Ha compiuto 60 anni l'Enciclica di papa Roncalli pubblicata l'11 aprile 1963
60 anni di “Pacem in terris”, il richiamo sempre attuale dell’Enciclica di Giovanni XXIII
Rivolta all'episcopato, al clero e ai fedeli di tutto il mondo e per la prima volta a «tutti gli uomini di buona volontà»
di Pasquale Triulcio *
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Ha compiuto 60 anni la “Pacem in Terris” Enciclica di papa Giovanni XXIII pubblicata l'11 aprile 1963 e rivolta all’episcopato, al clero e ai fedeli di tutto il mondo, nonché – per la prima volta – a «tutti gli uomini di buona volontà».
Il messaggio "universale" della "Pacem in Terris"
L’epoca dell’Enciclica “Pacem in Terris” costituiva l’apice della cosiddetta “guerra fredda”. Alla fine del 1962 l’umanità si era trovata sull’orlo di un conflitto atomico mondiale, e il Papa elevò un drammatico e accorato appello di pace, rivolgendosi così a tutti coloro che avevano la responsabilità del potere; aveva detto: «Con la mano sulla coscienza, che ascoltino il grido angoscioso che da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: Pace, pace!» (Radiomessaggio, 25 ottobre 1962).
Papa Francesco, già nell’ottobre 2013, ricordava che quello di Roncalli: «Era un grido agli uomini, ma era anche una supplica rivolta al Cielo. Il dialogo che allora faticosamente iniziò tra i grandi blocchi contrapposti ha portato, durante il Pontificato di Giovanni Paolo II, al superamento di quella fase e all’apertura di spazi di libertà e di dialogo. I semi di pace gettati da Giovanni XXIII hanno portato frutti». Eppure, nonostante siano caduti muri e barriere, il mondo continua ad avere bisogno di pace e il richiamo della “Pacem in terris” rimane fortemente attuale.
Un «grande giorno» per la Chiesa e l'umanità
Un «grande giorno» per la Chiesa e per tutta l’umanità. Così, monsignor Loris Capovilla, definì l’11 aprile del 1963. Sempre dieci anni fa, in un'intervista rilasciata alla Radio Vaticana il segretario particolare di papa Roncalli ricordò lo spirito con cui nacque quell'Enciclica.
«Fu un grande giorno per la Chiesa cattolica e per tutta l’umanità, perché fu il primo documento che - per ispirazione del Signore - Papa Giovanni inviò non solo ai cardinali, patriarchi, arcivescovi, vescovi, ma - per la prima volta - a tutti gli uomini e donne di buona volontà! “Pacem in Terris”, l’ultima Enciclica di Giovanni XXIII, è l’estremo servizio e l’estrema testimonianza di un padre che si rivolge alla famiglia umana, invitando tutti gli uomini a riconoscersi figli di Dio».
Papa Giovanni XXIII firma la "Pacem in terris"
La dottrina sociale della Chiesa, nel suo sviluppo a partire da Giovanni XXIII, è attenta alle nuove possibilità e ai nuovi problemi, tra cui il dramma della guerra. Nel 1961, papa Roncalli pubblica l’Enciclica “Mater et Magistra” nella quale è presente una visione ottimista dello sviluppo della società capitalista verso una maggiore giustizia; lo stesso ottimismo si trova nell’Enciclica “Pacem in terris”.
Per la prima volta ci si rivolge a «tutti gli uomini di buona volontà»
Quest’Enciclica, importante per la sua apertura a «tutti gli uomini di buona volontà» (il discorso non è intra- ecclesiale), contiene la visione per cui dalla creazione di ricchezze (capitalismo) tutti potrebbero trarre vantaggio: “ciascuno ha la possibilità di progredire”. Non viene proposto un sistema definito, come nella “Quadragesimo anno” (1931) di Pio XI, ma si propone con forza di rendere più giusto il sistema occidentale esistente. Purtroppo il divario tra Nazioni ricche e povere, in quegli anni, è cresciuto.
Nuova è invece l’idea di una più grande “socializzazione” contro l’esagerato individualismo; socializzazione da promuovere con l’intervento dello Stato. Le riforme sociali non sono da bloccare appellandosi alla tradizione della proprietà privata. Secondo il professor Sale (sj): «Questo documento ha qualcosa di assolutamente nuovo nello stile, nel modo di trattare con le chiese sorelle, con il mondo circostante. Venne rigettato il concetto scolastico di guerra giusta. La “Pacem in Terris” destituisce tutta la letteratura cattolica del ‘600 sulla guerra giusta».
L'attualità e gli argomenti del documento di Giovanni XXIII
L’argomentazione nel documento si dipana su tre piani interconnessi: i rapporti tra i cittadini e le autorità politiche, i rapporti tra le comunità politiche, e i rapporti dei cittadini e delle comunità nazionali con la comunità mondiale. Il nocciolo dell’enciclica è l’affermazione di un ordine giusto voluto da Dio, incentrato sulla dignità dell’uomo e gradualmente riflesso nella storia dall’evoluzione delle istituzioni umane.
Definiti i diritti fondamentali della persona, da quelli elementari (cibo, vestiario, abitazione, riposo, cure mediche) fino ai «diritti a contenuto politico», e i corrispondenti doveri, il documento delinea un sistema di rapporti tra le comunità politiche basato sulla loro uguaglianza «per dignità di natura», sul loro diritto a un’esistenza indipendente, sulla tutela delle minoranze, sull’accoglienza dei profughi politici, sulla solidarietà e la reciproca fiducia come unica possibile alternativa alla corsa agli armamenti, convenzionali e nucleari.
Ne discende il profilo di un ordine giuridico e politico mondiale corrispondente al «bene comune universale», e necessitante di adeguati «poteri pubblici», istituiti consensualmente e finalizzati al riconoscimento, al rispetto, alla tutela e alla promozione dei diritti della persona, fatto salvo il principio di sussidiarietà. Nella parte pastorale, l’enciclica sottolinea il dovere di partecipare attivamente alla vita pubblica e la possibile collaborazione tra cattolici e non cattolici sul piano economico, sociale e politico.
Il nodo della traduzione del documento che no scalfisce il vero messaggio: «Non esiste una guerra giusta»
Non mancarono le difficoltà inerenti la traduzione del documento. Infatti, la traduzione dall'italiano, lingua in cui è originariamente redatta l’enciclica, al latino, è effettuata da Guglielmo Zannoni, in seguito all'approvazione della versione datata 17 marzo 1963. Da questa operazione, emerge però una criticità controversa: vi è infatti una discrasia tra un passo della versione italiana, che parla di “quasi impossibilità di utilizzo della guerra”, e quella latina, che definisce folle (alienum a rationem) l’idea che la guerra possa essere uno strumento adatto a restaurare i diritti violati.
In realtà, la formulazione della versione in lingua italiana non è una mitigazione del messaggio pontificio, essa infatti sancisce fermamente l'impossibilità dell'esistenza della “guerra giusta”, a differenza della versione latina, che lascia irrisolta la questione della legittimità della guerra difensiva. Dinanzi alle telecamere della televisione italiana, la “Pacem in Terris” viene pubblicata l’11 aprile 1963, di Giovedì Santo, con qualche giorno di ritardo rispetto al previsto, regalando a Papa Roncalli l'appellativo “Il Papa della pace”, dono di cui il mondo ha ancora estremamente bisogno.
Le parole del cardinale durante la consegna del premio “Giorgio La Pira – Città di Cassano” . Il presidente della Cei è intrevenuto sui temi cruciali della giustizia italiana e del fenomeno migratorio.
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