
San Sperato, il Centro di ascolto Caritas intitolato a Nuccia Reliquato Labate
La comunità parrocchiale di San Sperato ha reso omaggio alla sua instancabile testimone di solidarietà
La nostra visita presso la sede dell’Avis reggina ci consente di conoscere e scambiare delle battute anche con le donne e gli uomini dell’Aido calabrese. L’Aido, per chi non la conoscesse, è l’associazione italiana per la donazione di organi e vanta una lunga tradizione in riva allo Stretto. Per chi ha vissuto gli anni ‘90 è indimenticabile il clima di affetto collettivo che avvolse la storia di Nicholas Green, bambino statunitense ucciso da un proiettile vagante durante una sparatoria sulla Salerno-Reggio Calabria all’altezza del vibonese. I suoi genitori deciso immediatamente per la donazione degli organi e quel gesto scosse l’opinione pubblica, era il 1994, aprendo una breccia nella coscienza collettiva in merito alla donazione degli organi.
Oggi il dibattito sul tema si è affievolito, ma a tenere alta l’attenzione ci pensano i volontari dell’Aido. Come dicevamo ne abbiamo incontrati un gruppetto: Nicola Pavone, Antonio Palmenta, Antonino Cutrupi, Maria Veccia e Pasquale Conti. Ciascuno ha un ruolo associativo, ma ciò che conta è il loro amore per l’Aido e per quello che rappresenta. Nicola Pavone, che è il presidente regionale dell’Aido Calabria, ci racconta come sul territorio regionale ci siano quasi dodicimila donatori, di cui tremila risiedono a Reggio Calabria che rimane città-guida rispetto alla donazione degli organi. Sono numeri che non possono essere cristallizzati: «La volontà va ribadita ogni volta che si rinnova la carta d’identità - spiega Pavone - e conta sempre l’ultima dichiarazione. In tal senso bisogna stare attenti ad esprimere questa volontà e non darla per scontata». Un passaggio “tecnico” che si aggiunge alla necessità di avviare una massiccia campagna informativa sul tema: «Il lavoro più importante da fare è con i ragazzi.
Sono loro a sensibilizzare le famiglie e creare un confronto su questo tema». Pavone è consapevole che si tratta di una scelta molto delicata: «Spesso si fa grande confusione tra morte celebrale e coma. Sono momenti dolorosi dove spesso i parenti si trovano a fare una scelta senza avere il clima mentale giusto per affrontarlo». Insomma, se si ha il desiderio di rendersi utili anche dopo la morte, la via privilegiata è quella di iscriversi all’Aido: in associazione saranno reperibili tutte le informazioni del caso.
La comunità parrocchiale di San Sperato ha reso omaggio alla sua instancabile testimone di solidarietà
Sabato il convegno sul ruolo del volontariato, domenica il pellegrinaggio e la Celebrazione Eucaristica con il vescovo Nostro
L’arrivo tanto atteso ha portato con sé i doni che numerosi cittadini hanno voluto condividere nell’ambito delle raccolte solidali di “Reggio città Natale”.