguarsi con religioso ossequio a tutte le decisioni. Tornato in diocesi ne intraprese la fedele attuazione, con gradualità, come egli amava esortarci».

Vescovo innovatore, sensibile ai bisogni

A ricordarlo è ancora monsignor Nunnari: «Fu fra i primi vescovi d’Italia a istituire i nuovi organismi di partecipazione previsti dal Concilio: il Consiglio presbiteriale e pastorale. Mai si fece, pur così anziano, laudator temporis acti, ma seppe rilevare con sobrio giudizio e sano discernimento, le buone qualità dei tempi nuovi, incoraggiando, sperando, pregando. Nella sua giornata terrena mentre era al servizio episcopale non si dava pace, né dava agli altri riposo. Sempre infaticabile e presente».

Monsignor Ferro con i bambini, l'inconfondibile sguardo rivolto verso l'alto

«Gli occhi che guardavano in alto non li distoglieva dalla sua gente. Appena un anno dal suo ingresso in diocesi, il 2 dicembre 1950, le alluvioni dell’ottobre 1951 lo vedono, a piedi, a cavallo, con ogni mezzo accorrere ai luoghi del nubifragio. Consola, presiede riunioni per interventi urgenti, apre le porte della sua casa, della curia, del seminario ai senzatetto, presiede lui stesso al servizio dei pranzi, si spoglia della sua croce pettorale per offrirla, come esemplare inizio della costruzione della Casa della solidarietà, a Ravagnese».

Le "opere-segno" di monsignor Ferro

In questo speciale ricordo l'arcivescovo Ferro viene, inoltre, dipinto come «Un pastore che, come dice Isaia, "«"non distoglie gli occhi dalla sua gente"»" ma soprattutto pone il suo cuore nel cuore dei suoi figli.  Avvierà così, dopo la costruzione della Casa della solidarietà, l’apertura di asili in tutte le frazioni della diocesi di Reggio e Bova da Chorio di Rogudi a Roccaforte, a Solano e quanti altri mai, inviando, là dove nessuno voleva andare, le Veroniche del Volto Santo, coadiuvato in questo, dalla grande anima del santo Gaetano Catanoso fondatore della stessa congregazione delle suore; i santi si comprendono e si integrano. Aprì luoghi di carità e di solidarietà al servizio dei deboli, soprattutto degli orfani e dei ragazzi abbandonati, una al Trabocchetto, all’incrocio dell’Istituto verginelle e dell’allora Orfanotrofio provinciale, oggi Istituto per geometri».

«Incoraggiò opere come l’Unitas Catholica a fondo Versace, dove ancora oggi pulsa il cuore della carità di questa città. Fu così che egli impresse il suo ritmo, rapido e sicuro, a tutta la diocesi; ed essa andò modellandosi su di lui, sempre il primo ad animare e sorreggere, raggiungendo vertici di fervore, di iniziativa, di organizzazione e di esemplare disciplina e comunione. Nacquero così, negli anni, le opere che testimoniano ancora oggi, il cuore di un vescovo "che non si stancò mai di essere padre e compagno di cammino dell’uomo soprattutto del debole e dell’orfano, dell’incompreso e dell’emarginato". Ebbe in don Italo Calabrò il suo fedele esecutore. La Piccola Opera Papa Giovanni e l’Agape, sono le intuizioni dell’amore e i percorsi di fede protesa alla speranza», il ricordo ancora di monsignor Nunnari.

La prima Lettera pastorale, monsignor Iachino ricorda: «Già rivelatrice di una spiritualità e stile indimenticabili»

Sull'impegno pastorale di monsignor Giovanni Ferro, infine, abbiamo registrato i ricordi di monsignor Antonino Iachino. «All’inizio della Quaresima (così come farà ogni anno), il 27 febbraio 1951, - spiega Iachino - dopo poco più di due mesi dal suo ingresso, scrive la sua prima Lettera pastorale, che già rivela la sua spiritualità e il suo stile indimenticabile. ""Per accorgersi dei poveri – scrive Ferro – bisogna essere umili e semplici, liberandosi dal giogo opprimente, imposto dal culto della ricchezza. Inoltre la carità non prescinde dalla giustizia, che esige anzitutto di restituire la dignità ad ogni uomo, creatura di Dio con sacri e inviolabili diritti, e riconoscere il valore assoluto della sua persona"».

Ferro insieme ai ragazzi della comunità rom di Reggio Calabria

«Il presule, poi, racconta la sua esperienza con la povera gente: "Quando noi osserviamo, con una pena indicibile dell’anima, l’estrema povertà e l’angustia di certe dimore, ove si raccolgono intere famiglie in condizioni di vita indegne di essere umani, quando vediamo tanti fanciulli, che crescono privi di istruzione e di educazione, nonostante il lodevole sforzo delle autorità di moltiplicare la scuole, quando vediamo perpetuarsi la triste condizione dei braccianti, ridotti a un’infima condizione di vita e privi di ogni speranza di ottenere mai alcuna porzione di suolo, la loro forzata inattività per lunghi periodi dell’anno e la spaventosa ignoranza della maggior parte di essi, pur riconoscendo le gravi difficoltà che si incontrano nella soluzione dei più ardui e complessi problemi economici, dobbiamo dolorosamente convincerci che molti cristiani vivono dimentichi dei più gravi doveri di giustizia e di carità e non fanno certamente onore alla fede che professano e alla Chiesa di cui sono membri"» prosegue monsignor Iachino.


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Prosegue Iachino: «Questa prima Lettera pastorale rivela subito, in modo evidente, l’orientamento costante della vita e della spiritualità di monsignor Ferro, ma anche le linee pastorali che egli intende seguire: Dio si ama, di fatto, negli altri, specialmente nei sofferenti e nei poveri. Portò ovunque con sé, per farne dono agli altri, la dolcezza di una formazione umana e cristiana tipica della gente umile, povera ma ricca di ingegno e di fede, quale fu la sua famiglia. Il carisma del Santo Fondatore del suo ordine, san Girolamo Emiliani, a cui si avvicinò giovanissimo, ne plasmò profondamente l’animo, facendolo attento alle necessità degli orfani e dei diseredati, dei soli e dei sofferenti, come dimostrerà con le tante opere di assistenza e di carità, da lui promosse e fatte crescere come una "«"proliferazione di amore". Aveva l’occhio purificato dell’amore e sapeva vedere le necessità dei fratelli ovunque».

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