Avvenire di Calabria

Il tema dell'affettività è al centro di una indagine condotta da Save The Children e Ipsos da cui emergono dati preoccupanti

Tra online e offline, ecco come gli adolescenti vivono le relazioni affettive

Parla l'esperta, Emanuela Confalonieri (UniCatt): «Attenti ai modelli negativi, i giovani dimostrano sensibilità a invertire la percezione delle rappresentazioni sociali e culturali»

di Redazione Web

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Nella vita degli adolescenti la dimensione online e quella offline sono ormai intrecciate in modo indissolubile. Tra gli adolescenti quanto sono normalizzati e accettati comportamenti violenti e di controllo nelle relazioni? Quanto pesano gli stereotipi di genere, anche negli ambienti digitali? Una indagine condotta da Save the Children, in collaborazione con Ipsos, fotografa la situazione oggi tra gli adolescenti in Italia.

Relazioni amicali e affettive, come le vivono i giovani?

L’indagine di approfondimento sulle relazioni amicali e affettive degli adolescenti è stata condotta su un campione di 800 giovani di età compresa tra 14 e 18 anni. In maniera particolare la ricerca ha esplorato il tema degli stereotipi e della violenza di genere.


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Sono ancora piuttosto alte le percentuali di giovani che ritengono che le ragazze siano più predisposte a «piangere», «esprimere meglio le proprie emozioni», «prendersi cura delle persone». In questo ambito, però, gli intervistati si dichiarano interessati ad approfondire le idee che fondano le proprie convinzioni.

Quei comportamenti che destano preoccupazione

Sul tema delle relazioni alcuni dati destano preoccupazione: un adolescente su due (il 52%) dichiara di aver subìto in coppia, almeno una volta, comportamenti lesivi o violenti. Molti hanno riferito di essere stati oggetto di controllo (63%) da parte del partner, o di averlo esercitato (65%), tramite telefonate, messaggi o social. Tra gli adolescenti pare frequente anche l’uso di un linguaggio violento, con grida e insulti (29%) e di ricatti (23%).

Alcuni tra gli intervistati hanno confessato di ricevere con insistenza la richiesta di foto intime (20%); altri di aver condiviso immagini intime altrui senza consenso (15%).

Sul tema della violenza sessuale il 43% del campione ha dichiarato che «se una ragazza vuole può sottrarsi ad abusi». Sulla stessa linea le opinioni rispetto all’attribuzione di responsabilità della vittima nella violenza sessuale: il 29% è molto o abbastanza d’accordo con l’opinione che le ragazze possano contribuire a provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire e/o di comportarsi, mentre il 24% pensa che se una ragazza non dice chiaramente “no” vuol dire che è disponibile al rapporto sessuale.

Il 21% (senza alcuna differenza percentuale tra ragazze e ragazzi) è molto o abbastanza d’accordo con il fatto che una ragazza, seppur sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o di alcol, sia comunque in grado di acconsentire o meno ad avere un rapporto sessuale.

Parla l'esperta: «Dagli adulti ai media, attenti ai cattivi modelli»

La professoressa Emanuela Confalonieri, psicologa e docente di psicologia dello sviluppo presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, intervistata dal Sir, ha confermato che questi comportamenti rientrano purtroppo diffusamente nel quadro del Teen Dating Violence (TDV), ovvero dei comportamenti aggressivi che caratterizzano le relazioni di coppia adolescenziali: «I teenager manifestano spesso una scarsa competenza affettiva e, nelle situazioni di criticità, agiscono in maniera violenta invece di mettersi in gioco in un confronto dialogante», ha spiegato.


PER APPROFONDIRE: Femminicidio e violenza di genere, in Calabria arriva lo psicologo scolastico


I comportamenti aggressivi riguardano sia i ragazzi che le ragazze e vengono espressi da entrambi con sfaccettature differenti. Purtroppo, ha aggiunto, «in queste dinamiche molto pesa anche l’imitazione sociale del mondo adulto, dove in alcuni casi vengono "normalizzati" comportamenti che sono violenti e che invece non vengono "percepiti" come tali».

È normale controllare qualcun altro tramite social, è normale chiedere con insistenza foto intime? «Si tratta - spiega Confalonieri - di azioni lesive della libertà, dell’intimità e delle scelte altrui. Capita spesso che anche la musica, i media, la tv offrano modelli fuorvianti che facilmente attecchiscono in un panorama culturale ancorato a stereotipi di genere ingombranti. Inoltre, la rappresentazione mediatica del mondo femminile è confusiva: si ricorre spesso all’oggettivizzazione della donna e se ne fornisce una immagine fortemente sessuale».

