Avvenire di Calabria

Nel 1968, nel periodo della contestazione giovanile, don Italo Calabrò compì l’impresa di trasformare la rabbia in amore verso gli ultimi

Agape compie i suoi primi 50 anni: servire non basta mai

Mario Nasone

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Avere una bella storia alle spalle non serve per camminare con gli occhi all’indietro, non serve per guardarsi allo specchio, non serve per mettersi comodi in poltrona. Fare memoria di un lungo itinerario di vita aiuta a rendersi consapevoli di essere popolo che cammina prendendosi cura di tutti, aiutando ognuno a crescere umanamente e nella fede, condividendo la misericordia con cui il Signore ci accarezza». Queste parole dette da papa Francesco all’Azione cattolica in occasione dei suoi 150 anni di storia, li ha fatte proprie il Centro Comunitario Agape nel momento in cui doveva ricordare i suoi 50 anni di cammino, per fare memoria ma soprattutto per rinnovare le sue scelte.

Una storia iniziata nel ’68, negli anni della contestazione giovanile, da don Italo Calabrò, che da insegnante di religione, riuscì a canalizzare la voglia di cambiamento riscontrata nei suoi studenti in un impegno concreto a favore dei più diseredati: malati di mente a quel tempo segregati nel lager dell’ospedale psichiatrico, infanzia abbandonata e minori a rischio devianza, ragazze madri e donne vittime di violenza. Un’attività che ha avuto in questo santo sacerdote un punto di riferimento, una figura di animatore instancabile e di testimone credibile che, da vero profeta, non si limitava a elencare i diritti dei poveri ma li gridava con la sua vita. Con lui l’Agape ha aperto diversi fronti di servizio e di lotta all’emarginazione, nelle realtà più emarginate e degradate del territorio reggino, in stratta sinergia con la Piccola Opera Papa Giovanni e con la Coop Centro giovanile don Italo Calabrò, i primi servizi frutto di questa storia. Grazie a anche questa azione, in sintonia con la Caritas diocesana, si è riusciti a creare a Reggio e provincia una rete di sostegno che ancora oggi in molte situazioni riesce a dare opportunità e risposte mirate in termini di accoglienza, di lavoro, di autonomia. Parallelamente ha sviluppato un lavoro educativo e politico per la rimozione delle cause della povertà e dell’emarginazione e per il contrasto alla piaga della ’ndrangheta e della corruzione attraverso l’associazione Libera che ha contribuito a fondare.

Per fare memoria dei suoi 50 anni l’associazione si è ritrovata al parco Ecolandia, è stata una giornata di verifica, di rigenerazione spirituale per ripartire dai valori fondanti che hanno ispirato don Italo e i suoi giovani a avviare questo cammino. È stato Gianni Novello, della comunità romena di Arezzo, presente a Rossano Calabro per i 35 anni con la comunità Santa Maria delle Grazie e compagno di strada di don Italo e del centro Agape, a guidare la meditazione su come guardare e parlare oggi di Dio e dell’uomo. Facendo anche riferimento alla sua esperienza di vita monastica che lo porta anche in giro nei paesi dell’Africa e dell’America latina, ha invitato Agape a dare un respiro ampio e coinvolgente alle esperienze di servizio e di accoglienza avviate, evitando di ridurre il tutto ad una ripetitiva quotidianità ma avere la coscienza che la nostra azione deve sentirsi parte di un mosaico di salvezza. L’Agape, come tutte le espressioni ecclesiali è chiamata non solo a essere ospedale da campo per i feriti della storia, ma anche fabbrica di speranza in un mondo che oggi come non mai si trova smarrito e con pochi punti di riferimento. A essere “piccole formiche furbe e organizzate” minoranze che devono però farsi sentire per cambiare il corso della storia, per diventare porta voci della umanizzazione, un ruolo che a suo dire nel campo tra i mezzi di informazione oggi in Italia svolge solo il quotidiano Avvenire.

La giornata si è conclusa con la presentazione dei progetti di servizio del Centro per il prossimo anno e con le conclusioni di don Antonino iachino assistente spirituale.

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