I giovani, però, conclude la docente dell'Università Cattolica, «dimostrano sensibilità e sono interessati a capire e a tentare il cambiamento delle rappresentazioni sociali e culturali. Il mondo adulto, in tutto ciò, dovrebbe impegnarsi a essere meno contraddittorio e a mettere a fuoco la matrice di alcuni comportamenti, più che a demonizzarli».

Il tema dell'educazione affettiva e le proposte dei giovani

Se quelli mostrati fino ad ora sono evidenze preoccupanti e da non sottovalutare, dall’indagine condotta, si notano anche aspetti positivi, primo fra tutti l’aumento di interesse dai parte degli adolescenti verso le tematiche di genere. Il 58% degli adolescenti dichiara che negli ultimi tempi è diventato più sensibile ai temi di genere e il 43% ritiene che sarebbe utile uno sportello psicologico a scuola per sensibilizzare sul tema della violenza di genere.

Per quanto riguarda gli altri strumenti che la scuola può introdurre per sensibilizzare i ragazzi/e sulla violenza di genere, gli adolescenti indicano anche la formazione docenti in modo che siano in grado di intercettare/cogliere i segnali (40%); l’educazione sulle varie forme di violenza, le radici e le conseguenze (39%); l’educazione affettiva dalle scuole medie (32%). Dall’indagine condotta e dalle opinioni degli adolescenti, è evidente come sia sempre più necessario coinvolgere i giovani nel Piano nazionale antiviolenza e introdurre percorsi di educazione all’affettività nelle scuole.

Educare all'affettività, la scommessa. L'iniziativa della Pastorale giovanile di Catanzaro

È un tema caro anche al mondo della Chiesa. La conferma è il percorso da poco avviato in Calabria. Il progetto sull’educazione all’affettività «Cuore mio - Chi è forte», realizzato dal Servizio diocesano per la Pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Catanzaro Squillace è pensato per gli adolescenti, «sempre più connessi ma soli». L’iniziativa è stata presentata nei giorni scorsi a Roccelletta di Borgia. È il frutto «di un percorso iniziato mesi fa con la collaborazione del Centro calabrese di Solidarietà», spiega Ilaria Badolato, responsabile della Pastorale giovanile diocesana.

«Abbiamo mosso i primi passi spinti dal desiderio aggiunge - di voler provare a dare un segno concreto in seguiti ai tanti fatti di cronaca sia a livello nazionale che hanno coinvolto il mondo giovanile in una serie di vicende gravi di violenza». Due manine molto semplici, che si uniscono a formare un cuore. È il logo che accompagnerà questo cammino. Lo ha realizzato l’artista catanzarese Massimo Sirelli. «Questo simbolo - spiega - celebra la resilienza del cuore umano e incoraggia ad abbracciare e ascoltare il proprio cuore e quello dell’altro».


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Non un progetto fine a se stesso. Educare all’affettività «presuppone il coinvolgimento di più attori che operano sul territorio a difesa e tutela dei più fragili e vulnerabili». Lo spiega Francesco Costa, responsabile del Servizio diocesano per la Pastorale giovanile. Ecco che nel percorso avviato, aggiunge, saranno coinvolte le forze dell’ordine che svolgono già un prezioso servizio nella prevenzione delle tante dinamiche di violenza che possono generarsi nei luoghi abitati dai ragazzi. 

Ad arricchire ancora di più la rete e il tavolo di lavoro e co-progettazione saranno le tante realtà che già da anni operano sul territorio diocesano a sostegno del mondo giovanile. Un altro tassello importante è la formazione dei sacerdoti rispetto a certi temi che rendono necessari anche nuovi strumenti per il servizio pastorale e di accompagnamento. «È bello che questa iniziativa sia nata dai giovani per i giovani. È un seme di speranza e ringrazio quanti sposano questo progetto. È importante collaborare in questa passione comune per aiutare quanti incontriamo a non rovinare la bellezza di essere uomini e sentirsi tutti sulla stessa barca, come direbbe papa Francesco», il commento dell'arcivescovo dei Catanzaro-Squillace, monsignor Claudio Maniago.

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